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Consiglio di Stato 142/2002

                                                                           

                                     REPUBBLICA ITALIANA                                 

                             IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                          

Il  Consiglio  di  Stato  in  sede  giurisdizionale,   Quinta  Sezione          

ha pronunciato la seguente

decisione

sul ricorso n. 5539 del 2000 , proposto dalla s.p.a. ITALIMPA , rappresentata e difesa dagli avv.ti Giustino Ciampoli e Ugo Ferrari , elettivamente domiciliata presso il secondo in Roma, Via P.A Micheli n. 78;

contro

il Comune di Biella, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Monti, Giuseppe Greppi e Nicolò Paletti, con domicilio eletto presso l’ultimo in Roma, via B. Tortolini n. 34;

per l’annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, sezione seconda , 1° luglio 1999, n. 444, resa tra le parti.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Biella ;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 10 luglio 2001  il consigliere Marzio Branca, e uditi  gli Avv.ti Ferrari e Monti;

Visto il dispositivo della decisione n. 424 del 16 luglio 201;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

FATTO

L’appellante ottenne dal Comune di Biella la concessione per la progettazione, costruzione e gestione del parcheggio interrato da realizzare nel sottosuolo delle piazze Martiri della Libertà e Colonnetti.

Nel corso dei lavori di scavo la Soprintendenza Archeologica del Piemonte, a causa del rinvenimento di reperti archeologici, aveva imposto una serie di prescrizioni, tra le quali quella della “conduzione a mano dello scavo con metodo stratigrafico fino al completo esaurimento della giacitura archeologica”.

In tali condizioni l’Impresa considerò impossibile la realizzazione dell’opera, e pertanto, chiese all’Amministrazione di spostare il parcheggio in altra area non coinvolta da giacimenti archeologici, considerando che, a suo avviso, l’art. 11 della convenzione di concessione prevedeva tale facoltà.

Il Comune di Biella ha osservato che nella fattispecie non si era realizzata l’impossibilità assoluta di realizzare l’opera, dalla quale sarebbe potuta derivare l’obbligo di esaminare soluzioni alternative, bensì la diversa fattispecie, egualmente prevista dall’art. 11, di ritrovamenti archeologici comportanti per l’impresa oneri non previsti. In tal caso l’impresa avrebbe avuto diritto alla proroga del termine di ultimazione dei lavori e ad un prolungamento del periodo di gestione tale da compensare i maggiori oneri.

L’Impresa non ha ritenuto di poter proseguire i lavori e l’Amministrazione ha disposto la revoca oggetto del gravame respinto con la sentenza in epigrafe.

Con il ricorso ora in esame l’appellante sostiene l’erroneità della pronuncia di prime cure sotto due profili: a) per aver giudicato inammissibile la domanda di accertamento dell’obbligo del Comune di esaminare la soluzione alternativa: spostamento del parcheggio; b) per aver respinto i motivi di eccesso di potere e violazione dell’art. 11 della convenzione.

Si sostiene che l’Amministrazione avrebbe fatto un uso strumentale del potere di revoca, presentando come un ipotesi di maggiore onerosità sopravvenuta quella che doveva ascriversi a vera e propria impossibilità, in quanto le modalità di scavo imposte dalla Soprintendenza venivano a mutare l’oggetto stesso della concessione.

Il Comune di Biella si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.

Alla pubblica udienza del 10 luglio 2001  la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Osserva il Collegio che assume priorità logica il motivo con il quale l’appellante contesta che nella specie ricorresse l’ipotesi della accresciuta onerosità dell’opera e non quella dell’impossibilità di realizzarla. L’art. 11 della convenzione, infatti, stabiliva, in relazione al caso di ritrovamenti archeologici, la facoltà della concessionaria di proporre, e correlativamente, l’obbligo dell’Amministrazione di valutare, soluzioni alternative solo nell’ipotesi di impossibilità assoluta di realizzare l’intervento.

La stessa disposizione, come accennato, contemplava espressamente, sempre in relazione a ritrovamenti archeologici,  la diversa ipotesi degli oneri imprevisti, assicurando al concessionario il diritto ad una proroga del termine di ultimazione dei lavori e ad un prolungamento del periodo di gestione tale da compensare i maggiori oneri.

Il TAR ha ritenuto che nella specie si sia verificata la seconda ipotesi, posto che non si è prodotta una oggettiva impossibilità di costruire il parcheggio, in quanto la Soprintendenza non ha emesso un divieto in tal senso, ma ha prescritto solo particolari modalità di scavo.

La tesi va condivisa.

La documentazione in atti consente di affermare, infatti, che la concessionaria considerò le prescrizioni della Soprintendenza tali da comportare “un onere economico assolutamente incompatibile con il piano economico-finanziario di gestione” (nota ITALIMPA 7 aprile 1993). La “sorpresa” archeologica, quindi, ebbe a determinare un aggravio di oneri che la concessionaria valutò come inaccettabili dal punto di vista del suo interesse alla realizzazione e gestione del parcheggio, prospettando, pertanto, all’Amministrazione una impossibilità di ordine soggettivo e non conseguente ad eventi estranei alla volontà delle parti.

In tal modo, è da escludere il vizio di eccesso di potere per sviamento e difetto di motivazione dedotti a carico del provvedimento di revoca della concessione.

La posizione espressa dall’Impresa, infatti, è stata correttamente intesa come un rifiuto di eseguire la convenzione, dando così luogo al presupposto per l’adozione del provvedimento di autotutela.

Alla stregua delle considerazioni esposte, le censure, attinenti alla mancata valutazione della proposta di spostamento del parcheggio in altra area, si rivelano  prive di fondamento, in quanto legate all’ipotesi dell’impossibilità assoluta, che nella specie non si è verificata.

In conclusione l’appello deve essere respinto, ma le  spese possono essere compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,  rigetta   l’appello in epigrafe;

dispone la compensazione delle spese;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Così deciso in Roma, nella  camera di consiglio del 10 luglio   2001 con l'intervento dei magistrati:

Alfonso Quaranta                             Presidente

Pier Giorgio Trovato                          Consigliere

Giuseppe Farina                              Consigliere

Goffredo Zaccardi                            Consigliere

Marzio Branca                                 Consigliere est.