nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 12, lettera
a), della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per
l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e
l’integrazione di disposizioni legislative), e della legge della Regione
Lombardia 10 giugno 2002, n. 12 Differimento dell’applicazione di
disposizioni in materia di installazione di impianti di telecomunicazioni
e radiotelevisione di cui all’art. 3, comma 12, lettera a), della legge
regionale 6 marzo 2002, n. 4 , promossi con ricorsi del Presidente del
Consiglio dei ministri notificati il 7 maggio e il 6 agosto 2002,
depositati in cancelleria il 16 maggio e il 12 agosto successivi e
iscritti ai nn. 34 e 49 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione della Regione Lombardia;
udito nell’udienza pubblica dell’11 marzo 2003 il Giudice relatore Gustavo
Zagrebelsky;
uditi l’avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del Consiglio
dei ministri e l’avvocato Massimo Luciani per la Regione Lombardia.
Ritenuto in fatto
1.1. – Con ricorso notificato il 7 maggio 2002, depositato il successivo
16 maggio (reg. ricorsi n. 34 del 2002), il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato la legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4
(Norme per l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e
l’integrazione di disposizioni legislative), censurando, tra l’altro,
l’art. 3, comma 12, lettera a), di detta legge regionale, che –
sostituendo il comma 8 dell’art. 4 della legge regionale 11 maggio 2001,
n. 11 (Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi
elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per
la radiotelevisione) – stabilisce il divieto di installazione di impianti
per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione entro il limite di
distanza di 75 metri dal perimetro di proprietà di asili, edifici
scolastici, strutture di accoglienza socio-assistenziali, ospedali,
carceri, oratori, parchi gioco, case di cura, residenze per anziani,
orfanotrofi e strutture similari, e relative pertinenze.
Una simile previsione, secondo il ricorrente, si porrebbe in contrasto con
quanto stabilito dalla legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla
protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici), introducendo un parametro, quale quello della distanza
tra impianti ed edifici, diverso da quelli "di attenzione" contemplati
dalla citata legge quadro statale, in funzione della protezione ambientale
dall’esposizione a emissioni elettromagnetiche. L’Avvocatura dello Stato
rileva altresì che la disciplina, "di preminente interesse nazionale per
la sua natura di servizio", rientrerebbe nella materia, di competenza
esclusiva statale, della "tutela dell’ambiente" [art. 117, secondo comma,
lettera s), della Costituzione], non sembrando possibile ricondurla a
quella della "tutela della salute", di competenza concorrente (art. 117,
terzo comma, della Costituzione).
A suffragio della censura si deduce, infine, la normativa comunitaria
(direttiva 96/2/CE della Commissione, del 16 gennaio 1996), la quale,
prevedendo che "soltanto" gli Stati membri possano imporre condizioni
circa l’installazione e la gestione di reti o la fornitura di servizi di
telecomunicazioni, ed esclusivamente per esigenze fondamentali
tassativamente individuate, imporrebbe una conseguente considerazione del
riparto delle materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni.
1.2. – Si è costituita in giudizio la Regione Lombardia, con atto
depositato in data 6 agosto 2002, sostenendo, con richiamo di dati
normativi e giurisprudenziali, l’inammissibilità e l’infondatezza del
ricorso.
2.1. – Con ricorso notificato il 6 agosto 2002, depositato il successivo
12 agosto (reg. ricorsi n. 49 del 2002), il Presidente del Consiglio dei
ministri ha impugnato la legge della Regione Lombardia 10 giugno 2002, n.
12 [Differimento dell’applicazione di disposizioni in materia di
installazione di impianti di telecomunicazioni e radiotelevisione di cui
all’art. 3, comma 12, lettera a), della legge regionale 6 marzo 2002, n.
4].
L’Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del ricorrente,
rileva come, in pendenza della controversia instaurata a seguito del
ricorso precedente (reg. ricorsi n. 34 del 2002), la Regione medesima
abbia approvato la legge ora in questione che, all’art. 1, comma 1,
introduce "una sorta di (più apparente che effettiva) sospensione della
disposizione contenuta nella lettera a)" dell’art. 3, comma 12, della
legge regionale lombarda n. 4 del 2002, indicando nel "non lontano" 1°
gennaio 2003 la decorrenza dell’efficacia della nuova versione.
L’art. 1, comma 2, della legge ora impugnata avrebbe a sua volta
sostanzialmente rinnovato il divieto disposto dal citato art. 3, comma 12,
lettera a), apportando alla disciplina in argomento varianti non
essenziali (in particolare sostituendo, al criterio del limite di distanza
di 75 metri, quello del divieto di installazione degli impianti "in
corrispondenza" degli edifici citati), per il periodo anteriore al 1°
gennaio 2003.
Ad avviso del ricorrente, quindi, le disposizioni denunciate sarebbero
affette dai medesimi vizi di illegittimità costituzionale già rilevati nel
ricorso antecedente, di cui vengono ribadite le argomentazioni.
2.2. – Si è costituita in questo secondo giudizio la Regione Lombardia,
che, riservandosi ulteriori deduzioni, ha chiesto che il ricorso proposto
venga dichiarato manifestamente inammissibile ovvero, in subordine,
manifestamente infondato.
3.1. – Nel primo giudizio (reg. ricorsi n. 34 del 2002), l’Avvocatura
generale dello Stato ha depositato in data 28 febbraio 2003 (oltre il
termine stabilito dall’art. 10 delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale) un atto, denominato "seconda parte"
della memoria concernente il giudizio costituzionale in questione (una
"prima parte", concernente le altre questioni sollevate con il medesimo
ricorso, essendo stata depositata entro il termine prescritto), nel quale,
con diverse e ulteriori argomentazioni, si insiste per l’accoglimento
della questione.
3.2. – Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria nel medesimo
giudizio, ribadendo le conclusioni per l’inammissibilità sotto diversi
profili e, nel merito, per l’infondatezza di ogni censura proposta con il
ricorso.
4. – La Regione Lombardia resistente ha inoltre depositato una memoria nel
secondo giudizio (reg. ricorsi n. 49 del 2002).
Preliminarmente, la Regione sostiene l’inammissibilità dell’impugnativa
governativa. In particolare, il ricorrente non chiarisce perché la
disposizione regionale – che sospende, fino al 1° gennaio 2003,
l’applicabilità di altra disposizione che si reputa lesiva delle
competenze statali e che perciò è stata autonomamente impugnata con il
primo ricorso – sia da considerare anch’essa lesiva: se la Corte
dichiarasse incostituzionale la norma anteriore, la cui applicazione è
sospesa, la previsione della sospensione resterebbe senza oggetto; se
invece la Corte rigettasse l’impugnazione anteriore, la dichiarazione di
incostituzionalità della successiva norma di sospensione non gioverebbe in
alcun modo al ricorrente, che otterrebbe anzi l’eliminazione della
sospensione dell’efficacia di una disposizione dallo stesso ricorrente
considerata incostituzionale. Per questo, la Regione deduce il difetto di
interesse dello Stato a una pronuncia sul punto.
Nel merito, la resistente assume comunque l’infondatezza della questione,
attraverso l’esame della disposizione – avente un proprio autonomo
contenuto – di cui al comma 2 dell’art. 1 della legge regionale n. 12 del
2002: disposizione che, fino alla data del 1° gennaio 2003, vieta
l’installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la
radiotelevisione "in corrispondenza" delle strutture abitative più volte
menzionate.
La Regione argomenta l’infondatezza dell’impugnazione, incentrata sulla
violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia ambientale e
dei principi posti con la legge quadro n. 36 del 2001, facendo
riferimento, con ampi richiami testuali, alla recente giurisprudenza
costituzionale, che nega la possibilità di isolare l’"ambiente" da altre
materie, all’ambiente stesso inestricabilmente collegate, affidate alle
competenze regionali.
Come in analoghi casi – in particolare, nel giudizio definito con la
sentenza n. 407 del 2002 – sarebbe dunque da escludere che contrasti con i
principi fondamentali una legislazione regionale che, come appunto quella
in esame, incrementa il livello di tutela, senza sostituirsi al
legislatore statale ma solo ponendo una garanzia ulteriore, a salvaguardia
degli interessi della popolazione lombarda.
In ogni caso, prosegue la Regione, la legge quadro n. 36 del 2001 lascia
aperto uno spazio alla legislazione regionale, giacché affida allo Stato
solo la determinazione dei "limiti di esposizione" e dei "valori di
attenzione", senza dire alcunché sull’aspetto della "corrispondenza"
spaziale tra le installazioni radioelettriche e taluni, particolarissimi,
insediamenti abitativi, quali quelli elencati nella disposizione
impugnata. Anzi, la stessa legge fa salvi, nel suo art. 3, comma 1,
lettera d), i "criteri localizzativi […] indicati dalle leggi regionali",
che costituiscono anch’essi "obiettivi di qualità" perseguiti dalla legge
statale.
Infine, la Regione confuta l’argomentazione dell’Avvocatura, che
dall’esistenza della normativa comunitaria vorrebbe far derivare la
competenza dello Stato, opponendo l’ormai consolidato principio secondo il
quale l’attuazione del diritto comunitario – cui è indifferente
l’articolazione interna degli Stati membri – spetta anche alle Regioni,
potendo queste come quello disporre, ciascuno per la propria parte e
nell’ambito delle competenze delineate dalla Costituzione.
Considerato in diritto
1.1. – Con un primo ricorso (reg. ricorsi n. 34 del 2002), il Presidente
del Consiglio dei ministri solleva questione di legittimità costituzionale
dell’art. 3, comma 12, lettera a), della legge della Regione Lombardia 6
marzo 2002, n. 4 (Norme per l’attuazione della programmazione regionale e
per la modifica e l’integrazione di disposizioni legislative), che
sostituisce il comma 8 dell’art. 4 della legge regionale 11 maggio 2001,
n. 11 (Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi
elettromagnetici indotti da impianti fissi per le telecomunicazioni e per
la radiotelevisione). La disposizione impugnata stabilisce un generale
divieto di installazione di impianti per le telecomunicazioni e per la
radiotelevisione entro il limite inderogabile di 75 metri di distanza dal
perimetro di proprietà di asili, edifici scolastici, nonché strutture di
accoglienza socio-assistenziali, ospedali, carceri, oratori, parchi gioco,
case di cura, residenze per anziani, orfanotrofi e strutture similari, e
relative pertinenze. Ritiene il ricorrente che questa normativa regionale
violi la competenza dello Stato in materia di tutela dell’ambiente,
prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione ed
esercitata con la legge quadro 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla
protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici), introducendo un "parametro di attenzione" non previsto
dalla normativa statale, quale la distanza degli impianti da luoghi
particolari.
Con il medesimo ricorso, sono state sollevate ulteriori questioni su altre
disposizioni della stessa legge regionale n. 4 del 2002: una legge priva
di unitarietà, che interviene sulle più disparate materie. Per ragioni di
chiarezza e omogeneità di decisione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3, comma 12, della citata legge regionale viene
trattata separatamente dalle altre, sollevate rispettivamente sull’art. 1,
comma 3, lettera b) – in tema di funzioni attribuite al Corpo forestale
regionale –, e sull’art. 1, comma 4 – in tema di cause di incompatibilità
con la carica di consigliere regionale –, e decise con le sentenze n. 313
e n. 201 del 2003 di questa Corte.
1.2. – Con altro ricorso (reg. ricorsi n. 49 del 2002), il Presidente del
Consiglio dei ministri propone questione di legittimità costituzionale
della legge della Regione Lombardia 10 giugno 2002, n. 12 [Differimento
dell’applicazione di disposizioni in materia di installazione di impianti
di telecomunicazioni e radiotelevisione di cui all’art. 3, comma 12,
lettera a), della legge regionale 6 marzo 2002, n. 4], il quale sposta al
1° gennaio 2003 il termine per l’applicazione della norma oggetto del
precedente ricorso, dettando una disciplina interinale che fa divieto di
installazione degli impianti per le telecomunicazioni e per la
radiotelevisione "in corrispondenza" degli edifici suddetti. Anche in
questo caso, il ricorrente ritiene violata la competenza dello Stato
prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione,
esercitata con la legge quadro n. 36 del 2001.
2. – Preliminarmente, deve essere dichiarata inammissibile la costituzione
della Regione Lombardia nel giudizio sul ricorso n. 34 del 2002, perché
avvenuta con atto depositato oltre il termine – di carattere perentorio
(per tutte, da ultimo, sentenza n. 307 del 2003) – di venti giorni dal
deposito del ricorso stabilito dall’art. 23, terzo comma, delle norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
3. – Stante l’identità della materia e dei parametri costituzionali
invocati, le due questioni di legittimità costituzionale, concernenti la
collocazione sul territorio di impianti per le telecomunicazioni e la
radiotelevisione, possono essere trattate congiuntamente, per essere
decise con unica sentenza.
4. – Il problema posto dai ricorsi in esame consiste nello stabilire il
rapporto esistente tra queste disposizioni di legislazione regionale e i
compiti che, in materia di protezione dalle esposizioni a campi elettrici,
magnetici ed elettromagnetici, indubbiamente spettano allo Stato in forza
delle sue competenze in materia di tutela dell’ambiente, a norma della
lettera s) del secondo comma dell’art. 117 della Costituzione, e in
materia di tutela della salute, a norma del terzo comma del medesimo art.
117. Su tali competenze si basa la legge quadro n. 36 del 2001. Essa
contiene "principi fondamentali diretti a: a) assicurare la tutela della
salute dei lavoratori, delle lavoratrici e della popolazione dagli effetti
dell’esposizione a determinati livelli di campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici ai sensi e nel rispetto dell’articolo 32 della
Costituzione; b) […] attivare misure di cautela da adottare in
applicazione del principio di precauzione di cui all’articolo 174,
paragrafo 2, del trattato istitutivo dell’Unione Europea", e "c)
assicurare la tutela dell’ambiente e del paesaggio […]" (art. 1).
Nell’ambito di tali finalità, la legge quadro affronta specificamente il
problema della protezione speciale degli ambienti abitativi, degli
ambienti scolastici e dei luoghi adibiti a permanenze prolungate, in vista
delle finalità di cui all’art. 1, lettere b) e c), della legge medesima,
prevedendo speciali valori di attenzione [art. 3, comma 1, lettera c) –
più rigorosi dei generali limiti di esposizione posti a salvaguardia della
salute della popolazione in generale [art. 3, comma 1, lettera b)]. Tali
valori di attenzione sono i valori di campo elettrico, magnetico ed
elettromagnetico, considerati come valori di immissione, che non devono
essere superati nei luoghi suddetti.
La normativa in questione, tuttavia, indiscutibilmente incide anche sulla
funzione di governo del territorio la cui disciplina legislativa, in base
al terzo comma dell’art. 117 della Costituzione, spetta alle Regioni.
Conseguentemente, il numero 1) della lettera d) dell’art. 3, prevedendo
(dopo i limiti di esposizione e i valori di attenzione) gli obiettivi di
qualità cui deve tendere il dispiegamento sul territorio della rete di
impianti di telecomunicazioni, tra questi comprendendo i "criteri
localizzativi", ne affida la determinazione alle leggi regionali, secondo
quanto previsto dall’art. 8 della legge n. 36 stessa.
5.1. – Alla stregua del contesto normativo risultante dalle anzidette
disposizioni della legge quadro n. 36 del 2001, la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 12, lettera a), della legge
della Regione Lombardia n. 4 del 2002, è fondata.
Per far fronte alle esigenze di protezione ambientale e sanitaria
dall’esposizione a campi elettromagnetici, il legislatore statale, con le
anzidette norme fondamentali di principio, ha prescelto un criterio basato
esclusivamente su limiti di immissione delle irradiazioni nei luoghi
particolarmente protetti, un criterio che è essenzialmente diverso da
quello stabilito (sia pure non in alternativa, ma in aggiunta) dalla legge
regionale, basato sulla distanza tra luoghi di emissione e luoghi di
immissione.
Né, a giustificare il tipo di intervento della legge lombarda, è
sufficiente il richiamo alla competenza regionale in materia di governo
del territorio, che la legge quadro, al numero 1) della lettera d)
dell’art. 3, riconosce quanto a determinazione dei "criteri
localizzativi". A tale concetto non possono infatti ricondursi divieti
come quello in esame, un divieto che, in particolari condizioni di
concentrazione urbanistica di luoghi specialmente protetti, potrebbe
addirittura rendere impossibile la realizzazione di una rete completa di
infrastrutture per le telecomunicazioni, trasformandosi così da "criteri
di localizzazione" in "limitazioni alla localizzazione", dunque in
prescrizioni aventi natura diversa da quella consentita dalla citata norma
della legge n. 36. Questa interpretazione, d’altra parte, non è senza una
ragione di ordine generale, corrispondendo a impegni di origine europea e
all’evidente nesso di strumentalità tra impianti di ripetizione e diritti
costituzionali di comunicazione, attivi e passivi.
5.2. – La difesa della Regione Lombardia evoca, a difesa della
disposizione impugnata, la sentenza di questa Corte n. 382 del 1999, che
ha escluso l’illegittimità costituzionale di una legge regionale che
prescriveva, per la collocazione sul territorio di linee elettriche,
distanze di rispetto da aree edificabili con particolari destinazioni,
maggiori di quelle stabilite dalla legge dello Stato. Ma da questa
pronuncia, a parte la non puntuale coincidenza di materia, non può trarsi
in generale il principio della derogabilità in melius (rispetto alla
tutela dei valori ambientali), da parte delle Regioni, degli standard
posti dallo Stato. La questione allora decisa non si collocava entro
un’organica disciplina statale di principio, mentre ora esiste una legge
quadro statale che detta una disciplina esaustiva della materia,
attraverso la quale si persegue un equilibrio tra esigenze plurime,
necessariamente correlate le une alle altre, attinenti alla protezione
ambientale, alla tutela della salute, al governo del territorio e alla
diffusione sull’intero territorio nazionale della rete per le
telecomunicazioni (cfr. la sentenza di questa Corte n. 307 del 2003, punto
7 del "considerato in diritto"). In questo contesto, interventi regionali
del tipo di quello ritenuto dalla sentenza del 1999 non incostituzionale,
in quanto aggiuntivo, devono ritenersi ora incostituzionali, perché
l’aggiunta si traduce in una alterazione, quindi in una violazione,
dell’equilibrio tracciato dalla legge statale di principio.
6. – La questione di legittimità costituzionale della legge della Regione
Lombardia n. 12 del 2002, invece, non è fondata.
La disciplina impugnata, vietando l’installazione di impianti per le
telecomunicazioni e per la radiotelevisione "in corrispondenza" delle aree
"sensibili" che si sono in precedenza dette, non si discosta
sostanzialmente, sotto il profilo che qui interessa, da altra disposizione
regionale che vieta l’installazione dei medesimi impianti "su ospedali,
case di cura e di riposo, scuole e asili nido", ritenuta da questa Corte,
con la già citata sentenza n. 307 del 2003 (v. il punto 20 del
"considerato in diritto"), compatibile con la legge quadro n. 36 del 2001.
Il divieto ora in questione, come quello esaminato in questa sentenza, non
eccede l’ambito di un "criterio di localizzazione", sia pure formulato in
negativo, la cui determinazione, a norma dell’art. 3, comma 1, lettera d),
numero 1), e dell’art. 8, comma 1, lettera e), della legge quadro, spetta
alle Regioni. Esso, infatti, a differenza di quello contenuto nell’art. 3,
comma 12, lettera a), della legge regionale n. 4 del 2002, precedentemente
esaminato, comporta la necessità di una sempre possibile localizzazione
alternativa, ma non è tale da poter determinare l’impossibilità della
localizzazione stessa.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 12, lettera
a), della legge della Regione Lombardia 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per
l’attuazione della programmazione regionale e per la modifica e
l’integrazione di disposizioni legislative);
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della
legge della Regione Lombardia 10 giugno 2002, n. 12 [Differimento
dell’applicazione di disposizioni in materia di installazione di impianti
di telecomunicazioni e radiotelevisione di cui all’art. 3, comma 12,
lettera a), della legge regionale 6 marzo 2002, n. 4], sollevata, in
riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione,
dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della
Consulta, il 27 ottobre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2003.
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