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Consiglio di Stato 6160/2001 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di
Stato in
sede giurisdizionale,
Quinta Sezione ha pronunciato la seguente DECISIONE Sul
ricorso in appello sub
2636/95, proposto dalla
sig.ra Agata MAESANO, rapppresentata e difesa
dall’avv. Antonio Romano
e con il medesimo
elettivamente domiciliata in
Roma, presso l’avv. Ennio Luponio, Via Michele Mercati n. 51;
contro il Comune
di Caserta, in persona del
sindaco p.t.,
rappresentato e difeso dall’avv.
Silio Aedo Violante e
con il medesimo domiciliato in Roma, presso l’avv. Vincenzo
Colacino, Via Nicola Ricciotti n. 9;
per
la riforma della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sede di
Napoli, Sez. III, n. 26 del 1° febbraio 1994;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’appellato;
Viste le memorie prodotte dalla parte appellata sostegno delle
proprie difese;
Vista la decisione interlocutoria n. 1353/2001;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica
udienza del 22 maggio 2001 il
consigliere Vincenzo A.
Borea, uditi l’avv. Romano
per l’appellante e l’avv. Colacino, per delega dell’avv.
Violante, per l’appellato;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Con due separati ricorsi al TAR Campania l’attuale appellante
impugnava dapprima un provvedimento del sindaco di Caserta del 10 maggio
1991 di annullamento di una concessione edilizia in precedenza rilasciata,
nonché la presupposta nota della Sovrintendenza ai Beni
ambientali e architettonici di Caserta del 19 aprile 1991, e,
successivamente, l’ordinanza sindacale 19 luglio 1991 di demolizione
delle opere realizzate. I primi
giudici, previa riunione, respingevano i ricorsi. Insorge
ora in appello l’interessata, contestando le conclusioni cui sono
pervenuti i primi giudici e insistendo nelle censure dedotte in primo
grado.
DIRITTO Va
premesso in fatto che con atto del gennaio 1990 il Comune di Caserta
assentiva alla sig.ra Maesano una concessione edilizia per la
realizzazione di sale da esposizione,uffici ed abitazioni in Caserta,
angolo tra via Carlo III e viale della Libertà. Successivamente, a
seguito di una nota della Sovrintendenza per i Beni Ambientali e
Architettonici di Caserta del 19 aprile 1991, nella quale si segnalava che
con D.M. 28 marzo 1985 il Ministero per i Beni Culturali aveva
vietato, nella zona fiancheggiante la detta Via Carlo III, la
realizzazione di opere edilizie fino all’approvazione dei piani
territoriali paesistici, il Comune disponeva l’annullamento della
suddetta concessione (10
maggio 1991) ed altresì ordinava la demolizione delle opere sin qui
realizzate (19 luglio 1991). Prodotti
dalla sig.ra Maesano due ricorsi al TAR della Campania, avverso i suddetti
provvedimenti, questi venivano respinti dai primi giudici. Donde
l’attuale appello, che si manifesta infondato. Non ha
pregio in primo luogo la tesi secondo la quale, trattandosi di opere
realizzate in zona B del Comune di Caserta, non sussisterebbe nella specie
il vincolo di cui al comma 5
dell’art. 82 del DPR 24
luglio 1977 n. 616 nel testo introdotto dall’art. 1 D.L. 27 giugno 1985
n. 312, conv. in L. 8 agosto 1985 n. 431, vincolo espressamente escluso
dal successivo comma 6 per le zone A e B. Il vincolo in esame, infatti non
discende in via generale dall’applicazione della suddetta normativa,
bensì è stato disposto in via specifica con D.M. 28 marzo 1985, a tutela
dell’area circostante la Reggia di Caserta, in applicazione del D.M. 21
settembre 1984, i cui effetti sono stati fatti salvi dall’art. 1
quinquies della suddetta legge n. 431/85, con espresso divieto di ogni
modificazione del territorio fino all’approvazione da parte delle
regioni dei piani paesistici, da effettuarsi entro il 31 dicembre 1986,
salvi i poteri sostitutivi del Ministro per i beni culturali e ambientali
(art. 1 bis). Neppure può
essere seguita l’istante ove questa afferma che la P.A., in luogo di
disporre l’annullamento della concessione, avrebbe dovuto verificare la
sussistenza dei presupposti per il rilascio del nulla osta ambientale. La
tesi muove dall’erroneo presupposto che il vincolo di inedificabilità
assoluta fosse scaduto a decorrere dal 31 dicembre 1986: al contrario, la
giurisprudenza è costante nel ritenere che il suddetto termine non è
perentorio, bensì ordinatorio, con la conseguenza che la scadenza del
predetto termine non implica l’estinzione del potere di approvazione dei
piani paesistici da parte delle regioni, bensì obbedisce alla funzione di
stabilire il momento nel quale diviene legittimo il ricorso a misure
sostitutive, con la conseguenza ulteriore che le misure di salvaguardia di
cui all’art. 1 quinquies succitato permangono fino a quando non siano
stati approvati i piani paesistici, o fino a quando non siano stati
esercitati i relativi poteri sostitutivi (cfr., da ultimo, C.d.S., VI Sez.,
9 aprile 2001 n. 2030; cfr. anche VI, 2 settembre 1998 n. 1180, e 242 del
6 aprile 1987, nella quale ultima si sottolinea altresì che la norma così
interpretata non è incostituzionale, non mancando gli strumenti agli
interessati, anche giurisdizionali, per far attivare i poteri sostitutivi
previsti). Non ha
pregio neppure la censura di difetto di motivazione per essere trascorso
oltre un anno tra la data del rilascio della concessione e il suo
annullamento: a prescindere dal fatto che la nota della sovrintendenza che
richiama l’esistenza del decreto di vincolo ha preceduto l’atto
impugnato di neppure un mese, appare evidente che l’interesse pubblico
attuale all’annullamento è in re ipsa, in ragione dell’evidente
necessità di tutelare la zona circostante alla reggia di Caserta, così
come specificato nel D.M di vincolo, senza necessità di una particolare,
ulteriore motivazione. Quanto
infine all’intento asseritamente persecutorio dell’ordine di
demolizione adottato dopo l’annullamento del titolo, è sufficiente
considerare, per escludere rilevanza alla dedotta censura,
che l’obbligo di ridurre in pristino costituisce conseguenza
diretta del venir meno del titolo. In
definitiva l’appello deve essere respinto. Sussistono
comunque valide ragioni per compensare tra le parti le spese del grado di
giudizio. P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:
Rigetta
l’appello proposto come in epigrafe dalla sig.ra Agata Maesano.
Compensa tra le parti le spese del grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dalla Autorità Amministrativa.
Così deciso in Roma, addì 22 maggio 2001, dal Consiglio di Stato in s.g. (Sez.
V), riunito in Camera di Consiglio con
l’intervento dei seguenti Magistrati: Salvatore Rosa - Presidente Corrado
Allegretta
- Consigliere Paolo
Buonvino
- Consigliere Filoreto
D’Agostino
- Consigliere Vincenzo
Borea -
Consigliere est. |