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Corte Costituzionale sentenza n. 399 dell' 1 dicembre 2006

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
- Alfonso QUARANTA
- Franco GALLO
- Luigi MAZZELLA
- Gaetano SILVESTRI
- Sabino CASSESE
- Maria Rita SAULLE
- Giuseppe TESAURO
- Paolo Maria NAPOLITANO

Presidente

Giudice

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ha pronunciato la seguente sentenza

giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificato il 22 novembre 2005, depositato in cancelleria il 24 novembre 2005 ed iscritto al n. 94 del registro ricorsi del 2005.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 novembre 2006 il Giudice relatore Gaetano Silvestri;
uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Friuli-Venezia Giulia e l’avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 22 novembre 2005 e depositato il 24 novembre 2005, la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente pro tempore, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), in riferimento all’art. 4, numeri 1, 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13, all’art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, all’art. 6, numero 3, all’art. 8 ed agli artt. 48 e seguenti della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), ed agli artt. 76 e 117, quarto e quinto comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
La ricorrente premette di essere titolare di potestà legislativa primaria nella materia dell’«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione» ed in quella dell’«ordinamento degli enti locali», ai sensi dell’art. 4, numeri 1 e 1-bis, del proprio statuto. Secondo la difesa regionale, a queste materie si collegano le norme che regolano l’accesso dei privati alle informazioni detenute dalla Regione, dagli enti pararegionali e dagli enti locali, in quanto attinenti all’organizzazione amministrativa di questi enti.
Dette norme incidono, poi, sul diritto di accesso e sul diritto all’informazione dei privati. Si tratterebbe anche in questo caso di ambiti materiali di competenza regionale; infatti, a detta della ricorrente, la disciplina dei diritti dei privati verso l’amministrazione, salva la determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni, ricadrebbe nella competenza residuale delle Regioni ordinarie ex art. 117, quarto comma, Cost. e, dunque, nella competenza delle Regioni speciali ex art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
La Regione Friuli ricorda, inoltre, di aver provveduto a dare attuazione ad alcune direttive comunitarie con la legge 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE. Legge comunitaria 2004). In particolare, gli artt. 13, 14 e 15 recepiscono la direttiva 2003/4/CE del 28 gennaio 2003 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio).
La citata legge regionale è stata impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri anche nella parte (Capo II) in cui dà attuazione alla direttiva 2003/4/CE. Al ricorso statale ha fatto seguito l’emanazione del d.lgs. n. 195 del 2005, oggetto dell’odierna impugnazione, con il quale lo Stato ha inteso recepire la medesima direttiva 2003/4/CE.
Al riguardo, la ricorrente sottolinea che l’art. 1, comma 5, della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003), con la quale è stata conferita la delega poi esercitata con il citato d.lgs. n. 195 del 2005, stabilisce che «in relazione a quanto disposto dall’art. 117, quinto comma, della Costituzione, i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano entrano in vigore, per le Regioni e le Province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna Regione e Provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato».
La Regione Friuli, stante il tenore della legge di delega, si duole che il d.lgs. n. 195 del 2005 non contenga alcuna clausola di suppletività o di cedevolezza in relazione ad eventuali leggi regionali; secondo la ricorrente, questo dato, unitamente ai motivi del ricorso proposto contro la legge reg. n. 11 del 2005, fa supporre che il Governo abbia ritenuto di agire in una materia di competenza esclusiva statale.
La difesa regionale passa, poi, ad illustrare il contenuto delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 195 del 2005, evidenziando come, in relazione ad alcuni profili, la normativa regionale friulana garantisca una tutela più ampia del diritto di accesso.
1.1. – In merito ai singoli motivi di censura, la ricorrente ritiene, innanzitutto, che la normativa impugnata non attenga alla materia della «tutela dell’ambiente», sia perché non tutte le «informazioni ambientali» hanno ad oggetto specifico l’ambiente – ad esempio, l’art. 2, comma 1, lettera a), numeri 3, 5 e 6 –, sia perché «l’ambiente può essere l’oggetto delle informazioni di cui si vuole garantire la conoscibilità, ma non è l’oggetto del d.lgs. n. 195 del 2005».
Il citato decreto legislativo sarebbe invece attinente alla materia dell’«ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione» ed a quella dell’«ordinamento degli enti locali» (entrambe rientranti nella competenza legislativa primaria ai sensi dell’art. 4, numeri 1 e 1-bis, dello statuto friulano); tale normativa concernerebbe, d’altra parte, la «disciplina dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione (in particolare, in relazione all’accesso ed al diritto all’informazione), anch’essa di competenza regionale salva la determinazione statale dei livelli essenziali delle prestazioni». La competenza statale da ultimo richiamata, a sua volta, non sarebbe violata, in quanto il d.lgs. n. 195 del 2005 restringerebbe la tutela approntata dalla legge regionale, prevedendo, comunque, «una tutela più ampia rispetto a quella garantita dalla legge n. 241 del 1990, come le Regioni possono ben fare ai sensi dello stesso art. 22, comma 2, di tale legge».
Pertanto, gli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del d.lgs. n. 195 del 2005 non disporrebbero in materia ambientale, ma si limiterebbero a regolare «i modi in cui l’amministrazione fa accedere alle informazioni ambientali ed i casi in cui l’accesso è escluso»; si tratterebbe dunque dell’ambito materiale relativo all’«accesso ai documenti» e all’«organizzazione degli uffici».
A detta della difesa regionale, non sarebbe neanche invocabile – né è stata richiamata nel ricorso – la competenza statale in tema di coordinamento informativo e informatico di cui all’art. 117, secondo comma, lettera r), Cost., in quanto la materia de qua «non può certo essere dilatata fino a comprendere tutte le modalità di soddisfacimento del diritto all’informazione». Al riguardo, viene richiamata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui quella in esame sarebbe una competenza di tipo tecnico volta a rendere omogenei i dati delle diverse amministrazioni. Nel caso in esame, invece, non ricorrerebbero i caratteri sopra indicati.
Quanto detto confermerebbe la lesione, operata dalle norme impugnate, delle competenze costituzionali della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di organizzazione regionale, degli enti pararegionali e degli enti locali, nonché in materia di diritto di accesso, nella parte in cui il censurato d.lgs. n. 195 del 2005 dà attuazione ad una direttiva comunitaria «in modo indiscriminato, senza escludere la propria applicazione qualora la Regione recepisca o, come nel caso in questione, addirittura abbia già recepito la direttiva, e sovrapponendosi, dunque, alla disciplina già dettata dalla Regione».
La difesa regionale, infine, pur ritenendo che dalle norme impugnate e dai motivi del ricorso statale contro la legge reg. n. 11 del 2005 emerga l’«intento normativo di escludere la competenza regionale», osserva che, qualora questa Corte dovesse ritenere operante la clausola di cedevolezza posta dal già citato art. 1, comma 5, della legge di delega n. 306 del 2003, le suesposte ragioni di doglianza verrebbero meno.
Nel caso, invece, non risultasse possibile l’interpretazione conforme a Costituzione, le norme impugnate sarebbero viziate anche da eccesso di delega, per contrasto, appunto, con l’art. 1, comma 5, della legge n. 306 del 2003. Vizio, quest’ultimo, che la Regione ritiene denunciabile in questa sede in quanto incidente direttamente sulle competenze regionali.
1.2. – In subordine, qualora si ritenesse che l’accesso all’informazione ambientale ricada nella materia «tutela dell’ambiente», la ricorrente ritiene comunque illegittime le norme impugnate.
La Regione muove dalla premessa secondo cui essa è titolare di competenze costituzionali anche in materia ambientale, «come risulta dalle numerose disposizioni che attribuiscono poteri in materie intrecciate con quella dell’ambiente» (art. 4, numeri 2, 3, 6, 9, 12 e 13, art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, art. 6, numero 3, dello statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
D’altra parte, questa competenza regionale non sarebbe «intaccata» dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., che assegna la «tutela dell’ambiente» alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, in quanto tale competenza non può valere nei confronti delle Regioni speciali. In ogni caso, secondo la difesa regionale, la giurisprudenza di questa Corte avrebbe individuato nella fissazione di standard uniformi di tutela l’ambito di competenza statale in materia.
Pertanto, quand’anche si volessero ricondurre le norme impugnate alla «tutela dell’ambiente», esse comunque darebbero attuazione ad una direttiva comunitaria in materie di competenza regionale, senza alcuna clausola di suppletività e di cedevolezza.
1.3. – Infine, la Regione Friuli impugna l’art. 12, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 195 del 2005, in cui si stabilisce che «le autorità pubbliche provvedono all’attuazione delle disposizioni di cui agli artt. 3, comma 7, 4, 5, 7, 8, 9, 10 e di cui al comma 1 nell’ambito delle proprie attività istituzionali ed utilizzando a tali fini le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente» e che «in ogni caso, dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica».
La ricorrente ritiene che l’art. 12, commi 2 e 3, oltre ad essere affetto dai vizi sopra esposti (poiché disconosce la competenza regionale e si sovrappone alle norme regionali già emanate), violi «l’autonomia finanziaria regionale di cui agli artt. 48 ss. dello statuto, in quanto impone ad essa un vincolo molto puntuale, che esula dai poteri statali di coordinamento della finanza pubblica».
1.4. – Per le ragioni sopra indicate, la Regione Friuli chiede che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del d.lgs. n. 195 del 2005, «in quanto il campo di applicazione di tali articoli non è delimitato da una clausola di cedevolezza che faccia salve le leggi regionali emanate».
2. – Con atto depositato il 10 dicembre 2005, il Presidente del Consiglio dei ministri si è costituito in giudizio, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile ed infondato.
Secondo la difesa erariale, l’informazione ambientale attiene alla materia «tutela dell’ambiente» e «completa l’intervento normativo nella materia, [che] deve essere disciplinata in maniera unitaria non essendo consentiti, pena il mancato conseguimento degli obiettivi di legge, differenti livelli di informazione nel territorio nazionale».
Il resistente contesta l’affermazione della Regione secondo cui le norme impugnate violerebbero la competenza regionale in materia di organizzazione regionale e degli enti locali nonché in materia di diritto di accesso, in quanto prive di una clausola di cedevolezza. Al riguardo, il Presidente del Consiglio afferma che la Regione non avrebbe preso in considerazione l’art. 11 del d.lgs. n. 195 del 2005, in cui si stabilisce che «in attuazione del principio di leale collaborazione, gli aspetti organizzativi e procedimentali, che lo Stato, le Regioni e gli enti locali debbono definire per l’attuazione del presente decreto sono individuati sulla base di accordi, da raggiungere in sede di Conferenza unificata» e che nell’ambito di tali accordi sono individuati, tra l’altro, «le modalità di coordinamento tra le Autorità pubbliche» ed «i livelli minimi omogenei di informazione al pubblico».
La censura regionale sarebbe dunque infondata, poiché le norme impugnate inciderebbero sugli ambiti materiali di competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettere m) e s), Cost.
In particolare, il resistente, premesso che le disposizioni del d.lgs. n. 195 del 2005 sono volte ad adeguare la disciplina generale del diritto di accesso alle particolari esigenze dell’informazione ambientale, richiama l’art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), il quale stabilisce che «l’accesso ai documenti amministrativi, attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l’imparzialità e la trasparenza, ed attiene ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione. Resta ferma la potestà delle Regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela».
Alle Regioni, pertanto, sarebbe consentito «prevedere una disciplina integratrice al solo fine di garantire ulteriori livelli di tutela, ma non dettare una disciplina sostitutiva di quella prevista dalla legge statale».
La difesa statale assume inoltre che, «anche sotto il profilo contenutistico», le norme impugnate attengono alla competenza esclusiva statale, essendo dirette a garantire il diritto di accesso a quelle informazioni attinenti alla «tutela dell’ambiente», di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
In merito alla presunta illegittimità dell’art. 12, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 195 del 2005, il resistente ritiene che la censura sia in parte inammissibile ed in parte infondata.
Sotto il primo profilo, la difesa erariale rileva che il ricorrente non avrebbe inequivocamente indicato il parametro costituzionale violato, prospettando, per un verso, la violazione degli artt. 48 e seguenti dello statuto speciale senza ulteriori precisazioni e richiamando, per un altro verso, la giurisprudenza costituzionale che fa parziale applicazione dei principi di cui all’art. 119 Cost., senza un espresso riferimento all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
Sotto il secondo profilo, la censura sarebbe infondata in quanto il d.lgs. n. 195 del 2005 non inciderebbe su singole voci di spesa, ma si limiterebbe ad indicare un generico obiettivo da perseguire, ossia l’«invarianza della spesa».
3. – In prossimità dell’udienza, la Regione Friuli-Venezia Giulia ha depositato una memoria con la quale insiste nelle conclusioni già formulate nel ricorso.
Preliminarmente, la difesa regionale contesta l’affermazione del resistente secondo cui non sarebbe stato preso in considerazione l’art. 11 del d.lgs. n. 195 del 2005; la ricorrente ritiene, infatti, che il citato art. 11 non possa far venir meno la lesività delle norme impugnate, in quanto si limiterebbe a contemplare accordi sugli aspetti organizzativi e procedimentali.
In merito all’eccezione formulata dalla difesa statale – secondo cui le norme impugnate rientrerebbero nelle materie di cui all’art. 117, secondo comma, lettere m) e s), Cost. – la Regione non mette in dubbio che spetti allo Stato determinare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti il diritto di accesso, ma sostiene che il d.lgs. n. 195 del 2005 non determini tali livelli essenziali, poiché restringe la tutela approntata dalla legge regionale n. 11 del 2005, che, a sua volta, prevede una tutela più ampia rispetto a quella garantita dalla legge n. 241 del 1990 («il che è esattamente ciò che l’art. 22, comma 2, della legge n. 241 del 1990 consente espressamente alle Regioni di fare»).
La Regione passa, poi, ad elencare le norme del d.lgs. n. 195 del 2005 più sfavorevoli rispetto alla legge regionale n. 11 del 2005, individuandole nell’art. 3 («che raddoppia i termini in caso di richieste complesse»), nell’art. 5 («che prevede casi di esclusione del diritto di accesso»), nell’art. 8 (che comprende nell’informazione ambientale diffusa al pubblico le autorizzazioni ed i pareri in materia di VIA, mentre la direttiva 2003/4/CE e la legge regionale comprendono, con una formula più ampia, le autorizzazioni con un impatto significativo sull’ambiente).
Qualora, poi, si ritenesse che le norme statali impugnate contengano l’indicazione dei livelli essenziali di cui sopra, secondo la ricorrente esse non potrebbero comunque abrogare le norme regionali, legittimamente più favorevoli di quelle statali.
In merito all’impossibilità di invocare l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., la difesa regionale ribadisce le conclusioni già formulate nel ricorso, ritenendo illegittime le norme impugnate anche se fossero ricondotte alla materia «tutela dell’ambiente».
Quanto all’eccezione di inammissibilità formulata dalla difesa erariale in relazione alla censura concernente l’art. 12, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 195 del 2005, la Regione afferma che la violazione dell’autonomia finanziaria regionale è comunemente evocata nei ricorsi e che, pertanto, in presenza di una sufficiente argomentazione, la questione deve essere considerata ammissibile anche senza indicazione delle norme statutarie in materia; peraltro, nel ricorso sono state indicate le norme poste a garanzia dell’autonomia finanziaria regionale, per cui la censura, secondo la ricorrente, dovrebbe essere ritenuta ammissibile.
Al riguardo, la difesa regionale aggiunge che la giurisprudenza costituzionale sull’art. 119 Cost. è stata richiamata perché i principi di garanzia da essa fissati valgono, pacificamente, anche per le Regioni speciali; a maggior ragione ciò varrebbe per la Regione Friuli, in quanto l’art. 48 dello statuto prevede il coordinamento della finanza regionale con quella statale, «esattamente come l’art. 119 Cost.».
In merito all’eccezione di infondatezza della medesima questione concernente l’art. 12, commi 2 e 3, del d.lgs. n. 195 del 2005, la difesa della ricorrente contesta l’affermazione del resistente secondo cui la norma in parola si limiterebbe all’indicazione di un obiettivo; al contrario, essa porrebbe il divieto puntuale al legislatore regionale di prevedere una voce di spesa per l’attuazione delle norme statali; non si tratterebbe, pertanto, di un’indicazione «generica» e «pleonastica», ma di una «norma circostanziata e lesiva dell’autonomia finanziaria regionale».
Considerato in diritto
1. – Con ricorso notificato il 22 novembre 2005 e depositato il 24 novembre 2005, la Regione Friuli-Venezia Giulia, in persona del Presidente pro tempore, ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), in riferimento all’art. 4, numeri 1, 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13, all’art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, all’art. 6, numero 3, e all’art. 8 ed agli artt. 48 e seguenti della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia), ed agli artt. 76 e 117, quarto e quinto comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
2. – La questione non è fondata.
2.1. – La disciplina delle informazioni in tema di ambiente non appartiene alla materia «tutela dell’ambiente», di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ma si inserisce nel vasto ambito della tutela del diritto di accesso del pubblico ai documenti amministrativi. Ciò non vale tuttavia ad escludere la competenza legislativa dello Stato in materia, giacché l’accesso ai documenti amministrativi attiene, di per sé, ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. In questo senso si esprime l’art. 22, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), modificata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 (Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali sull’azione amministrativa), che fa salva «la potestà delle regioni e degli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela».
Dalla norma costituzionale e dalla legge statale citate emerge un sistema composito di tutela del diritto all’accesso, che si articola nella necessaria disciplina statale dei livelli essenziali e nella eventuale disciplina regionale o locale di livelli ulteriori. Su questi presupposti, si deve escludere che non spettasse allo Stato dare attuazione alla direttiva comunitaria 2003/4/CE in materia di informazione ambientale, proprio perché sullo Stato incombe il dovere di fissare i livelli essenziali di tutela, validi per l’intero territorio nazionale, anche in questo settore. Le competenze legislative statutarie della Regione Friuli-Venezia Giulia non risultano pertanto violate. Lo stesso ragionamento vale per la denunciata violazione dell’art. 117, quarto e quinto comma, Cost. in relazione all’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.
2.2. – L’art. 1, comma 5, della legge 31 ottobre 2003, n. 306 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2003), contenente delega al Governo per l’attuazione della citata direttiva, stabilisce: «In relazione a quanto disposto dall’art. 117, quinto comma, della Costituzione, i decreti legislativi eventualmente adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano entrano in vigore, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria e perdono comunque efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della normativa di attuazione adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione dello Stato».
La clausola di cedevolezza contenuta nella norma sopra riportata deve ritenersi tuttora efficace ed incide sull’interpretazione dell’impugnato decreto legislativo, che si pone quindi come una determinazione dei livelli essenziali di tutela destinata ad essere sostituita, in tutto o in parte, da una determinazione regionale precedente o susseguente alla normativa statale di attuazione della direttiva comunitaria. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 6 maggio 2005, n. 11 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi della Regione Friuli-Venezia Giulia derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Attuazione della direttiva 2001/42/CE, della direttiva 2003/4/CE e della direttiva 2003/78/CE. Legge comunitaria 2004), è intervenuta a disciplinare il diritto di accesso all’informazione ambientale in data anteriore al decreto legislativo impugnato, ponendo in essere così una delle condizioni previste dalla citata norma di delega legislativa. Il decreto legislativo impugnato non si pone in contrasto con la suddetta norma di delega, ma si combina con la stessa in un tutto unitario.
Alla luce di quanto detto, non si ravvisa la violazione dell’art. 76 Cost. prospettata dalla ricorrente.
3. – La Regione Friuli-Venezia Giulia lamenta anche la violazione dell’autonomia finanziaria regionale, di cui agli artt. 48 e seguenti dello statuto speciale, in quanto l’art. 12 del d.lgs n. 195 del 2005 imporrebbe alla Regione stessa un vincolo molto puntuale, che esulerebbe dai poteri statali di coordinamento della finanza pubblica.
3.1. – La questione non è fondata.
La norma impugnata si limita a stabilire che all’attuazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo di cui sopra le autorità pubbliche provvedono «nell’ambito delle proprie attività istituzionali ed utilizzando a tali fini le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente» (comma 2) ed aggiunge che «dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate a carico della finanza pubblica» (comma 3). Non si tratta quindi di un vincolo puntuale relativo ad una singola voce di spesa, dal quale potrebbe derivare una lesione dell’autonomia finanziaria regionale (sentenza n. 417 del 2005), ma di una prescrizione a carattere generale volta a limitare la spesa pubblica complessiva, che rientra nella funzione di coordinamento finanziario spettante allo Stato per ragioni connesse ad obiettivi nazionali (sentenza n. 36 del 2004).
4. – La questione relativa alla presunta violazione dell’art. 8 dello statuto della Regione Friuli-Venezia Giulia è inammissibile perché, pur riportata nella premessa del ricorso, non è in alcun modo motivata nel prosieguo dell’atto introduttivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, 4, 5, 8 e 12 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195 (Attuazione della direttiva 2003/4/CE sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale), promossa dalla Regione Friuli-Venezia Giulia con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all’art. 8 della legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia);
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale delle medesime norme, promossa dalla Regione Friuli-Venezia Giulia con il ricorso indicato in epigrafe, in riferimento all’art. 4, numeri 1, 1-bis, 2, 3, 6, 9, 12 e 13, all’art. 5, numeri 10, 14, 16, 20 e 22, all’art. 6, numero 3, ed agli artt. 48 e seguenti della legge cost. n. 1 del 1963, ed agli artt. 76 e 117, quarto e quinto comma, della Costituzione, in relazione all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2006.

Franco BILE, Presidente
Gaetano SILVESTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria l’1 dicembre 2006.