REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo
italiano
LA CORTE
COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
- Franco GALLO
- Luigi MAZZELLA
- Gaetano SILVESTRI
- Sabino CASSESE
- Maria Rita SAULLE
- Giuseppe TESAURO
- Paolo Maria NAPOLITANO
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Presidente
Giudice
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ha pronunciato la seguente sentenza |
giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3,
4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195
(Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico
all’informazione ambientale), promosso con ricorso della Regione
Friuli-Venezia Giulia, notificato il 22 novembre 2005, depositato in
cancelleria il 24 novembre 2005 ed iscritto al n. 94 del registro
ricorsi del 2005.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2006 il Giudice relatore
Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia
Giulia e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente
del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 22 novembre 2005 e depositato il 24
novembre 2005, la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del
Presidente pro tempore, ha promosso questione di legittimità
costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo
19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE
sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), in
riferimento all’art. 4, numeri 1, 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13,
all’art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, all’art. 6, numero 3,
all’art. 8 ed agli artt. 48 e seguenti della legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia), ed agli artt. 76 e 117, quarto e quinto comma, della
Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione).
La ricorrente premette di essere titolare di potestà legislativa
primaria nella materia dell’«ordinamento degli uffici e degli enti
dipendenti dalla Regione» ed in quella dell’«ordinamento degli enti
locali», ai sensi dell’art. 4, numeri 1 e 1-bis, del proprio
statuto. Secondo la difesa regionale, a queste materie si collegano
le norme che regolano l’accesso dei privati alle informazioni
detenute dalla Regione, dagli enti pararegionali e dagli enti
locali, in quanto attinenti all’organizzazione amministrativa di
questi enti.
Dette norme incidono, poi, sul diritto di accesso e sul diritto
all’informazione dei privati. Si tratterebbe anche in questo caso di
ambiti materiali di competenza regionale; infatti, a detta della
ricorrente, la disciplina dei diritti dei privati verso
l’amministrazione, salva la determinazione statale dei livelli
essenziali delle prestazioni, ricadrebbe nella competenza residuale
delle Regioni ordinarie ex art. 117, quarto comma, Cost. e, dunque,
nella competenza delle Regioni speciali ex art. 10 della legge cost.
n. 3 del 2001.
La Regione Friuli ricorda, inoltre, di aver provveduto a dare
attuazione ad alcune direttive comunitarie con la legge 6 maggio
2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della
Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva
2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE.
Legge comunitaria 2004). In particolare, gli artt. 13, 14 e 15
recepiscono la direttiva 2003/4/CE del 28 gennaio 2003 (Direttiva
del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico
all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del
Consiglio).
La citata legge regionale è stata impugnata dal Presidente del
Consiglio dei ministri anche nella parte (Capo II) in cui dà
attuazione alla direttiva 2003/4/CE. Al ricorso statale ha fatto
seguito l’emanazione del d.lgs. n. 195 del 2005, oggetto
dell’odierna impugnazione, con il quale lo Stato ha inteso recepire
la medesima direttiva 2003/4/CE.
Al riguardo, la ricorrente sottolinea che l’art. 1, comma 5, della
legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Disposizioni per l’adempimento di
obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità
europee. Legge comunitaria 2003), con la quale è stata conferita la
delega poi esercitata con il citato d.lgs. n. 195 del 2005,
stabilisce che «in relazione a quanto disposto dall’art. 117, quinto
comma, della Costituzione, i decreti legislativi eventualmente
adottati nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e
delle Province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore,
per le Regioni e le Province autonome nelle quali non sia ancora in
vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del
termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria e
perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in
vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna Regione e
Provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti
dall’ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti
dalla legislazione dello Stato».
La Regione Friuli, stante il tenore della legge di delega, si duole
che il d.lgs. n. 195 del 2005 non contenga alcuna clausola di
suppletività o di cedevolezza in relazione ad eventuali leggi
regionali; secondo la ricorrente, questo dato, unitamente ai motivi
del ricorso proposto contro la legge reg. n. 11 del 2005, fa
supporre che il Governo abbia ritenuto di agire in una materia di
competenza esclusiva statale.
La difesa regionale passa, poi, ad illustrare il contenuto delle
disposizioni di cui al d.lgs. n. 195 del 2005, evidenziando come, in
relazione ad alcuni profili, la normativa regionale friulana
garantisca una tutela più ampia del diritto di accesso.
1.1. – In merito ai singoli motivi di censura, la ricorrente
ritiene, innanzitutto, che la normativa impugnata non attenga alla
materia della «tutela dell’ambiente», sia perché non tutte le
«informazioni ambientali» hanno ad oggetto specifico l’ambiente – ad
esempio, l’art. 2, comma 1, lettera a), numeri 3, 5 e 6 –, sia
perché «l’ambiente può essere l’oggetto delle informazioni di cui si
vuole garantire la conoscibilità, ma non è l’oggetto del d.lgs. n.
195 del 2005».
Il citato decreto legislativo sarebbe invece attinente alla materia
dell’«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla
Regione» ed a quella dell’«ordinamento degli enti locali» (entrambe
rientranti nella competenza legislativa primaria ai sensi dell’art.
4, numeri 1 e 1-bis, dello statuto friulano); tale normativa
concernerebbe, d’altra parte, la «disciplina dei rapporti tra
privati e pubblica amministrazione (in particolare, in relazione
all’accesso ed al diritto all’informazione), anch’essa di competenza
regionale salva la determinazione statale dei livelli essenziali
delle prestazioni». La competenza statale da ultimo richiamata, a
sua volta, non sarebbe violata, in quanto il d.lgs. n. 195 del 2005
restringerebbe la tutela approntata dalla legge regionale,
prevedendo, comunque, «una tutela più ampia rispetto a quella
garantita dalla legge n. 241 del 1990, come le Regioni possono ben
fare ai sensi dello stesso art. 22, comma 2, di tale legge».
Pertanto, gli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del d.lgs. n. 195 del 2005 non
disporrebbero in materia ambientale, ma si limiterebbero a regolare
«i modi in cui l’amministrazione fa accedere alle informazioni
ambientali ed i casi in cui l’accesso è escluso»; si tratterebbe
dunque dell’ambito materiale relativo all’«accesso ai documenti» e
all’«organizzazione degli uffici».
A detta della difesa regionale, non sarebbe neanche invocabile – né
è stata richiamata nel ricorso – la competenza statale in tema di
coordinamento informativo e informatico di cui all’art. 117, secondo
comma, lettera r), Cost., in quanto la materia de qua «non può certo
essere dilatata fino a comprendere tutte le modalità di
soddisfacimento del diritto all’informazione». Al riguardo, viene
richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui quella in
esame sarebbe una competenza di tipo tecnico volta a rendere
omogenei i dati delle diverse amministrazioni. Nel caso in esame,
invece, non ricorrerebbero i caratteri sopra indicati.
Quanto detto confermerebbe la lesione, operata dalle norme
impugnate, delle competenze costituzionali della Regione
Friuli-Venezia Giulia in materia di organizzazione regionale, degli
enti pararegionali e degli enti locali, nonché in materia di diritto
di accesso, nella parte in cui il censurato d.lgs. n. 195 del 2005
dà attuazione ad una direttiva comunitaria «in modo indiscriminato,
senza escludere la propria applicazione qualora la Regione recepisca
o, come nel caso in questione, addirittura abbia già recepito la
direttiva, e sovrapponendosi, dunque, alla disciplina già dettata
dalla Regione».
La difesa regionale, infine, pur ritenendo che dalle norme impugnate
e dai motivi del ricorso statale contro la legge reg. n. 11 del 2005
emerga l’«intento normativo di escludere la competenza regionale»,
osserva che, qualora questa Corte dovesse ritenere operante la
clausola di cedevolezza posta dal già citato art. 1, comma 5, della
legge di delega n. 306 del 2003, le suesposte ragioni di doglianza
verrebbero meno.
Nel caso, invece, non risultasse possibile l’interpretazione
conforme a Costituzione, le norme impugnate sarebbero viziate anche
da eccesso di delega, per contrasto, appunto, con l’art. 1, comma 5,
della legge n. 306 del 2003. Vizio, quest’ultimo, che la Regione
ritiene denunciabile in questa sede in quanto incidente direttamente
sulle competenze regionali.
1.2. – In subordine, qualora si ritenesse che l’accesso
all’informazione ambientale ricada nella materia «tutela
dell’ambiente», la ricorrente ritiene comunque illegittime le norme
impugnate.
La Regione muove dalla premessa secondo cui essa è titolare di
competenze costituzionali anche in materia ambientale, «come risulta
dalle numerose disposizioni che attribuiscono poteri in materie
intrecciate con quella dell’ambiente» (art. 4, numeri 2, 3, 6, 9, 12
e 13, art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, art. 6, numero 3, dello
statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
D’altra parte, questa competenza regionale non sarebbe «intaccata»
dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che assegna la
«tutela dell’ambiente» alla potestà legislativa esclusiva dello
Stato, in quanto tale competenza non può valere nei confronti delle
Regioni speciali. In ogni caso, secondo la difesa regionale, la
giurisprudenza di questa Corte avrebbe individuato nella fissazione
di standard uniformi di tutela l’ambito di competenza statale in
materia.
Pertanto, quand’anche si volessero ricondurre le norme impugnate
alla «tutela dell’ambiente», esse comunque darebbero attuazione ad
una direttiva comunitaria in materie di competenza regionale, senza
alcuna clausola di suppletività e di cedevolezza.
1.3. – Infine, la Regione Friuli impugna l’art. 12, commi 2 e 3, del
d.lgs. n. 195 del 2005, in cui si stabilisce che «le autorità
pubbliche provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui agli
artt. 3, comma 7, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e di cui al comma 1 nell’ambito
delle proprie attività istituzionali ed utilizzando a tali fini le
risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione
vigente» e che «in ogni caso, dall’attuazione del presente decreto
non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a
carico della finanza pubblica».
La ricorrente ritiene che l’art. 12, commi 2 e 3, oltre ad essere
affetto dai vizi sopra esposti (poiché disconosce la competenza
regionale e si sovrappone alle norme regionali già emanate), violi
«l’autonomia finanziaria regionale di cui agli artt. 48 ss. dello
statuto, in quanto impone ad essa un vincolo molto puntuale, che
esula dai poteri statali di coordinamento della finanza pubblica».
1.4. – Per le ragioni sopra indicate, la Regione Friuli chiede che
sia dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8
e 12 del d.lgs. n. 195 del 2005, «in quanto il campo di applicazione
di tali articoli non è delimitato da una clausola di cedevolezza che
faccia salve le leggi regionali emanate».
2. – Con atto depositato il 10 dicembre 2005, il Presidente del
Consiglio dei ministri si è costituito in giudizio, chiedendo che il
ricorso sia dichiarato inammissibile ed infondato.
Secondo la difesa erariale, l’informazione ambientale attiene alla
materia «tutela dell’ambiente» e «completa l’intervento normativo
nella materia, [che] deve essere disciplinata in maniera unitaria
non essendo consentiti, pena il mancato conseguimento degli
obiettivi di legge, differenti livelli di informazione nel
territorio nazionale».
Il resistente contesta l’affermazione della Regione secondo cui le
norme impugnate violerebbero la competenza regionale in materia di
organizzazione regionale e degli enti locali nonché in materia di
diritto di accesso, in quanto prive di una clausola di cedevolezza.
Al riguardo, il Presidente del Consiglio afferma che la Regione non
avrebbe preso in considerazione l’art. 11 del d.lgs. n. 195 del
2005, in cui si stabilisce che «in attuazione del principio di leale
collaborazione, gli aspetti organizzativi e procedimentali, che lo
Stato, le Regioni e gli enti locali debbono definire per
l’attuazione del presente decreto sono individuati sulla base di
accordi, da raggiungere in sede di Conferenza unificata» e che
nell’ambito di tali accordi sono individuati, tra l’altro, «le
modalità di coordinamento tra le Autorità pubbliche» ed «i livelli
minimi omogenei di informazione al pubblico».
La censura regionale sarebbe dunque infondata, poiché le norme
impugnate inciderebbero sugli ambiti materiali di competenza
esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettere m) e
s), Cost.
In particolare, il resistente, premesso che le disposizioni del
d.lgs. n. 195 del 2005 sono volte ad adeguare la disciplina generale
del diritto di accesso alle particolari esigenze dell’informazione
ambientale, richiama l’art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990,
n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), il quale stabilisce
che «l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti
finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale
dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e
di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e
sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale
ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della
Costituzione. Resta ferma la potestà delle Regioni e degli enti
locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire
livelli ulteriori di tutela».
Alle Regioni, pertanto, sarebbe consentito «prevedere una disciplina
integratrice al solo fine di garantire ulteriori livelli di tutela,
ma non dettare una disciplina sostitutiva di quella prevista dalla
legge statale».
La difesa statale assume inoltre che, «anche sotto il profilo
contenutistico», le norme impugnate attengono alla competenza
esclusiva statale, essendo dirette a garantire il diritto di accesso
a quelle informazioni attinenti alla «tutela dell’ambiente», di cui
all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
In merito alla presunta illegittimità dell’art. 12, commi 2 e 3, del
d.lgs. n. 195 del 2005, il resistente ritiene che la censura sia in
parte inammissibile ed in parte infondata.
Sotto il primo profilo, la difesa erariale rileva che il ricorrente
non avrebbe inequivocamente indicato il parametro costituzionale
violato, prospettando, per un verso, la violazione degli artt. 48 e
seguenti dello statuto speciale senza ulteriori precisazioni e
richiamando, per un altro verso, la giurisprudenza costituzionale
che fa parziale applicazione dei principi di cui all’art. 119 Cost.,
senza un espresso riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del
2001.
Sotto il secondo profilo, la censura sarebbe infondata in quanto il
d.lgs. n. 195 del 2005 non inciderebbe su singole voci di spesa, ma
si limiterebbe ad indicare un generico obiettivo da perseguire,
ossia l’«invarianza della spesa».
3. – In prossimità dell’udienza, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha
depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni già
formulate nel ricorso.
Preliminarmente, la difesa regionale contesta l’affermazione del
resistente secondo cui non sarebbe stato preso in considerazione
l’art. 11 del d.lgs. n. 195 del 2005; la ricorrente ritiene,
infatti, che il citato art. 11 non possa far venir meno la lesività
delle norme impugnate, in quanto si limiterebbe a contemplare
accordi sugli aspetti organizzativi e procedimentali.
In merito all’eccezione formulata dalla difesa statale – secondo cui
le norme impugnate rientrerebbero nelle materie di cui all’art. 117,
secondo comma, lettere m) e s), Cost. – la Regione non mette in
dubbio che spetti allo Stato determinare i livelli essenziali delle
prestazioni concernenti il diritto di accesso, ma sostiene che il
d.lgs. n. 195 del 2005 non determini tali livelli essenziali, poiché
restringe la tutela approntata dalla legge regionale n. 11 del 2005,
che, a sua volta, prevede una tutela più ampia rispetto a quella
garantita dalla legge n. 241 del 1990 («il che è esattamente ciò che
l’art. 22, comma 2, della legge n. 241 del 1990 consente
espressamente alle Regioni di fare»).
La Regione passa, poi, ad elencare le norme del d.lgs. n. 195 del
2005 più sfavorevoli rispetto alla legge regionale n. 11 del 2005,
individuandole nell’art. 3 («che raddoppia i termini in caso di
richieste complesse»), nell’art. 5 («che prevede casi di esclusione
del diritto di accesso»), nell’art. 8 (che comprende
nell’informazione ambientale diffusa al pubblico le autorizzazioni
ed i pareri in materia di VIA, mentre la direttiva 2003/4/CE e la
legge regionale comprendono, con una formula più ampia, le
autorizzazioni con un impatto significativo sull’ambiente).
Qualora, poi, si ritenesse che le norme statali impugnate contengano
l’indicazione dei livelli essenziali di cui sopra, secondo la
ricorrente esse non potrebbero comunque abrogare le norme regionali,
legittimamente più favorevoli di quelle statali.
In merito all’impossibilità di invocare l’art. 117, secondo comma,
lettera s), Cost., la difesa regionale ribadisce le conclusioni già
formulate nel ricorso, ritenendo illegittime le norme impugnate
anche se fossero ricondotte alla materia «tutela dell’ambiente».
Quanto all’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa
erariale in relazione alla censura concernente l’art. 12, commi 2 e
3, del d.lgs. n. 195 del 2005, la Regione afferma che la violazione
dell’autonomia finanziaria regionale è comunemente evocata nei
ricorsi e che, pertanto, in presenza di una sufficiente
argomentazione, la questione deve essere considerata ammissibile
anche senza indicazione delle norme statutarie in materia; peraltro,
nel ricorso sono state indicate le norme poste a garanzia
dell’autonomia finanziaria regionale, per cui la censura, secondo la
ricorrente, dovrebbe essere ritenuta ammissibile.
Al riguardo, la difesa regionale aggiunge che la giurisprudenza
costituzionale sull’art. 119 Cost. è stata richiamata perché i
principi di garanzia da essa fissati valgono, pacificamente, anche
per le Regioni speciali; a maggior ragione ciò varrebbe per la
Regione Friuli, in quanto l’art. 48 dello statuto prevede il
coordinamento della finanza regionale con quella statale,
«esattamente come l’art. 119 Cost.».
In merito all’eccezione di infondatezza della medesima questione
concernente l’art. 12, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 195 del 2005, la
difesa della ricorrente contesta l’affermazione del resistente
secondo cui la norma in parola si limiterebbe all’indicazione di un
obiettivo; al contrario, essa porrebbe il divieto puntuale al
legislatore regionale di prevedere una voce di spesa per
l’attuazione delle norme statali; non si tratterebbe, pertanto, di
un’indicazione «generica» e «pleonastica», ma di una «norma
circostanziata e lesiva dell’autonomia finanziaria regionale».
Considerato in diritto
1. – Con ricorso notificato il 22 novembre 2005 e depositato il 24
novembre 2005, la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del
Presidente pro tempore, ha promosso questione di legittimità
costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo
19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE
sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), in
riferimento all’art. 4, numeri 1, 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13,
all’art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, all’art. 6, numero 3, e
all’art. 8 ed agli artt. 48 e seguenti della legge costituzionale 31
gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia
Giulia), ed agli artt. 76 e 117, quarto e quinto comma, della
Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione).
2. – La questione non è fondata.
2.1. – La disciplina delle informazioni in tema di ambiente non
appartiene alla materia «tutela dell’ambiente», di competenza
esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s),
Cost., ma si inserisce nel vasto ambito della tutela del diritto di
accesso del pubblico ai documenti amministrativi. Ciò non vale
tuttavia ad escludere la competenza legislativa dello Stato in
materia, giacché l’accesso ai documenti amministrativi attiene, di
per sé, ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali, di cui all’art. 117, secondo comma,
lettera m), Cost. In questo senso si esprime l’art. 22, comma 2,
della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi), modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15
(Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241,
concernenti norme generali sull’azione amministrativa), che fa salva
«la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle
rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela».
Dalla norma costituzionale e dalla legge statale citate emerge un
sistema composito di tutela del diritto all’accesso, che si articola
nella necessaria disciplina statale dei livelli essenziali e nella
eventuale disciplina regionale o locale di livelli ulteriori. Su
questi presupposti, si deve escludere che non spettasse allo Stato
dare attuazione alla direttiva comunitaria 2003/4/CE in materia di
informazione ambientale, proprio perché sullo Stato incombe il
dovere di fissare i livelli essenziali di tutela, validi per
l’intero territorio nazionale, anche in questo settore. Le
competenze legislative statutarie della Regione Friuli-Venezia
Giulia non risultano pertanto violate. Lo stesso ragionamento vale
per la denunciata violazione dell’art. 117, quarto e quinto comma,
Cost. in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
2.2. – L’art. 1, comma 5, della legge 31 ottobre 2003, n. 306
(Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge
comunitaria 2003), contenente delega al Governo per l’attuazione
della citata direttiva, stabilisce: «In relazione a quanto disposto
dall’art. 117, quinto comma, della Costituzione, i decreti
legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza
legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e
Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome
nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di
attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per
l’attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque
efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della
normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia
autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento
comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione
dello Stato».
La clausola di cedevolezza contenuta nella norma sopra riportata
deve ritenersi tuttora efficace ed incide sull’interpretazione
dell’impugnato decreto legislativo, che si pone quindi come una
determinazione dei livelli essenziali di tutela destinata ad essere
sostituita, in tutto o in parte, da una determinazione regionale
precedente o susseguente alla normativa statale di attuazione della
direttiva comunitaria. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia
6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi
della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza
dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva
2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE.
Legge comunitaria 2004), è intervenuta a disciplinare il diritto di
accesso all’informazione ambientale in data anteriore al decreto
legislativo impugnato, ponendo in essere così una delle condizioni
previste dalla citata norma di delega legislativa. Il decreto
legislativo impugnato non si pone in contrasto con la suddetta norma
di delega, ma si combina con la stessa in un tutto unitario.
Alla luce di quanto detto, non si ravvisa la violazione dell’art. 76
Cost. prospettata dalla ricorrente.
3. – La Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta anche la violazione
dell’autonomia finanziaria regionale, di cui agli artt. 48 e
seguenti dello statuto speciale, in quanto l’art. 12 del d.lgs n.
195 del 2005 imporrebbe alla Regione stessa un vincolo molto
puntuale, che esulerebbe dai poteri statali di coordinamento della
finanza pubblica.
3.1. – La questione non è fondata.
La norma impugnata si limita a stabilire che all’attuazione delle
disposizioni contenute nel decreto legislativo di cui sopra le
autorità pubbliche provvedono «nell’ambito delle proprie attività
istituzionali ed utilizzando a tali fini le risorse umane,
finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente» (comma
2) ed aggiunge che «dall’attuazione del presente decreto non devono
derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della
finanza pubblica» (comma 3). Non si tratta quindi di un vincolo
puntuale relativo ad una singola voce di spesa, dal quale potrebbe
derivare una lesione dell’autonomia finanziaria regionale (sentenza
n. 417 del 2005), ma di una prescrizione a carattere generale volta
a limitare la spesa pubblica complessiva, che rientra nella funzione
di coordinamento finanziario spettante allo Stato per ragioni
connesse ad obiettivi nazionali (sentenza n. 36 del 2004).
4. – La questione relativa alla presunta violazione dell’art. 8
dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia è inammissibile
perché, pur riportata nella premessa del ricorso, non è in alcun
modo motivata nel prosieguo dell’atto introduttivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005,
n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del
pubblico all’informazione ambientale), promossa dalla Regione
Friuli-Venezia Giulia con il ricorso indicato in epigrafe, in
riferimento all’art. 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963,
n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale
delle medesime norme, promossa dalla Regione Friuli-Venezia Giulia
con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all’art. 4,
numeri 1, 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13, all’art. 5, numeri 10, 14, 16,
20 e 22, all’art. 6, numero 3, ed agli artt. 48 e seguenti della
legge cost. n. 1 del 1963, ed agli artt. 76 e 117, quarto e quinto
comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 20 novembre 2006.
Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria l’1 dicembre 2006.
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