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Consiglio di Stato, sez. IV, 9 novembre 2005 n. 6243 |
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E P U B B L I C A I T A L I A N A
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Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 2941/99 proposto da xxxxx xxxxx., xxxxx xxxxx e xxxxx xxxxx, rappresentate e difese dagli avv.ti Marco Giontella e Salvatore Taverna ed elettivamente domiciliate in Roma, presso lo studio del primo difensore, in xxxxx xxxxx contro Ministero delle Finanze, Ministero dell’Ambiente e Ministero dell’Industria rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, ex lege domiciliati, in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Roma, Sez. II, n. 175 del 5 febbraio 1998; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione delle Amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta, alla pubblica udienza del 28 giugno 2005, la relazione del Consigliere Bruno Mollica; Uditi, altresì, l’Avvocato dello Stato Saulino; Ritenuto in fatto e considerato in diritto: FATTO E DIRITTO 1.- xxxxx xxxxx. e xxxxx xxxxx (imprese di stoccaggio rifiuti) nonché xxxxx xxxxx (che raccoglie le imprese del settore) impugnano la sentenza del T.A.R. del Lazio indicata in epigrafe, con la quale il ricorso dalle medesime proposto avverso la circolare del Ministero delle Finanze n. 190/E del 24 luglio 1996 e il decreto del Ministero dell’Ambiente di concerto con quello dell’Industria 18 luglio 1996, in materia di criteri applicativi del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi ex art. 3, commi da 24 a 40, della legge 28 dicembre 1995 n. 549, e di determinazione dell’ammontare dell’imposta unitaria dovuta, è stato dichiarato, in parte, inammissibile (relativamente all’impugnativa della circolare) e, in parte, respinto (in ordine all’impugnativa del decreto ministeriale). Sostengono le appellanti che la circolare impugnata in primo grado, seppure formalmente interpretativa, reca alcune disposizioni di carattere precettivo, che svolgono efficacia diretta nell’ambito dell’ordinamento generale, con piena rilevanza esterna e diretta lesività delle situazioni giuridiche soggettive, sostituendosi, in veste integrativa, alla potestà legislativa regionale in una materia riservata a tale normazione dalla legge n. 549/1995. Sostengono inoltre che il decreto ministeriale 18 luglio 1996 reca norme ulteriori e diverse rispetto a quelle che il Ministero dell’Ambiente sarebbe stato competente ad adottare ed è viziato in punto di motivazione e di competenza; si rileva altresì l’illegittimità del decreto in ragione della retroattività delle relative disposizioni e della imposizione, a carico del gestore della discarica, di obblighi di accertamento della base imponibile, con conseguente attribuzione di responsabilità non prevista dalla legge istitutiva del tributo. Si solleva, infine, questione di costituzionalità dell’art. 3, commi 24 e segg., della legge n. 549/1995 in riferimento ai principi di cui agli articoli 3 e 53 Cost.. 2.- Appare corretto l’assunto del primo giudice in ordine alla inammissibilità, per difetto d’interesse, della impugnativa della precitata circolare ministeriale, in quanto recante mere disposizioni di carattere interpretativo. Rileva infatti il Tribunale amministrativo che le circolari interpretative, nella specie, in materia tributaria, quali atti a contenuto sostanzialmente esplicativo ed orientativo per le Amministrazioni tenute ad applicare la norma primaria - da cui solo discende l’obbligo per il contribuente di sottostare alla potestà di prelievo - non costituiscono manifestazioni di potestà impositiva idonee a comportare una lesione giuridicamente rilevante, con carattere di immediatezza e attualità, in capo al soggetto passivo del rapporto giuridico d’imposta, che trova la sua fonte direttamente nella norma, e non nella circolare, presupponendo la detta lesione, per l’appunto, l’esercizio della potestà di prelievo da parte dell’Amministrazione. E’ la stessa circolare, del resto - diretta alle Regioni e alle Province autonome, beneficiarie del gettito e direttamente tenute alla sua applicazione - a precisare, nella premessa, la portata dell’atto in termini di “chiarimenti che rappresentano l’interpretazione dello scrivente in ordine alla disciplina del nuovo tributo speciale”, con riguardo ai problemi applicativi segnalati. La configurabilità dell’interesse al ricorso - attuale e concreto - richiede quindi l’emanazione di un atto applicativo del tributo che tragga causa dalla detta circolare, e ciò anche relativamente alle pretese “previsioni innovative” che avrebbero asseritamente ampliato l’ambito di operatività del tributo medesimo e la cui contestazione nei termini indicati nell’atto di appello (e già in prime cure) non può prescindere dal concreto esercizio della potestà impositiva: basti semplicemente considerare, sul punto, che ben potrebbe l’Ente destinatario dei “chiarimenti” disattendere in sede applicativa le indicazioni fornite con la circolare, in quanto prive di carattere vincolante in ragione della natura della stessa. 3.- In ordine al decreto ministeriale impugnato in primo grado, va rilevato che esso determina l’ammontare dell’imposta unitaria dovuta per i rifiuti dei settori minerario, estrattivo, edilizio, lapideo, metallurgico, smaltiti in discarica; ciò nell’esercizio di una potestà propria, attribuita dall’art. 38 della legge n. 549/95, di determinazione della misura minima del tributo per l’anno 1996. Sostengono peraltro le appellanti che il decreto ha posto in essere, “straripando” dai limiti del potere conferitogli dalla legge, un vero e proprio regolamento di esecuzione, da emanarsi invece, ai sensi dell’art. 17 L. 400/88, con decreto del Presidente della Repubblica. Ciò con riguardo alle modalità di individuazione dell’aliquota nell’ipotesi di smaltimento congiunto di diverse tipologie di rifiuti; all’introduzione di un coefficiente di correzione peso/volume per la determinazione dell’aliquota; alla previsione dell’obbligo per il conferitore di rendere una dichiarazione scritta contenente l’indicazione della tipologia e della quantità dei rifiuti conferiti e del correlativo obbligo per il gestore di acquisire tale dichiarazione; alla disposta efficacia retroattiva delle disposizioni medesime. In disparte la questione teorica sulle forme di normazione secondaria ammissibili nel settore tributario, e rilevato che la puntuale determinazione degli elementi essenziali dell’istituito tributo speciale (il presupposto, i soggetti, l’aliquota, le sanzioni), contenuta nella legge, esclude la necessità di intervento con ulteriori norme di attuazione, di portata e livello superiore a quello di cui al censurato decreto, osserva il Collegio che la pretesa introduzione di norme attuative diverse da quelle che il Ministero dell’Ambiente sarebbe stato competente ad adottare non trova riscontro nella lettura delle disposizioni del provvedimento ministeriale, con le quali vengono determinati meri elementi e modalità inscindibilmente connessi alla definizione della misura del tributo, demandata per l’anno 1996 dall’art. 3 comma 38 della legge, come già in precedenza ricordato, al decreto medesimo, e di cui costituisce presupposto tecnico imprescindibile la determinazione della base imponibile. Ed alla determinazione della base imponibile, con riguardo alle quantità e tipologie conferite in discarica, si riferiscono, invero, il coefficiente di correzione peso/volume in relazione al conferimento con computo volumetrico anziché ponderale - il che è altro rispetto al coefficiente di correzione relativo all’incidenza ambientale di cui al comma 29 dell’art. 3 della legge - nonché le modalità di individuazione dell’aliquota per il caso di smaltimento congiunto di diverse categorie di rifiuti. Quanto al dedotto difetto di motivazione, va ribadito l’avviso del primo giudice in ordine alla non necessarietà della motivazione stessa, vertendosi in ipotesi di discrezionalità tecnica. Sulla ordinarietà del termine di tre mesi previsto dal precitato comma 38 dell’art. 3 della legge n. 549/1995 per l’adozione delle disposizioni di cui trattasi, non sembra sussistano contestazioni di sorta da parte dell’appellante che si duole, invece, della efficacia retroattiva delle disposizioni introdotte; in altri termini, il decreto, emanato in data 18 luglio 1996 e pubblicato in G.U. in data 24 ottobre 1996, recherebbe illegittimamente, all’art. 4, la disposizione di efficacia a decorrere dal 1 gennaio 1996. In realtà, è il riferito comma 38 che impone la debenza del tributo nella misura minima per l’anno 1996 (e, quindi, dal 1 gennaio 1996), limitandosi, il decreto, a disporre in conformità, e non altro. Circa l’obbligo di dichiarazione scritta resa dal produttore in ordine alla tipologia e quantità dei rifiuti conferiti in discarica e di annotazione a cura del gestore nei registri di carico e scarico, si verte, all’evidenza, sempre in tema di individuazione della base imponibile; ma le appellanti si dolgono, più propriamente, di profili di responsabilità correlati all’indicato sistema di annotazione in assenza di espressa efficacia autocertificativa della dichiarazione del produttore. Peraltro, è lo stesso sistema prefigurato dall’art. 3 della legge - che, nell’individuare nel gestore il soggetto passivo dell’imposta con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento e nella quantità di rifiuti conferiti e annotati nei registri la base imponibile del tributo - a presupporre compiti di accertamento e vigilanza in capo al gestore medesimo, nel quadro della delineazione di una fattispecie di “sostituzione tributaria”, sia pure sui generis. 4.- Residua l’esame della questione di costituzionalità sollevata dalle appellanti. Può convenirsi, in linea generale, con la tesi secondo cui la configurazione dell’imposta quale “tributo speciale” - in ragione delle finalità extrafiscali ovvero della ammissione a giustificazione del presupposto di valutazioni ulteriori rispetto alla mera capacità economica del soggetto (nella specie, trattasi di una “imposta ecologica” intesa a favorire la minore produzione di rifiuti nonché il recupero da essi di materia prima e di energia) - non sottrae per ciò stesso il tributo alle garanzie costituzionali in materia tributaria. Il meccanismo di imposizione introdotto dal legislatore comporterebbe peraltro, secondo le appellanti, che, dovendo il gestore della discarica versare il tributo alla scadenza stabilita dalla legge a prescindere dall’effettivo e preventivo pagamento del tributo medesimo da parte del conferitore (al quale il tributo viene addebitato in fattura insieme al corrispettivo per la prestazione del servizio di smaltimento), il gestore concorra alle spese pubbliche con mezzi propri, pur essendo la sua obbligazione correlata, per espressa disposizione legislativa, alla capacità contributiva di colui che conferisce i rifiuti, al quale solo si riferisce il presupposto del tributo; il fatto che il gestore abbia l’obbligo di rivalsa eliminerebbe solo la definitività del concorso, senza eliminare il fatto del concorso stesso: di conseguenza, l’anticipazione del tributo configurerebbe un’ipotesi di partecipazione alle spese pubbliche non correlata alla capacità contributiva, anche in considerazione della possibilità che il contribuente di diritto resti definitivamente gravato, sotto il profilo economico, dell’onere del tributo, in caso di inadempimento del conferitore. L’art. 3, comma 24 e segg. della legge n. 549/95 sarebbe dunque in contrasto col principio di capacità contributiva nonchè col principio di uguaglianza di cui agli artt. 53 e 3 Cost., laddove pone a carico del gestore della discarica, contribuente di diritto o “percosso”, l’onere del tributo senza che gli vengano contestualmente attribuiti idonei mezzi di garanzia del credito di rivalsa. La dedotta questione di costituzionalità si palesa peraltro manifestamente infondata. Rileva in primo luogo il Collegio che, nel descritto meccanismo d’imposta, dall’obbligo di rivalsa sul produttore discende che il contribuente effettivamente inciso è quest’ultimo: a questi va quindi riferita la “capacità contributiva”, in relazione alla base imponibile costituita dalla quantità di rifiuti conferiti in discarica dal produttore, e non al gestore (soggetto passivo formale), che resta totalmente estraneo alla capacità contributiva espressa dal presupposto d’imposta. Si è invero in presenza di una sostituzione d’imposta sui generis: il gestore si limita a “trasferire” le somme, pur essendo responsabile dell’obbligazione d’imposta; le stesse appellanti configurano, con riguardo alla fattispecie, una “interposizione soggettiva nel pagamento del tributo”. Ma non si verte in ipotesi di concorso alle spese pubbliche non correlato alla capacità contributiva. La reale questione è quella della “anticipazione” del tributo da parte del gestore, e senza garanzie di effettivo recupero (pur nell’obbligo di rivalsa). L’anticipazione è peraltro solo un meccanismo di versamento “agevolato” in favore della Regione alla luce del ben noto principio della “ragion fiscale”. E l’eventuale esito infruttuoso della rivalsa grava semmai - come fatto anomalo nella gestione dell’attività - sul rischio d’impresa che fa carico al gestore della discarica quale imprenditore cui la legge ha assegnato anche l’onere di accertare, riscuotere e versare l’imposta dovuta. Può discutersi, sotto altri profili, in ipotesi, della “linearità” giuridica di una soluzione normativa siffatta, in presenza della commistione di interessi pubblici e privati nel quadro della realizzazione della potestà impositiva; ma, certamente, non può farsi utilmente questione di violazione del principio di capacità contributiva o di uguaglianza sub specie di ragionevolezza, siccome prospettata dalle appellanti. 5.- Il ricorso va in conclusione respinto. Le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti. |
P.Q.M. |
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione IV) respinge il ricorso in appello indicato in
epigrafe. Compensa le spese di giudizio fra le parti. Ordina che la presene decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 giugno 2005, omissis |