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TAR Bari 3823/2002 |
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ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso n.1329 del 1999 proposto da CUCCHIARELLI CARLA, DE NORA ELISABETTA, DE NORA ELENA, CUCCHIARELLI VALERIA, PRIORE ROSA, DE NORA MARIA TERESA, rappresentati e difesi dall’avv.Giuseppe Macchione, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Bari alla Corte Lamberti n.6, CONTRO COMUNE DI ALTAMURA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv.Luca Alberto Clarizio, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Bari alla Piazza Garibaldi, n.27, ed inoltre COMMISSARIO AD ACTA, per la formazione del P.R.G. di Altamura, nominato con delibera di G.R.Puglia n.624/13.3.1992, nella persona dell’Ing.Nicola Giordano, non costituito in giudizio, REGIONE PUGLIA, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, non costituita in giudizio, per l’annullamento della Variante generale di adeguamento del Piano Regolatore Generale del Comune di Altamura adottata con delibere del Commissario ad acta n.1 del 28.1.1993 e n.1 del 5.12.1997, approvata con delibera di Giunta regionale n.1194 del 29.4.1998 e pubblicata mediante affissione all’Albo Pretorio del Comune di Altamura in data 25.2.1999, nella parte in cui disciplina le aree in proprietà dei ricorrenti F3 (art.30 N.T.A.), nonché di ogni altro provvedimento a questi connesso, sia presupposto che consequenziale. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Altamura; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 24 aprile 2002, il I Ref. Maria Abbruzzese; Uditi gli avv.G.Macchione e L.A.Clarizio; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F
A T T O Con atto notificato e depositato rispettivamente il 6 ed il 25 maggio 1999 i ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe individuati chiedendone l’annullamento nella parte in cui attribuiscono alle aree in proprietà di essi ricorrenti destinazione F3 (art.30 N.T.A). Dette aree, poste a sud dell’abitato di Altamura (adiacenti la via Matera), contraddistinte in catasto terreni al F.162, dell’estensione di circa ventotto ettari, erano ricomprese nel previgente P.R.G. di Altamura in zona omogenea F, con destinazione a Parco urbano (F5) con la seguente disciplina di attuazione: “Le aree per i parchi pubblici sono destinate al tempo libero. In esse saranno curate le alberature esistenti e la posa a dimora di nuovi piantamenti. In queste zone potranno essere ubicate attrezzature per lo svago quali: chioschi, bar, giochi per bambini e attrezzature sportive e di allenamento, applicando i seguenti indici e parametri: -If.= Indice di fabbricabilità fondiaria = 0,05 mc./mq.; Q.= Rapporto massimo di copertura = 2%; H.= Altezza massima del fabbricato = 5 ml., salvo attrezzature speciali. Attrezzature e impianti di interesse collettivo pubblico e di uso pubblico” (art.27). Le stesse N.T.A. del previgente P.R.G. prevedevano inoltre, per tutte le zone F, che, “qualora dopo l’approvazione del P.R.G. dovesse decadere per un qualsiasi motivo il vincolo a servizio, le aree devono essere considerate residenziali di nuova espansione (di tipo C) con It.0,01 mc/mq.; H Altezza massima: ml.4,00”, con conseguente obbligo di lottizzazione”. Ritenendo decaduti i vincoli preordinati all’inedificabilità e/o all’esproprio per mancata attuazione nel quinquennio della previsione di P.R.G. da parte della mano pubblica, e sul presupposto della pedissequa reiterazione degli stessi vincoli nella impugnata variante di adeguamento del P.R.G. agli standards di cui al D.M. 2. aprile 1968, n.1444, nonché alle previsioni della L.R. Puglia n.56/80, i ricorrenti proponevano il ricorso in esame nel quale deducevano: 1) Violazione art.7, nn.2), 3) e 4), art.30 L.17 agosto 1942 n.1150; art.2, primo comma, L.19 novembre 1968, n.1187; art.42 terzo comma, art.97 Costituzione: le disposizioni urbanistiche impugnate determinano un limitazione della possibilità di sfruttamento edilizio o della facoltà di disposizione e godimento dei fondi in relazione alla loro normale destinazione economica tale da realizzare l’effetto espropriativo di valore senza la previsione di adeguati mezzi di ristoro (indennizzo) e delle provviste finanziarie a ciò destinate, nonché del criterio di determinazione dell’indennizzo medesimo; 2) Violazione dell’art.40 N.T.A. P.R.G. previgente; eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione in relazione al principio del consolidato affidamento, per contraddittorietà manifesta e per sviamento: in seguito alla intervenuta inefficacia per scadenza del quinquennio del vincolo di sostanziale inedificabilità impresso dal previgente P.R.G. alle aree di proprietà dei ricorrenti, la variante reitera sostanzialmente la originaria previsione limitativa dello ius aedificandi, imprimendo ad esse la destinazione di Parco Urbano (F3), nell’ambito della più generale tipizzazione di Zona territoriale omogenea F, senza alcuna motivazione in ordine alla lesione dell’affidamento ingenerato nei privati dalla disciplina programmatoria dell’art.40 del previgente P.R.G. (che, in ordine alle aree per le quali sia intervenuta decadenza del vincolo di inedificabilità, prevede la loro destinazione a zona di espansione), sia in ordine alla previsione stessa delle zona F, di carattere facoltativo e non già obbligatorio; 3) Violazione art.4, art.7 e art.41 quinquies L.17 agosto 1942 n.1150, art.1, ar.2, art.3 e art.4 n.5), D.M.2 aprile 1968. Eccesso di potere per difetto di motivazione, travisamento dei presupposti, sviamento: la variante non fornisce alcuna motivazione in ordine all’attualità ed al fondamento dell’esigenza di dotare il territorio di attrezzature pubbliche del tipo di quelle previste nelle aree di proprietà della ricorrente, e in violazione di quanto espressamente richiesto dall’art.4, n.5), d.m.2 aprile 1968, trattandosi di variante generale del P.R.G. finalizzata esclusivamente all’adeguamento del P.R.G. agli standards ed al dimensionamento delle previsioni insediative in rapporto ad un periodo di 15 anni e all’adeguamento della normativa di attuazione del Piano alle intervenute modifiche nella legislazione nazionale e regionale; d’altra parte il rapporto minimo tra spazio ed abitanti previsto con riferimento alle zone omogenee di tipo F (art.4, d.m.2 aprile 1968) deve essere rispettato soltanto “quando risulti l’esigenza di prevedere le attrezzature stesse” (art.4, n.5); dunque la previsione di zona omogenea di tipo F non è obbligatoria, necessitando una congrua motivazione in caso di scelta intesa alla sua istituzione; 4) Violazione dell’art.51, L.R. Puglia 31.5.1980, n.56. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei presupposti, difetto di motivazione, violazione del principio di affidamento, contraddittorietà in relazione ai contenuti della delibera G.R.n.6320/13.11.1989: il Commissario ad acta, nel riproporre per alcune aree le tipizzazione di zona omogenea F, ha travalicato i limiti della sua potestà essendo esclusa nella specie la possibilità di esercitare il potere di zonizzazione, stante la limitata funzione della variante generale, peraltro esattamente individuata dalla stessa Giunta regionale nella delibera n.6320/1989; d’altra parte la mancata utilizzazione delle aree già destinate ad uso collettivo dal previgente strumento urbanistico, fa chiaramente intendere ex post il venir meno delle esigenze stesse; 5) Violazione art.4, art.7 e art.41 quinquies L.17 agosto 1942 n.1150, art.1, art.2, art.3 e art.4, n.5 D.M.2 aprile 1968. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti, sviamento: va censurata l’indeterminatezza e/o l’inadeguatezza delle previsioni impugnate (art.30 e 31 N.T.A.) sotto il profilo della mancata o insufficiente indicazione delle modalità di attuazione delle attrezzature deputate a corrispondere in concreto alla esigenza (indimostrata) della collettività di dotarsi delle stesse anche con riguardo alla necessità di adeguata copertura finanziaria. Concludevano per l’accoglimento del ricorso. Si costituiva il Comune di Altamura che chiedeva respingersi il ricorso deducendo che i suoli de quibus non erano affatto interessati da vincoli di natura espropriativa e conseguendone l’infondatezza di tutti i rilievi esposti. Le parti depositavano documenti e memorie. All’esito della pubblica udienza del 24 aprile 2002, il Collegio riservava la decisione in camera di consiglio. DIRITTO I ricorrenti impugnano la variante generale al P.R.G. di Altamura, approvata con gli atti in epigrafe individuati, nella parte in cui destina alcune aree in loro proprietà F3. L’impugnativa si sostanzia nella dedotta reiterazione di vincoli di natura espropriativa o comunque di inedificabilità, posto che già nel previgente P.R.G. le medesime aree erano interessate da vincoli a servizi (zona F), poi decaduti; da una parte era censurata appunto la reiterazione del vincolo, non motivata nè indennizzata (I motivo), dall’altra la imposizione di vincoli peggiorativi della situazione creata per effetto dell’intervenuta decadenza dei precedenti vincoli imposti, con riferimento alla disposizione contenuta nell’art.40 delle NTA del previgente P.R.G. per effetto del quale le aree interessate da vincoli decaduti erano da considerarsi residenziali di espansione (C), sia pure con indici di fabbricabilità assai ridotti (II motivo e IV motivo, sub B), peraltro in assoluta carenza di potere di zonizzazione in capo al Commissario ad acta, posto che la variante era destinata esclusivamente all’adeguamento agli standards, al dimensionamento delle previsioni insediative ed all’adeguamento della normativa di attuazione del Piano e stante la facoltatività della previsione delle zone F (III motivo e IV motivo, sub A), in ogni caso la genericità delle norme attuative (V motivo). Va precisato che le aree di proprietà dei ricorrenti, a seguito dell’approvazione della variante generale al P.R.G., ricadono nella zona F3, destinata a Parco urbano (F3), regolata dall’art.30 della N.T.A. In base alla citate disposizioni, le zone F3 risultano così disciplinate: “art.30 N.T.A.: “Le aree per i parchi pubblici sono destinate al tempo libero. In esse saranno curate le alberature esistenti e la posa dimora di nuovi piantamenti. In queste zone potranno essere ubicate attrezzature per lo svago quali chioschi, bar, giochi per bambini e attrezzature sportive e di allenamento ....Le aree possono essere sia di proprietà sia pubblica che privata, in tal caso l’uso pubblico va garantito da apposita convenzione. E’ consentito altresì ubicare attrezzature sportive e di allenamento....”. Orbene, ritiene il Collegio che la destinazione impressa con le disposizioni sopra indicate non costituisca affatto vincolo di natura espropriativa e/o di inedificabilità, ma mera zonizzazione, che consente ai privati proprietari l’uso del bene conforme alla sua destinazione. In particolare, la mera lettura delle NTA, sopra testualmente riportate, consente di ritenere che i privati possono utilizzare i propri beni realizzando le strutture consentite secondo le modalità indicate e senza riserva della facoltà di utilizzazione alla sola mano pubblica. Ne discende che è anzitutto infondato il primo motivo di ricorso, non essendo necessaria alcuna motivazione o previsione di indennizzo non trattandosi di “reiterazione” di vincoli. Con il secondo motivo di ricorso, i ricorrenti deducono che le aree in loro proprietà, per effetto dell’intervenuta decadenza dei vincoli precedentemente imposti sulle aree de quibus dal previgente P.R.G., risultavano oramai tipizzate come aree residenziali di espansione (C1), onde la previsione della variante si pone come peggiorativa rispetto alla precedente situazione, dunque, per un verso, necessitante di idonea motivazione e, per l’altro, comunque esulante dal potere del Commissario ad acta limitato al mero adeguamento del P.R.G. agli standards di legge, evidentemente non comprensivo del potere di zonizzazione. Orbene, alla stregua della destinazione di zona impressa dal previgente P.R.G., le aree dei ricorrenti risultavano zonizzate Parco urbano (F5), disciplinata dall’art.27 NTA. In particolare l’art.27 (Parco urbano) consentiva: “Le aree per i parchi pubblici sono destinate al tempo libero. In esse saranno curate le alberature esistenti e la posa a dimora di nuovi piantamenti. In queste zone potranno essere ubicate attrezzature per lo svago quali: chioschi, bar, giochi per bambini e attrezzature sportive e di allenamento...Attrezzature ed impianti di interesse collettivo pubbliche o di uso pubblico”. Ritiene il Collegio che anche le disposizioni sopra riportate non contengano alcun vincolo di natura espropriativa ma siano viceversa anch’esse di natura conformativa, consentendo l’utilizzo del bene in conformità con la destinazione urbanistica, ben potendo costituire oggetto di iniziative, pur concernenti opere a destinazione pubblica, tuttavia suscettibili di realizzazione (e di utilizzazione) in regime di libera economia di mercato. Orbene, stante la natura conformativa del vincolo sopra indicato, per lo stesso non può, in via principale, ritenersi applicabile la norma di piano (art.40) che prevede che “Per tutte le zone F, aree destinate ai servizi urbani di quartiere, qualora dopo l’approvazione del P.R.G. dovesse decadere per qualsiasi motivo il vincolo a servizio, le aree devono essere considerate residenziali di nuova espansione (di tipo C) con It.0,01 mc./mq; H.Altezza massima: ml. 4,00”. Detta norma invero presuppone, per la sua concreta applicabilità, che le aree siano interessate da vincoli espropriativi, ma non già che tutte le aree a servizi, ivi comprese quelle di proprietà dei ricorrenti, siano soggette a detta disciplina. A conforto di tale interpretazione sta la stessa formulazione generica e del tutto ipotetica della disposizione. E’ dunque infondato il secondo motivo di ricorso, incentrato, come sopra detto, sulla presunta previsione peggiorativa impressa dalla variante di adeguamento rispetto ad una situazione di fatto ingenerata per effetto della sopraritenuta inesistente decadenza dei vincoli e ciò perché non si è affatto verificata la condizione per l’applicazione della disposizione transitoria e cioè l’intervenuta decadenza del vincolo, come detto di natura meramente conformativa. Sotto diverso profilo, la disposizione transitoria sopra citata (art.40), in forza della quale, come detto, “le aree devono essere considerate residenziali di nuova espansione (di tipo C) con It.0,01 mc./mq; H.Altezza massima: ml. 4,00”, non comporta affatto che le aree eventualmente interessate dalla intervenuta decadenza del vincolo siano tipizzate come residenziali di nuova espansione, ma solo che “debbano essere considerate” tali, in via transitoria e nelle more di una nuova e necessaria tipizzazione. Del resto, le possibilità edificatorie consentite dalla citata disposizione transitoria sono talmente limitate da ricondurre la fattispecie alla esplicita norma di salvaguardia di cui all’art.4 della L.10/77, che, com’è noto, non comporta affatto la trasformazione in senso espansivo residenziale della zona bianca, ma solo ne consente un limitatissimo sfruttamento in attesa di nuova regolamentazione. Anche sotto tale profilo, è infondata la censura basata sull’assunto “peggioramento” della destinazione impressa. E’ altresì infondato il terzo motivo di ricorso, incentrato sulla particolare natura delle zone F, la previsione delle quali, secondo i ricorrenti, dovrebbe essere puntualmente motivata, trattandosi di zone facoltative e non obbligatorie, da istituirsi “quando risulti l’esigenza di prevedere le attrezzature stesse “ (art.4, n.5, d.m.4. aprile 1968). Orbene, la natura della variante in esame, correttamente individuata dai ricorrenti come di “adeguamento” agli standards imposti dalla legge nazionale e dalla L.R.56/80, effettivamente esclude che possano essere modificate le direttive di politica di piano già individuate in sede di pianificazione generale. Tale principio, che i ricorrenti pongono a fondamento della propria prospettazione, risulta tuttavia esattamente osservato ed applicato dai redattori del piano. In particolare, dalla relazione preliminare – Punto 1, in sede di esame delle osservazioni (cfr. Produzione Comune di Altamura, sub 8), si evince con chiarezza che “Le variazioni apportate dal Progetto di Adeguamento al P.R.G. vigente sono preordinate a finalità di interesse pubblico non sempre coincidenti con le aspettative dei proprietari delle aree”, tanto con riferimento al ridimensionamento delle previsioni residenziali alla stregua del calcolato fabbisogno edilizio ed alla riduzione delle capacità edificatorie delle aree residenziali, oltre che al dimensionamento delle zone produttive, derivante dalla necessità, calcolata, di soddisfare il fabbisogno di tale settore, “che costituisce la logica attuazione dei principi informatori del Progetto di Adeguamento e della quale rappresenta una conseguenza indiretta”. Continua la relazione che “il Progetto di Adeguamento viene assunto in un provvedimento che può modificare le previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, e per la cui legittimità, oltre al rispetto delle norme procedurali, occorre, in via generale, solo una adeguata motivazione e ponderazione delle circostanze che ne hanno reso necessaria la adozione”. Dunque, secondo i redattori del piano, la modifica delle previsioni del P.R.G. può intervenire con la variante solo se coerente con le necessità pubbliche che impongono il medesimo adeguamento (dimensionamento alla luce del ricalcolato fabbisogno), e diversamente le stesse non sarebbero giustificate, sostanziandosi in una indebita modifica delle politiche di piano concretate nel previgente strumento. In ordine alla destinazione a servizi, in particolare, “la presa d’atto della destinazione originaria per le aree a servizio costituisce un effetto continuativo delle scelte urbanistiche già effettuate e perciò le osservazioni che ad essa si oppongono non sono controdeducibili con specifica motivazione”. In sostanza, nessun potere di riesercitare il potere pianificatorio espresso nell’originario piano ritiene di dover esercitare il pianificatore in adeguamento, con ciò coerentemente e ragionevolmente tenendo ferme le destinazioni a servizi già impresse nel piano precedente e cioè tutte le zone F, ivi comprese quelle interessanti le proprietà dei ricorrenti. Deve inoltre osservare il Collegio che men che mai avrebbe potuto il pianificatore in adeguamento imprimere alle aree de quibus la destinazione residenziale auspicata in presenza di una generale esigenza di “ridimensionamento delle previsioni insediative” che ha addirittura portato alle riduzione degli indici di edificabilità per le aree già residenziali. Sono pertanto infondati il terzo ed il quarto motivo di ricorso. Con il quinto motivo, i ricorrenti censurano l’indeterminatezza e/o l’inadeguatezza delle previsioni impugnate (artt.30 e 31 N.T.A.) sotto il profilo della mancata o insufficiente indicazione delle modalità di attuazione delle attrezzature deputate a corrispondere in concreto alla “indimostrata esigenza della collettività di dotarsi delle stesse, avendo anche riguardo ad una adeguata copertura finanziaria”. Il motivo è per più versi inammissibile, oltre che infondato. Ed invero, posto che l’attuazione delle previsioni di piano può avvenire, come detto, anche ad iniziativa del privato, la mancata specifica indicazione delle strutture da realizzare va a tutto vantaggio del privato medesimo, che può optare tra le diverse strutture compatibili con la generica norma di piano, E’ poi del tutto evidente che la mancanza di vincolo espropriativo non impone alcuna indicazione di copertura finanziaria. Il ricorso va in conclusione respinto. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione II, pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo respinge. Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 24 aprile 2002, con l’intervento dei Magistrati: Michele PERRELLI - Presidente Vito MANGIALARDI - Componente Maria ABBRUZZESE - Componente est. |