| sommario | legislazione | giurisprudenza | tabelle |modulistica || pubblicazioni | recensioni | links | utilities | |iusambiente è |
Consiglio di Stato 657/2002 |
REPUBBLICA
ITALIANA IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha
pronunciato la seguente DECISIONE sul
ricorso
in appello n.
9361/2001
, proposto
dalla Provincia
di Salerno, in persona del legale rappresentante in carica
, rappresentata
e difesa
dall’avv.
Giuseppe Abbamonte e dall’avv. Lorenzo Lentini
, ed
elettivamente domiciliata
presso lo
studio dell’avv. Titomanlio, in Roma, via G.G. Porro
,
n. 8; contro Soprintendenza
per i beni culturali e ambientali di Salerno e Avellino, in persona del
Soprintendente p.t. e Ministero per i beni culturali e ambientali, in
persona del Ministro in carica
, rappresentati
e difesi
dall’Avvocatura Generale dello Stato
, e per legge
domiciliati
presso gli
uffici di quest’ultima, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
; per la riforma della
sentenza del T.A.R. per la Campania
- sede di Salerno
,
sez. II
, 3 ottobre
2000, n. 650
,
resa tra le parti
. Visto
il
ricorso
con i relativi
allegati; visto
l’
atto
di costituzione
in giudizio delle amministrazioni appellate
; viste
le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti
tutti gli atti della causa; relatore
alla pubblica udienza del 18 dicembre 2001
il consigliere
Rosanna De Nictolis
e uditi
l'avvocato Abbamonte e l’avvocato Lentini
per l’
appellante
e l'avvocato
dello Stato
Marina
Russo per le
amministrazioni
appellate; ritenuto
e considerato quanto segue. FATTO E DIRITTO 1.
La Provincia di Salerno
ha impugnato il provvedimento del Soprintendente per i beni culturali e
ambientali della Provincia di Salerno, 19 febbraio 1999, recante
annullamento del nulla osta paesaggistico 23 dicembre 1998, n. 1158,
rilasciato dal Comune di Agropoli, relativo alla costruzione, nel Comune
di Agropoli, di un fabbricato destinato a sede del Liceo Scientifico.
E’ stato altresì impugnato anche il nulla osta paesaggistico, nella
parte in cui ritiene che l’area su cui deve essere realizzato
l’intervento edilizio è soggetta al vincolo di cui all’art. 1,
lett. c), L. n. 431 del 1985 (aree prossime a fiumi, torrenti e altri
corsi d’acqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche). Il
T.A.R. adito, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso. Ha
proposto appello la Provincia di Salerno. 2.
Con il primo e il
settimo motivo viene contestato il primo capo della sentenza gravata. Si
osserva che l’area su cui deve essere realizzato l’edificio si trova
lungo le sponde del fiume Testene. Erroneamente l’amministrazione
avrebbe ritenuto che tale area è sottoposta a vincolo ai sensi
dell’art. 1, lett. c), L. n. 431 del 1985, in quanto tale norma
assoggetterebbe a vincolo solo i fiumi, i torrenti e i corsi d’acqua
iscritti negli elenchi delle acque pubbliche. Invece,
il fiume Testene non sarebbe iscritto in tali elenchi. Il
T.A.R. ha respinto tale prospettazione in base a due argomenti: l’art.
1, lett. c), citato, andrebbe interpretato nel senso che solo per i
corsi d’acqua diversi da fiumi e torrenti, il vincolo paesaggistico
sussiste solo se iscritti negli elenchi delle acque pubbliche; invece,
per fiumi e torrenti, il vincolo paesaggistico opererebbe
indipendentemente da detta iscrizione; inoltre,
il fiume Testene risulterebbe iscritto nell’elenco delle acque
pubbliche esibito in giudizio. Parte
appellante critica tali argomenti osservando che: la
formulazione dell’art. 1, lett. c), L. n. 431 del 1985 è tale che per
tutte le acque ivi elencate il vincolo paesistico sussiste solo se
iscritte nell’elenco delle acque pubbliche, dunque anche per i fiumi e
i torrenti: il fiume Testene non sarebbe in elenco, e dunque non sarebbe
vincolato. L’elenco esibito in atti conterrebbe l’iscrizione della
sola sorgente Testene, e non dell’intero fiume, e inoltre non sarebbe
un elenco redatto ai sensi del testo unico delle acque. 2.1.
Il
motivo è infondato. 2.1.1.
Da
una interpretazione letterale, logica e sistematica, si evince che i
fiumi e i torrenti sono soggetti a tutela paesistica di per sé stessi,
e a prescindere dalla iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche. Solo
per i corsi d’acqua diversi dai fiumi e dai torrenti la iscrizione
negli elenchi delle acque pubbliche ha efficacia costitutiva del vincolo
paesaggistico. 2.1.2.
Sul
piano letterale, l’art. 82, comma 5, lett. c), D.P.R. 24 luglio 1977,
n. 616, introdotto dal D.L. 27 giugno 1985, n. 312, conv. nella L. 8
agosto 1985, n. 431, assoggetta a tutela <<i fiumi, i torrenti ed
i corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con
R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede degli
argini per una fascia di 150 metri ciascuna>>. La
previsione è stata riprodotta, con formulazione identica, nell’art.
146, comma 1, lett. c), D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, testo unico
delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali, a norma
del quale sono soggetti a tutela: <<i fiumi, i torrenti ed i corsi
d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle
disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con
regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piede
degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna>>. La
collocazione delle virgole e delle congiunzioni tra le parole
<<fiumi>>, <<torrenti>>, <<corsi d’acqua>>
non è di per sé significativa e dirimente, al fine dell’accogliere
la tesi che riferisce la iscrizione in elenco ai soli corsi d’acqua
ovvero anche ai fiumi e ai torrenti. Occorre
piuttosto soffermarsi sul significato delle parole
<<fiumi>>, <<torrenti>>, <<corsi d’acqua>>,
che va desunto dal sistema normativo complessivo, in cui si inserisce la
previsione in commento, e dal significato letterale delle parole
utilizzate. Sul
piano strettamente letterale, il dato comune a fiumi, torrenti e corsi
d’acqua, è di essere acque <<fluenti>>. Si
può anche aggiungere che a rigore i <<corsi d’acqua>>
sono un genere,
in cui si collocano, quali specie, i fiumi e i torrenti. Dal
significato proprio delle parole nella lingua italiana, si apprende, infatti,
che: il
<<corso d’acqua>> indica semplicemente <<lo scorrere
delle acque in movimento>>, ed è il <<nome generico di
fiumi, torrenti, etc..>>; il
<<fiume>> è un <<corso d’acqua a corrente
perenne>>; mentre
il <<torrente>> è un <<corso d’acqua caratterizzato
da notevoli variazioni di regime, con periodi in cui scorre gonfio e
impetuoso ed altri in cui è quasi completamente secco>>. Se,
dunque, anche i fiumi e i torrenti sono corsi d’acqua, ci si deve
interrogare sulla ragione di una loro autonoma previsione accanto ai
corsi d’acqua: sarebbe stato sufficiente, da parte del legislatore,
prevedere i soli corsi d’acqua, salvo poi ad optare per la necessità
o meno della iscrizione nell’elenco delle acque pubbliche. La
previsione autonoma assume allora una sola, plausibile spiegazione: si
è pensato ai fiumi e ai torrenti come acque fluenti di maggiore
importanza, e ai corsi d’acqua come categoria residuale, comprensiva
delle acque fluenti di minore portata (p. es. ruscelli (<<piccolo
corso d’acqua>>), fiumicelli (<<piccolo fiume>>),
sorgenti (<<punto di affioramento di una falda d’acqua>>),
fiumare (<<corso d’acqua a carattere torrentizio>>), etc..). In
tale logica, solo per le acque fluenti di minori dimensioni e
importanza, vale a dire per i corsi d’acqua che non sono né fiumi né
torrenti, si impone, al fine della loro rilevanza paesaggistica, la
iscrizione negli elenchi delle acque pubbliche. 2.1.2.
Ulteriori
argomenti esegetici a sostegno di tale tesi si colgono sul piano della
interpretazione sistematica. Il
testo unico delle acque pubbliche, approvato con R.D. 11 dicembre 1933,
n. 1775, all’art. 1 stabilisce che <<Sono pubbliche tutte le
acque sorgenti, fluenti e lacuali, anche se artificialmente estratte dal
sottosuolo, sistemate o incrementate, le quali, considerate sia
isolatamente per la loro portata o per l'ampiezza del rispettivo bacino
imbrifero, sia in relazione al sistema idrografico al quale
appartengono, abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico
generale interesse. Le
acque pubbliche sono iscritte, a cura del ministero dei lavori pubblici,
distintamente per province, in elenchi da approvarsi per decreto reale,
su proposta del ministro dei lavori pubblici, sentito il consiglio
superiore dei lavori pubblici, previa la procedura da esperirsi nei modi
indicati dal regolamento>>. Da
tale norma si evince che la pubblicità di un’acqua discende dal
requisito sostanziale di avere attitudine ad uso di pubblico interesse
generale, mentre la iscrizione in elenco ha una portata solo
dichiarativa e ricognitiva, ma non costitutiva della pubblicità. Anche
l’art. 822 cod. civ. nell’individuare il demanio pubblico, considera
beni demaniali <<i fiumi, i torrenti e le altre acque definite
pubbliche dalle leggi in materia>>. Da
tale disamina si evince che fiumi e torrenti sono considerati beni
pubblici demaniali di per sé, senza necessità alcuna di inserzione
costitutiva in elenchi. Le
altre acque fluenti, che hanno minore importanza e che sono una categoria
residuale, sono pubbliche se abbiano attitudine ad uso pubblico di
interesse generale. In
nessun caso la inserzione in elenco ha portata costitutiva della
pubblicità dell’acqua, ma solo ricognitiva della attitudine
dell’acqua all’uso pubblico di interesse generale. Se
dunque, dal sistema normativo è dato evincere che la iscrizione di un
bene in un elenco di beni pubblici non ha portata costitutiva della
natura giuridica del bene medesimo, siffatta regola non può non essere
stata seguita dal legislatore anche nella individuazione dei beni
soggetti a vincolo paesistico. 2.1.3.
Significativo
è poi l’uso, da parte della L. n. 431 del 1985, della stessa
terminologia impiegata nell’art. 822 cod. civ.: in entrambe le norme
si parla di fiumi e torrenti, rispetto ai quali si collocano le altre
acque, per le quali si richiede, ai fini della individuazione, la
iscrizione in elenco. Sicché,
per fiumi e torrenti la pubblicità degli stessi esiste di per sé, in
base all’art. 822 cod. civ., e conseguentemente anche il vincolo
paesistico è imposto ex lege a prescindere dalla iscrizione in
elenchi. 2.1.4.
Ne
consegue, nel caso di specie, che il Testene, in quanto fiume, è
soggetto a tutela paesaggistica per legge, e non occorre perciò
verificare se sia o meno inserito in elenchi delle acque pubbliche. Per
quanto esposto va respinto il primo motivo di appello. 3.
Con il secondo e ottavo
motivo, si ripropone il secondo mezzo del ricorso di primo grado e si
contesta il capo di sentenza che tale motivo ha respinto. Si
lamenta che il decreto di annullamento del nulla osta paesistico sarebbe
carente di motivazione e di istruttoria. Anzitutto
sarebbe inesatto l’assunto che l’area di intervento è solo marginalmente
interessata dall’edificazione, e prevalentemente a verde. L’area
insisterebbe invece in zona C, in pieno centro abitato, in una zona
prevalentemente edificata. In secondo luogo, essendo l’area quasi
integralmente edificata, avrebbe perso valore paesaggistico. Infine, non
vi sarebbe né una alterazione panoramica, né il carattere massiccio
dell’intervento edilizio, contenuto al di sotto degli indici di
edificabilità previsti pere gli edifici scolastici. 3.1.
Il
mezzo è infondato. Il
provvedimento di annullamento del nulla osta paesistico ha stigmatizzato
quest’ultimo per difetto di motivazione, in quanto il nulla osta nulla
dice sul pregio ambientale dell’area e sull’impatto del nuovo
edificio sul paesaggio. I
rilievi dell’amministrazione statale si mantengono nei limiti del
sindacato di legittimità, per operare il quale è stato necessario
fornire indicazioni sulle caratteristiche dell’area e sul presumibile
impatto del nuovo intervento. La
circostanza che la zona sia prevalentemente urbanizzata, o addirittura
già paesisticamente degradata, non fa venir meno la esigenza di evitare
che una zona soggetta per legge a vincolo sia preservata da ulteriori
interventi deturpanti. Il vincolo paesistico legale e la esigenza di
tutela ad esso sottesa non vengono meno per il solo fatto che il vincolo
è stato già in passato violato e la zona deturpata, imponendosi, al
contrario, un maggiore rigore per il futuro, onde prevenire ulteriori
danni all’ambiente e salvaguardare
quel poco di integro che ancora residua. Né
il carattere <<massiccio>> dell’intervento è smentito,
come preten- de
parte appellante, dalla circostanza che l’opera si mantiene entro gli
indici di edificabilità prescritti per l’edilizia scolastica. Il
rispetto di tali indici non toglie, comunque, che si tratta della
realizzazione di un’opera di ingente mole e cubatura (non
un’abitazione monofamiliare, bensì un complesso scolastico), e che il
rispetto degli indici di edificabilità attiene alla compatibilità
urbanistica dell’intervento, ma non anche – e non ancora – alla
compatibilità ambientale. In definitiva, il rispetto degli indici di
edificabilità rileva per verificare se l’opera sia conforme alla
disciplina urbanistica – edilizia, ma non è condizione sufficiente a
garantire anche il rispetto del paesaggio, ancorato a valutazioni
qualitative caso per caso che prescindono dall’utilizzo di indici
quantitativi predeterminati. 4.
Con il terzo e decimo
motivo si riproduce il terzo mezzo del ricorso di primo grado. Si
lamenta che il provvedimento impugnato contiene una inammissibile
valutazione di merito, sostitutiva di quella operata
dall’amministrazione locale. 4.1.
Il
mezzo è infondato. E’
vero che il sindacato sui nulla osta paesaggistici è di sola legittimità,
e non è esteso al merito, come da ultimo ribadito anche dall’Adunanza
Plenaria di questo Consesso (C. Stato, ad. plen., 14 dicembre 2001, n.
9); tuttavia, nell’ambito del sindacato di legittimità può essere
stigmatizzato, nel nulla osta, il vizio di eccesso di potere per difetto
di motivazione e di istruttoria. Allo
scopo di enucleare tale vizio, diventa inevitabile indicare quali sono i
profili ambientali negletti dal nulla osta, anche allo scopo di fornire
linee guida per la successiva azione dell’amministrazione locale, ove
intenda rinnovare il rilascio del nulla osta, mediante migliore
istruttoria o modifiche progettuali. Nel
caso di specie, il nulla osta paesistico non contiene alcuna valutazione
sulla compatibilità ambientale dell’intervento. Sicché è stato
inevitabile che il provvedimento di controllo indicasse quali sono gli
aspetti paesistici rilevanti, e le ragioni della incompatibilità
dell’intervento con tali aspetti. 5.
Con il quarto e nono
mezzo, viene riproposto il quarto motivo del ricorso di primo grado. Si
lamenta che il nulla osta paesistico non era carente di motivazione,
avendo prescritto l’utilizzo di colori tenui per l’edificio. 5.1.
Il
mezzo è infondato. Il
nulla osta paesistico si limita a prescrivere <<colori tenui>>
senza compiere nessuna altra valutazione di carattere paesistico. Il
presupposto parere della commissione edilizia, invocato da parte
appellante, non risulta mai prodotto in giudizio, e a tale omissione
istruttoria non è dato supplire d’ufficio, anche perché dai motivi
di ricorso non è dato in alcun modo evincere che tale parere dica
qualcosa di diverso e di più rispetto al nulla osta paesistico. Sicché,
risulta confermata, e non smentita, la carenza di motivazione del nulla
osta paesistico, il cui unico argomento a tutela del paesaggio è la
prescrizione di usare colori tenui. 6.
Con il quinto mezzo si
lamenta che l’amministrazione statale anziché annullare
il nulla osta avrebbe potuto indicare le prescrizioni occorrenti per rendere
l’intervento edilizio paesisticamente compatibile. 6.1.
Il
mezzo è infondato. Proprio
perché il sindacato sul nulla osta paesistico è di sola legittimità,
e non si estende al merito, non è compito dell’amministrazione
statale, in sede di annullamento del nulla osta medesimo, dettare
prescrizioni sulle modalità realizzative dell’intervento. Se ciò
accadesse, vi sarebbe effettivamente un inammissibile intervento di
merito, sostitutivo dell’amministrazione locale. Invero,
stante la natura di sola legittimità del sindacato ministeriale sui
nulla osta paesistici, correttamente in sede di annullamento degli
stessi vengono solo indicati i vizi del nulla osta e le ragioni di
incompatibilità ambientale dell’intervento, senza dettare
prescrizioni in ordine alle modalità per rendere l’intervento
medesimo paesisticamente compatibile, attenendo le prescrizioni ad un
sindacato di merito precluso all’autorità statale. 7.
Con il sesto mezzo, si
lamenta la incompetenza del Soprintendente ad annullare il nulla osta,
su delega del dirigente dell’ufficio centrale per i beni ambientali e
paesistici. Si osserva che la competenza all’annullamento sarebbe
riservata al Ministro. 7.1.
Il
mezzo è infondato. Il
D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, attua un
riparto tra competenze politiche e di direzione politico amministrativa,
riservate al Ministro, e competenze amministrative, attribuite alla
dirigenza. Il
potere di annullamento dei nulla osta paesistici è un tipico potere di gestione
amministrativa, che spetta al dirigente del competente ufficio centrale,
il quale, a sua volta, ben può delegarlo ai dirigenti preposti agli uffici
periferici. 8.
Per quanto esposto,
l’appello va respinto. Tuttavia
la complessità delle questioni giustifica la compensazione delle spese
di lite. P.Q.M. Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione sesta),
definitivamente pronunciando sul
ricorso
in epigrafe, lo
respinge. Compensa
le spese di lite. Ordina
che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione. Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2001
, con la
partecipazione di: Mario Egidio SCHINAIA
Presidente Luigi MARUOTTI
Consigliere Chiarenza MILLEMAGGI COGLIANI
Consigliere Pietro FALCONE
Consigliere Rosanna DE NICTOLIS
Cons. rel. ed est. |