| sommario | legislazione | giurisprudenza | tabelle |modulistica || pubblicazioni | recensioni | links | utilities | |iusambiente è |

 

T.A.R. Lecce 844/2002

                                                                           

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

PRIMA SEZIONE DI LECCE

 

 

composto dai magistrati:

Aldo Ravalli                -            Presidente

Paolo Severini             -            Componente relatore

Maria Ada Russo        -            Componente

ha pronunciato la seguente

  SENTENZA

  sul ricorso n. 2572/01, proposto da Basile Antonio, rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Caricato ed elettivamente domiciliato in Lecce, alla via F. Rubichi n. 23, presso la Segreteria del T.A.R.;    

contro

  - il Comune di Taranto, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Piero G: Relleva, elettivamente domiciliato, in Lecce, alla via Zanardelli n. 7, presso lo studio dell’avv. Angelo Vantaggiato;  

e nei confronti di  

- F. R. Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Arturo Masi, elettivamente domiciliata, in Lecce, alla via Lupiae n. 37, presso lo studio dell’avv. Giacomo Cardone;  

per l’annullamento  

a) - della concessione edilizia n. 63 del 2.05.2001, rilasciata dal Dirigente del Settore Governo del Territorio del Comune di Taranto, a seguito di domanda presentata dalla F. R. Costruzioni s.r.l., con cui si richiedeva il rinnovo della concessione edilizia n. 191 del 21.09.95;  

nonché, limitatamente all’interesse del ricorrente, per l’annullamento

  b) - della concessione edilizia n. 191 del 21.09.95 (pratica edilizia n. 32/94), conosciuta solo per estremi contestualmente al provvedimento sub a), del quale costituiva rinnovo;

c) - d’ogni atto presupposto, connesso, e consequenziale;

  nonché per la condanna

 

d) - alla riduzione in pristino dei luoghi;

 

ovvero, in via subordinata, per la condanna

 

e) - al risarcimento del danno ingiusto patito dal ricorrente, anche medio tempore, per effetto dell’esecuzione del provvedimento sub a);

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Viste le memorie, depositate dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

udita, alla camera di consiglio del 6 febbraio 2002, la relazione del Componente del Collegio, Paolo Severini, ed uditi altresì gli avv. Caricato per il ricorrente e Masi, sia in proprio quale difensore della società controinteressata, sia in sostituzione dell’avv. Relleva per il Comune resistente;

ritenuto e considerato quanto segue:    

FATTO  

Con il ricorso in esame, il ricorrente impugnava, con domanda di sospensione, i provvedimenti indicati in epigrafe, rappresentando quanto segue:

- d’essere proprietario di un lotto, contiguo a quello, interessato dalla concessione edilizia impugnata sub a); 

- che tale concessione (riguardante un terreno dell’estensione di mq. 412, poiché intersecato da un corridoio, d’estensione pari a mq. 98, di proprietà del S. M. Ordine di Malta) prevedeva la realizzazione d’un edificio composto di un piano interrato, di un piano terra e di tre piani superiori, la cui altezza totale era pari a m. 12;

- che l’edificio progettato era posto ad una distanza di soli metri 6, rispetto al lotto adiacente, di  sua proprietà.

Premesso che il ricorso era senz’altro ricevibile, giacché il termine ultimo per l’impugnazione d’una concessione edilizia coincideva, secondo la giurisprudenza, con quello dell’ultimazione dei lavori, Basile Antonio articolava le seguenti censure avverso detto provvedimento:

1)               Violazione di legge (art. 45 N.T.A. Variante generale P.R.G. Taranto, come richiamato dall’art. 873 cod. civ.) – Eccesso di potere – Carenza di presupposti: il lotto ricadeva nella “zona di ricomposizione spaziale dell’edilizia esistente di tipo C”, regolata dall’art. 45 delle N.T.A. del vigente P.R.G., che attraverso il richiamo alle tavole della variante generale imponeva un distacco minimo di m. 5 dai confini, e comunque un distacco di 1/1 in rapporto all’altezza del costruendo edificio (quindi l’edificio avrebbe dovuto staccarsi dal confine di 12 metri, tanto quant’era la sua altezza, a differenza del 6 metri previsti in progetto);

2)             – Violazione di legge (art. 45 N.T.A. Variante generale P.R.G. Taranto, come richiamato dall’art. 873 cod. civ.) sotto altro profilo – Eccesso di potere – Carenza di presupposti: affermava il ricorrente che le predette tabelle prevedevano, per la zona interessata dalla costruzione, una superficie minima del lotto pari a m. 500, mentre nella specie il terreno, pur avendo originariamente una dimensione di mq. 510, era stato in seguito ridotto a mq. 412, per effetto dell’occupazione, avvenuta nel 1935 ad opera del Genio Militare, di una particella di mq. 98 (poi pervenuta, per successione ab intestato, al S. M: Ordine di Malta). Inoltre il Basile evidenziava che il rinnovo della concessione non avrebbe tenuto conto di quanto affermato dal responsabile istruttore del progetto presso il Comune di Taranto, geom. Luigi Sibilla, nella propria relazione del 13.09.94 (ossia la conformità del progetto ai parametri urbanistici, “ad eccezione della distanza dai confini e della superficie minima del lotto edificabile”); 

3)             – Violazione di legge (art. 45 N.T.A. Variante generale P.R.G. Taranto, come richiamato dall’art. 873 cod. civ.) sotto altro profilo – Eccesso di potere – Carenza d’istruttoria – Difetto di motivazione: trattandosi, nella specie, di rinnovo di una precedente concessione edilizia (il che presupponeva la sopravvenuta inefficacia dell’originario atto d’assenso), il dirigente preposto avrebbe dovuto verificare la sussistenza di tutti i presupposti, necessari per il rinnovo medesimo; il che non era stato, poiché un’esauriente istruttoria avrebbe sicuramente fatto emergere i vizi sopra evidenziati (tanto più, che essi già risultavano dalla citata relazione del funzionario istruttore, all’epoca del rilascio della prima concessione).

Il ricorrente invocava, quindi, la tutela cautelare e chiedeva la riduzione in pristino dello stato dei luoghi ovvero, in via subordinata, il risarcimento del danno per equivalente, per la cui quantificazione proponeva la nomina di un c.t.u. ovvero - in subordine - si rimetteva all’equo apprezzamento del Collegio.

Il Basile depositava documenti concernenti la vicenda in esame e chiedeva, inoltre, la concessione della tutela cautelare ante causam, istanza che era peraltro respinta, con decreto presidenziale del 9.08.01.

Si costituiva il contro-interessato, F.R. Costruzioni s.r.l., che depositava documenti, nonché una memoria difensiva nella quale eccepiva – anzitutto – l’irricevibilità del ricorso, proposto tardivamente (perché sin dal 1995 il Basile era a conoscenza delle reali caratteristiche dell’erigendo fabbricato e perché – quanto alla concessione da ultimo impugnata – la tabella, esposta sulla pubblica via, descriveva nel dettaglio l’edificio, i cui lavori erano la continuazione di quelli iniziati nel 1995); quindi opponeva ancora l’irricevibilità del ricorso, per mancanza stavolta, nel ricorrente, d’un interesse personale, immediato e diretto a ricorrere, non avendo, il medesimo, provato la sua qualità di proprietario del lotto confinante (e, in ogni caso, segnalava che “sulla presunta proprietà del dott. Basile” insisteva un edificio, posto addirittura sul confine con il lotto, di proprietà della F. R. Costruzioni, che, quindi, violava macroscopicamente proprio la normativa sulla distanza dai confini, richiamata nell’atto introduttivo del giudizio); quanto al merito, si faceva rilevare “che tutte le centinaia di concessioni edilizie rilasciate dal Comune di Taranto sino ad oggi hanno previsto nelle zone di edilizia di tipo C un distacco dei fabbricati dai confini in assoluto pari a m. 5 mentre in relazione all’altezza degli stessi pari a ½”, e che detta “costante interpretazione delle norme da parte di funzionari, dirigenti, assessori, sindaci e commissioni edilizie succedutesi nel tempo” era scaturita dalla considerazione dell’illogicità, contraddittorietà ed impraticabilità della norma che prescriveva, invece, un distacco pari al rapporto di 1/1 tra altezza e distanza dai confini (al punto che  tale interpretazione era stata anche richiamata nella deliberazione del Commissario Straordinario del Comune di Taranto n. 265/99). 

Anzi, affermava la società contro-interessata, un eventuale diniego di rinnovo di concessione sarebbe stato illegittimo, per disparità di trattamento, rispetto ad altre centinaia di progetti assentiti secondo il predetto criterio.

Quanto alla seconda doglianza di controparte, la società F. R. Costruzioni eccepiva, anzitutto, che lo standard urbanistico del lotto minimo non aveva alcuna funzione integrativa della noma civilistica,  sicché il richiamo all’art. 873 era inconferente; in ogni caso, detta doglianza era infondata, sia perché la superficie del lotto era superiore al minimo (essendo pari a mq. 490, cui andavano ad aggiungersi i 20 metri della striscia di terreno già demaniale, acquistata dalla F. R. Costruzioni nel 2001), sia perché i lotti, frazionati antecedentemente all’adozione del P.R.G., erano esclusi dalle previsioni contenute nelle tabelle dei tipi edilizi, come stabilito dall’art. 62 della N.T.A. annesse alla Variante Generale al P.R.G., come modificata dalla deliberazione del C.C. di Taranto n. 428/95 (nella specie, il frazionamento del lotto era avvenuto il 24.07.67, vale a dire oltre dieci anni prima dell’approvazione del P.R.G. di Taranto).

Quanto al terzo ed ultimo motivo di ricorso, lo stesso - per la società F. R. - si risolveva in una ripetizione delle doglianze articolate nei primi due, avendo, in realtà, il dirigente esaminato correttamente la pratica, che per quanto detto non presentava alcun aspetto d’illegittimità.

Nella camera di consiglio del 5 settembre 2001, fissata per la decisione circa l’istanza cautelare, presentata contestualmente all’atto introduttivo del presente giudizio, la Sezione pronunziava ordinanza istruttoria, con cui richiedeva al Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Taranto di trasmettere una dettagliata relazione di chiarimenti circa la vicenda dedotta in contenzioso, con particolare riferimento all’applicabilità o meno, nella specie, delle prescrizioni dettate dalle tavole richiamate dall’art. 45 delle norme d’attuazione della variante generale al P. R. G. di quel Comune, relative alla zona interessata dalla concessione edilizia, sia per ciò che concerneva la distanza dell’edificio dal confine, sia per ciò che riguardava le dimensioni minime del lotto.

Si costituiva quindi il Comune di Taranto, che depositava, oltre ai documenti pertinenti la vicenda in oggetto, una memoria difensiva nella quale si sosteneva, in primis, l’irricevibilità del ricorso per gli stessi motivi, già articolati dalla società contro-interessata; e, inoltre, l’infondatezza nel merito dello stesso, in base alla considerazione che il rapporto di 1/1, tra altezza degli edifici e distanza dai confini, compariva solo nella tabella D5 (relativa alla zona di ricomposizione spaziale dell’edilizia esistente di tipo C), mentre nelle tabelle D3 e D4 (rispettivamente relative alle zone di ricomposizione spaziale dell’edilizia esistente, di tipo A e B) era prescritto un rapporto di ½; sicché trattavasi di un'evidente incongruità, della quale s’era resa conto l’Amministrazione comunale, che con deliberazione commissariale n. 265 del 6.11.99 aveva dettato nuove norme urbanistiche, in particolare approvando una relazione del Settore Governo del Territorio, nella quale s’affermava che stante l’impraticabilità del suddetto rapporto di 1/1, lo stesso era da intendersi, in realtà, come ½, “come da interpretazioni ampiamente consolidate nella prassi dell’espressione dei pareri della C. E. C. sino ad oggi succedutesi” (e tale delibera non era stata impugnata dal ricorrente).

Quanto al secondo motivo (censurante il mancato rispetto delle norme sul lotto minimo), l’A. C. sosteneva che nella stessa deliberazione commissariale del 6.11.99, citata in precedenza, s’era affermato che la deroga (all’obbligatorietà del lotto minimo), prevista dall’art. 62 delle N.T.A. al P.R.G., rimaneva in vigore, anche se i lotti erano frazionati dopo l’adozione del P.R.G.; mentre quanto alla terza censura, osservava – infine – come la relazione istruttoria del 1994 fosse stata superata, proprio dalla modifica delle norme urbanistiche, sopra riportata.

In data 10 gennaio 2002 perveniva la relazione istruttoria, richiesta al Comune di Taranto, nella quale il Dirigente del Settore Governo del Territorio dell’ente riferiva quanto segue: riguardo alla distanza dei fabbricati dal confine, evidenziava che tutte le concessioni edilizie, nella zona di ricomposizione spaziale dell’edilizia esistente di tipo C (tabella D5) erano state rilasciate applicando il rapporto di ½, a cagione dell’impraticabilità della diversa soluzione di 1/1 prevista in tabella; che detta interpretazione, costante nei pareri delle C. E. C. man mano succedutesi, era stata anche recepita, con delibera del Commissario Straordinario del Comune, n. 265 del 16.11.99; che tale delibera, peraltro, era stata revocata con deliberazione del Consiglio Comunale di Taranto n. 53 del 6.04.2001, con la quale era stato conferito mandato, agli Uffici comunale, di redigere una nuova proposta di deliberazione, in sostituzione del provvedimento oggetto di revoca; che la Commissione Urbanistica e Assetto del Territorio di quel Comune, nelle sedute del 17 e del 26 ottobre 2001, aveva approvato la proposta di deliberazione redatta dall’Ufficio Tecnico, nella quale si riproponeva, quanto alla vexata quaestio della distanza dal confine, il contenuto della citata deliberazione Commissariale; che detta proposta di deliberazione era stata trasmessa alla segreteria del Consiglio Comunale ed era “posta al punto 6 dell’ordine del giorno”.

Per quanto concerneva, poi, le dimensioni minime del lotto, il dirigente precisava che l’art. 62 delle N.T.A. del P.R.G. era stato integrato con deliberazione del Consiglio Comunale n. 428 del 20.03.1985, stabilendo che nei lotti, di superficie inferiore al minimo previsto dalle norme urbanistiche, sarebbe stata consentita ugualmente l’edificazione, previa presentazione del rogito notarile, idoneo a dimostrare che il passaggio di proprietà era avvenuto prima della data d’adozione della Variante Generale al P.R.G., ovvero anche poi (purché in tale caso fosse intervenuto, prima dell’adozione della Variante generale, il frazionamento).

In data 16 e 17 gennaio 2002 il ricorrente e la società contro-interessata depositavano altri documenti, relativi ai fatti di causa, mentre il 25.01.02 il ricorrente produceva memoria conclusiva nella quale metteva in risalto come l’unica argomentazione fornita dalle parti resistenti, al fine di giustificare le illegittimità evidenziate nel ricorso, era stata che “una presunta impraticabilità delle disposizioni, relative alle distanze tra i confini e alla superficie minima dei lotti edificabili, aveva, ormai da anni, indotto l’Amministrazione a rilasciare concessioni, in violazione di siffatte disposizioni”;  e che tale comportamento avrebbe trovato supporto in una delibera commissariale (la n. 265 del 6.11.99), che aveva abrogato le suddette disposizioni urbanistiche.

Ma, rilevava il ricorrente, detta delibera commissariale (che si limitava ad invitare l’U.T.C. e la C.E.C. ad attenersi, nel rilascio delle concessioni, al rispetto del rapporto di ½) non era in grado di modificare il P. R. G., oltre ad essere stata, nello specifico, anche annullata (con deliberazione di C. C. n. 73 del 6.04.2001), proprio a causa della mancata osservanza delle procedure di legge, previste per le varianti alle N.T.A. del P.R.G..

Ne conseguiva che le disposizioni contenute nell’art. 45 delle N.T.A. (rectius: nella tabella D5 richiamata) erano tuttora valide ed efficaci, con conseguente illegittimità del rinnovo della concessione, in favore della F. R. Costruzioni.

Quanto – poi – al rilievo delle numerose concessioni edilizie, rilasciate nelle stesse condizioni di quella impugnata, esso non poteva certo sanare l’illegittimità di tale rilascio, ed anzi costituiva “prova delle violazioni perpetratesi per anni”.

Era infine posto in risalto che il ritardo (quattro mesi) con cui era stata data ottemperanza all’ordinanza istruttoria del T. A. R. aveva consentito alla società F. R. di ultimare i lavori, con ciò vanificando la richiesta tutela cautelare (abbinata, peraltro, al merito nell’udienza camerale dell’8.11.01), nonché aggravando i danni subiti dal ricorrente.  

Alla pubblica udienza del 6 febbraio 2002, sulle conclusioni delle parti, il ricorso era introitato per la decisione.  

DIRITTO  

Il ricorso è infondato e va pertanto respinto.

Prima di esporre i motivi a base di tale decisione, occorre, peraltro, sgombrare il campo dalle eccezioni d’improcedibilità del ricorso, avanzate dalla contro-interessata F.R. Costruzioni.

Quanto alla prima, facente perno sulla tardività del ricorso, il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale secondo cui: “Ai fini della dimostrazione della piena conoscenza della concessione edilizia assentita a terzi, in mancanza di inequivoci elementi probatori, non è sufficiente il semplice inizio dei lavori, occorrendo l’ultimazione degli stessi perché gli interessati siano in grado di avere cognizione dell’esistenza e dell’entità delle violazioni urbanistiche, eventualmente derivanti dal rilascio del titolo abilitativo alla realizzazione della costruzione” (C. di S., Sez. VI, 11 agosto 2000, n. 4471): ne deriva l’infondatezza dell’eccezione, non avendo - la società contro-interessata - fornito inequivoci elementi di prova circa la previa conoscenza, da parte del ricorrente, degli elementi essenziali della concessione edilizia rilasciata.

Quanto all’altra eccezione, s’osserva che essa in realtà pone un duplice ordine di questioni, posto che s’afferma che il ricorso sarebbe improcedibile: a)  per non avere, il ricorrente, provato la sua qualità di proprietario del lotto confinante; b) perché sul confine di detto terreno insisterebbe una costruzione, e quindi il ricorrente non potrebbe pretendere, a sua volta, il rispetto della norma edilizia sul rapporto tra altezza dell’edificio e distanza dai confini.

A prescindere dall’intima contraddittorietà esistente tra tali argomenti, rileva il Collegio – quanto al primo profilo – che la contro-interessata, nell’eccepire la mancanza di titolarità del lotto confinante da parte del ricorrente, non ha peraltro fornito la dimostrazione (che le incombeva, secondo i principi generali sull’onere della prova) dei fatti costitutivi di tal eccezione (che pertanto non può trovare accoglimento); quanto al secondo aspetto, la presenza – peraltro, anche qui, solo affermata – di detto edificio, sul confine del lotto vicino, nessuna influenza può – evidentemente – esercitare, sulla procedibilità del presente ricorso.

Quanto al merito, rileva il Tribunale che con il primo motivo di ricorso s’è lamentato il mancato rispetto della norma – derivante dalla tabella D5, richiamata dall’art. 45 delle N.T.A alla Variante Generale del P.R.G. del Comune di Taranto – che nella “zona di ricomposizione spaziale dell’edilizia esistente di tipo C” impone un rapporto di 1/1 tra altezza dell’erigendo fabbricato e confine del lotto: essendo, nella specie, l’edificio alto m. 12, lo stesso dovrebbe distare appunto 12 metri dal confine, mentre la distanza effettiva sarebbe appena di 6 metri.

S’osserva, anzitutto, che sull’aspetto fattuale della vicenda v’è accordo tra le parti, non negandosi da parte della contro-interessata e del Comune che il fabbricato sia posto, come s’è detto, a sei metri dal confine e che la tabella D5 citata preveda – invece – un distacco dal confine pari al rapporto di 1/1, come sopra precisato.

Si rileva, tuttavia, che sia l’Amministrazione comunale, sia la F. R. Costruzioni, con argomentazioni sostanzialmente coincidenti, hanno sostenuto che gli uffici tecnici comunali e la C. E. C. – una volta acclarata l’impossibilità, sul piano concreto, di rispettare tale rigorosa prescrizione edilizia – hanno dato sempre parere favorevole al rilascio di concessioni edilizie, che rispettassero un rapporto – tra altezza del fabbricato e distanza dal confine – pari a ½, e non a 1/1 (sono state anche prodotte copie d’altre concessioni edilizie, per le quali sussistevano, appunto, tali condizioni).

Tale interpretazione, costantemente seguita dai competenti organi tecnici del Comune di Taranto (come ha attestato anche il dirigente del Settore Governo del Territorio dell’ente, nella relazione a sua firma, trasmessa in adempimento dell’ordinanza istruttoria della Sezione), è stata anche accolta in una deliberazione (la n. 265 del 26.11.99) del Commissario Straordinario del Comune.

In essa si stabiliva, appunto, di approvare la relazione elaborata dal Settore Governo del Territorio in data 10.07 – 21.10.99 e s’invitavano la C.E.C. e gli uffici competenti ad attenersi alle indicazioni riportate in tale relazione; circa il punto che qui interessa, detta relazione, alla voce “Confini”, prevedeva che nelle aree tipizzate dal P.R.G. come D5 e D9, “stante l’evidente e sostanziale impraticabilità dell’osservanza del <distacco da confini in ragione del rapporto 1/1>” la stessa era da intendersi applicabile “in ragione del rapporto ½”, così come da interpretazioni ampiamente consolidate nella prassi dell’espressione dei pareri della C. E. C. sino ad oggi succedutesi”.

Dalla relazione istruttoria, a firma del Dirigente del Settore del Governo del Territorio, in atti, emerge tuttavia che detto provvedimento commissariale è stato revocato, con delibera di C. C.  n. 73 del 6.04.2001; ed in effetti, dalla lettura del preambolo di tale deliberazione emerge che la ragione di tale annullamento – in autotutela – consisteva nella consapevolezza, da parte dell’organo consiliare, “che l’attuazione di alcuni dei predetti indirizzi contenuti nella relazione allegata alla citata deliberazione commissariale n. 265/99” poteva realizzarsi “solo nel rispetto delle procedure previste dalla l. r.  n. 56/80 e dalle altre norme vigenti in materia urbanistica ed edilizia”.

Sempre dalla lettura di tale delibera consiliare (oltre che dalla relazione istruttoria in atti) risulta, poi, che il Consiglio Comunale ha conferito mandato, al Settore Governo del Territorio, “di predisporre un’organica revisione delle norme del vigente Regolamento Edilizio e delle Norme d’Attuazione del vigente P.R.G., di cui alla deliberazione commissariale n. 265/99, al fine di individuare quelle comportanti le previste procedure di approvazione nel rispetto della normativa vigente ed attivare l’iter procedimentale per la loro efficace attuazione”.  

Sempre dalla relazione di chiarimenti in atti si è infine appreso che la Commissione Urbanistica ed Assetto del Territorio del Comune di Taranto ha approvato, in seguito, la proposta di deliberazione redatta dagli Uffici tecnici, che dovrà essere sottoposta all’esame del Consiglio Comunale.    

Rileva inoltre il Collegio che da parte della difesa dell’Amministrazione comunale s’è evidenziato un elemento di valutazione ulteriore, rispetto a quelli emergenti dall’iter burocratico sinora esaminato, vale a dire che dal raffronto tra le tabelle D3, D4 e D5 allegate alla Variante generale al P.R.G. del Comune di Taranto risulta che il rapporto tra distacco minimo assoluto dai confini e distacco minimo assoluto dagli edifici è uguale per tutte e tre le zone (di ricomposizione spaziale dell’edilizia esistente di tipo A, B, e C) ed è pari sempre al 50%; che il distacco minimo da edifici, in rapporto all’altezza dei medesimi, è identico in tutte le zone ed è pari sempre a 1/1; ma che, inspiegabilmente, il distacco minimo dai confini, in rapporto all’altezza degli edifici, mentre è uguale nelle zone D3 e D4, dov’è pari a ½, è maggiore nella zona D5, dov’è pari a 1/1.

Detta incongruità, alla quale non pare possibile dare spiegazione, è accentuata dal fatto che per la zona D5 sono previsti distacchi assoluti minori (metri 5 e 10, anziché 6 e 12, rispettivamente dai confini e dagli edifici).

In ogni caso, a fronte della tesi, sostenuta dalle parti resistenti, il ricorrente ha sostenuto l’incapacità di una deliberazione commissariale (oltre tutto, abrogata) di modificare le disposizioni del P.R.G., e l’inidoneità della citata prassi interpretativa, adottata dagli uffici comunali, a sanare l’illegittimità, da cui sarebbe affetta la concessione edilizia impugnata.  

Ciò posto, il Collegio ritiene di prendere spunto proprio dalle ultime osservazioni della difesa del Comune, circa l’incongruità e l’inspiegabilità della soluzione tecnica in questione (rapporto 1/1 tra altezza degli edifici e distanza dal confine), per affermare la convinzione che nella specie ci si trovi effettivamente di fronte, come sostenuto dai resistenti, ad una norma erronea e sostanzialmente inapplicabile, e che tale inapplicabilità abbia dato luogo ad una prassi generalizzata, da parte dei competenti uffici comunali, rivolta alla correzione dell’errore materiale, rappresentato dall’essere stato indicato, in sede di stesura della predetta tavola D5, il rapporto di 1/1 tra altezza edifici e distanza dal confine, anziché il rapporto corretto (che non a caso si ritrova nelle tavole D3 e D4), vale a dire quello di ½.

Che questa sia l’interpretazione più adeguata a quanto s’è verificato nella specie è confermato, in maniera chiara, proprio dalla deliberazione assunta dal Commissario Straordinario del Comune nel 1999, rivolta – sia pure mediante l’uso di uno strumento tecnico inadeguato – a conferire, alla citata prassi interpretativa, ripetutasi negli anni con costanza, il crisma dell’ufficialità (evidentemente, anche al fine d’evitare possibili contenziosi).

Del resto, la circostanza che detta delibera è stata poi annullata dal Consiglio Comunale non va sopravvalutata, poiché s’è trattato di un annullamento, in via d’autotutela, volto in ogni modo alla riadozione, sia pur stavolta con il rispetto dell’iter procedurale previsto dalla specifica disciplina in materia, delle stesse misure correttive, già prese dal Commissario Straordinario.

Si ritiene pertanto, in definitiva, sul punto, che rispetto all’evidente incongruità della previsione dello strumento urbanistico generale del Comune, relativa al rapporto di 1/1 tra altezza degli edifici e distanza dal confine del lotto nella zona D5, la prassi interpretativa degli uffici comunali, sistematicamente volta alla non applicazione di tale rapporto, ritenuto troppo penalizzante, e all’approvazione delle concessioni edilizie, previa verifica del rispetto del rapporto, ritenuto corretto, di ½, abbia finito con il produrre un effetto sanante dell’errore materiale in questione, col risultato che il primo motivo di ricorso deve essere disatteso.

Quanto al secondo motivo di ricorso, con cui s’è lamentata la mancata osservanza delle disposizioni sul lotto minimo, s’osserva preliminarmente che in questo caso vi è disaccordo, tra le parti, sulla circostanza se il lotto in questione abbia una superficie inferiore a mq. 500 (il ricorrente sostiene che detta superficie sarebbe pari a mq. 412, mentre la società contro-interessata afferma che, grazie all’acquisto, da parte sua, della striscia di terreno già demaniale, detta superficie sarebbe invece pari a mq. 510).

A prescindere da ciò, nella specie è comunque agevole osservare che l’art. 62 delle norme tecniche d’attuazione della Variante Generale del P. R. G. del Comune di Taranto prevedeva che per la durata di due anni, a partire dalla data d’adozione della Variante, sarebbe stata consentita la fabbricazione nei lotti, ricadenti entro i limiti di zone aperte alla fabbricazione, ma inferiori per superficie ai minimi stabiliti, previa presentazione di rogito notarile dal quale risultasse che il passaggio di proprietà era avvenuto prima dell’adozione della suddetta variante; e che – come si ricava dalla relazione di chiarimenti del dirigente del Settore del Governo del Territorio dell’ente comunale – il predetto art. 62 è stato integrato con deliberazione di Consiglio Comunale, n. 428 del 20.03.1985, che ha eliminato il limite di due anni, prima fissato per la vigenza di tale disciplina e ha stabilito che la stessa si applicasse anche ai lotti, oggetto d’acquisto dopo l’adozione della Variante, ma il cui  frazionamento fosse comunque intervenuto prima di tale adozione.

Né può sostenersi – come ha fatto il ricorrente – che tale delibera non poteva modificare il P.R.G., senza il rispetto del procedimento di variante prescritto dalla legge, posto che tale deliberazione non ha inciso sulla disciplina urbanistica, limitandosi a rimuovere un limite temporale all’esercizio di una facoltà, già spettante ai proprietari di lotti inferiori al minimo, in conformità all’originaria previsione dell’art. 62 della Variante Generale del P.R.G..

Tra l’altro s’osserva che anche l’ultimo limite (quello del frazionamento intervenuto prima dell’adozione del P.R.G.) era stato eliminato, per i casi di “oggettiva e documentata impossibilità di ampliamento” e per i cd. “lotti minimi interclusi”, dalla citata deliberazione commissariale n. 265/99, che quindi, a fortori, aveva confermato la possibilità di edificare per quelli acquistati o frazionati prima dell’adozione della citata Variante Generale (tra i quali, per l’appunto, il lotto di proprietà della F. R. Costruzioni, frazionato il 24.07.67, com’è dimostrato dalla copia del tipo di frazionamento, versato in atti); quanto poi all’intervenuto annullamento della citata delibera, in sede d’autotutela, da parte del Consiglio Comunale, valgano le considerazioni svolte in precedenza circa la chiara volontà, da parte dell’Amministrazione Comunale di Taranto, di pervenire comunque, in tempi brevi, alla riadozione delle norme correttive ed integrative, contenute in detto provvedimento  commissariale.

Da quanto appena osservato deriva l’infondatezza anche del secondo motivo di ricorso; quanto al terzo, si rileva che lo stesso è intimamente legato ai primi due (essendo denunziata la carenza d’istruttoria, in cui sarebbe incorso il competente dirigente del comune di Taranto, per aver rilasciato la concessione edilizia, oggetto d’impugnativa, nonostante le illegittimità censurate in precedenza); sicché dall’infondatezza dei primi due motivi di ricorso non può che discendere l’irrilevanza anche del terzo.

In conformità a quanto espresso sinora, il ricorso in epigrafe deve essere respinto; quanto alle spese processuali, sussistono giusti motivi, per dichiararle interamente compensate tra le parti.                                   

P.Q.M.  

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Puglia, Sezione Prima di Lecce, definitivamente decidendo sul ricorso indicato in epigrafe (n. 2572/01);

respinge il ricorso;

dichiara le spese processuali interamente compensate tra le parti;

ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.     

Così deciso in Lecce, presso la Sede del Tribunale Amministrativo Regionale, nella camera di consiglio del 6 febbraio 2002.

 

Aldo Ravalli                                   Presidente

 

Paolo Severini -                                                                   Estensore