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TAR Bari 3817/2002

     

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA PUGLIA

Sede di Bari - Sezione Seconda

ha pronunciato la seguente

 

S E N T E N Z A

 

sul ricorso n. 1220/99 proposto Pignatelli Giacomo e Notario Concetta, rappresentati e difesi dagli avv.ti Raffaele Padrone e Anna Lillo ed elettivamente domiciliati in Bari, alla via Venezia n. 14, presso lo studio legale dell’avv. Paparella);

contro

Comune di Altamura, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Felice Eugenio Lorusso ed elettivamente domiciliato in Bari alla via Giovanni Amendola, n. 165/5;

Regione Puglia, in persona del suo Presidente p.t., non costituita;

per l’annullamento

-del Piano Regolatore Generale del Comune di Altamura adeguato alla legge R.P. n. 56 del 1980 approvato con deliberazione di G.R. del 29 aprile 1998, n. 1194 (nei limiti dell’interesse dei ricorrenti);

-degli atti del procedimento di formazione del predetto piano, ivi comprese le deliberazioni commissariali nn. 1/93, 1/94 e 1/97 (nei limiti dell’interesse dei ricorrenti);

-di ogni altro atto comunque connesso, sia presupposto che conseguenziale;

 Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti tutti della causa;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Altamura;

Relatore designato il magistrato Giuseppe Rotondo;

Uditi all’udienza del 24 aprile 2002 gli avv.ti Raffaele Padrone, Anna Lillo ed Eugenio Felice Lorusso;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

FATTO

Con atto notificato il  30 aprile – 4 maggio 1999 e depositato il successivo giorno 12, i ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe.

Questi i motivi del ricorso:

1)     violazione del principio del divieto dell’efficacia “sine die” dei vincoli;

2)     violazione e falsa applicazione del D.M. n. 1444 del 1968 e dell’art. 42 della Costituzione;

3)     illegittimità degli artt. 30 e 31 delle N.T.A.;

4)     eccesso di potere sotto vari profili;

5)     violazione e falsa applicazione della convenzione per la salvaguardia dei diritto dell’uomo.

Si è costituito il Comune di Altamura che chiede il rigetto del ricorso perché inammissibile ed infondato.

Con memorie depositate il 12 e 13 aprile 2002 le parti insistono nelle rispettive tesi difensive

All’udienza del 24 aprile 2002 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Decisivo e dirimente è l’accertamento della natura, espropriativa o conformativa, del vincolo impresso dal P.R.G. del Comune di Altamura sul suolo dei ricorrenti.

Sostengono gli interessati, che la reiterazione della destinazione urbanistica di zona come F3 (Parco Urbano) ed F4 (zona per attrezzature sportive e di spettacolo), siccome impressa sui suoli in proprietà con l’impugnato Piano, è illegittima in quanto, per un verso, si risolve in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà - attesa peraltro la circostanza che il vincolo si è protratto per oltre 15 anni -; per l’altro, l’Amministrazione intimata avrebbe dovuto dimostrare la necessità del perdurare dell’interesse pubblico che solo potrebbe giustificare il sacrificio della proprietà privata.

Asseriscono, altresì, la violazione del D.M. n. 1444 del 1968 in quanto le relative previsioni (possibilità che l’intervento venga attuato nelle zone F) per iniziativa sia pubblica che privata) resterebbero sostanzialmente eluse per effetto della disciplina di secondo livello contemplata negli artt. 30 e 31 delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano.

Il ricorso è infondato.

La palese infondatezza consente al Collegio di prescindere dal previo esame della eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune resistente e fondata sul difetto di interesse ad agire dei ricorrenti.

Ed invero, secondo l’insegnamento della Corte Costituzionale e l’orientamento della giurisprudenza amministrativa che questa Sezione ritiene di condividere, ai vincoli preordinati all’esproprio vanno equiparate solo quelle limitazioni tali da svuotare il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul godimento del bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile in rapporto alla destinazione e alla natura del bene stesso o determinando il venir meno (o una penetrante incisione) del suo valore di scambio; mentre le altre limitazioni all'attività edilizia, che non sono preordinate all'espropriazione e che consentono al titolare del bene di utilizzarlo (anche in forma di convenzionamento con la P.A., come nel caso in esame), non costituiscono altro che espressione del potere di pianificazione, diretto alla zonizzazione del territorio comunale al fine di programmare l’ordinato sviluppo delle aree abitate e di salvaguardare i valori urbanistici ed ambientali esistenti.

Deve escludersi, quindi, che la destinazione delle aree ad “attrezzatura sportiva e di spettacolo”, nonché a “parco urbano” (quale risulta impressa al suolo dei ricorrenti) possa configurare un vincolo preordinato all’esproprio (e dunque di durata quinquennale); infatti, non sussistendo alcun impedimento a che alle necessità collettive ivi perseguite (realizzazione degli impianti) si provveda mediante soluzioni diverse da quelle proprietarie, il vincolo può ricomprendersi tra quelli che, secondo la decisione della Corte cost. n. 179 del 1999, importano una destinazione realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata: ciò significa che la destinazione di Piano come F3) ed F4) comporta l’attribuzione al suolo di una vocazione edificatoria, sia pure specifica, la cui realizzazione è attuabile anche da privati. Pertanto, la relativa previsione tipologico-urbanistica non costituisce vincolo (sostanzialmente) preordinato all’espropriazione né comportante l’inedificabilità assoluta, trattandosi invece di una prescrizione diretta a regolare concretamente l’attività edilizia, in quanto inerente alla potestà conformativa propria dello strumento urbanistico, la cui validità è a tempo indeterminato (di qui, l’ulteriore inconfigurabilità di una qualsivoglia ipotesi di indennizzo e l’infondatezza del relativo motivo di ricorso).

Ne consegue l’infondatezza dei motivi di gravame in fatto rubricati sub 1, 2, 4 e 5.

Né ha pregio l’affermazione, invero neppure dimostrata in punto di fatto, secondo cui la possibilità di intervento diretto da parte del privato è soltanto formale poiché gli artt. 30 31 delle N.T.A. avrebbero imposto funzioni e destinazioni tali che la stessa sarebbe stata consentita, in pratica, soltanto all’amministrazione.

Le impugnate norme, infatti, prevedono precisi indici di fabbricabilità per gli interventi da realizzare nelle zone in questione.

Orbene, rientra nella sfera di attribuzioni proprie e riservate dell’amministrazione, non sindacabile in sede giurisdizionale ove gli atti di esercizio del relativo potere risultino immuni da censure di illogicità ed irragionevolezza, stabilire la capacità edificatoria di una zona nonché le modalità di utilizzazione e di sfruttamento fondiario di una determinata area omogenea di Piano in vista di una coerente ed ordinata gestione del territorio ai fini urbanistici.

In ordine al prospettato vizio del difetto di motivazione, dirimente è la considerazione che le scelte di programmazione urbanistica operate dall'Amministrazione, con cui si confermano destinazioni preesistenti di carattere eminentemente conformativo operate con precedenti atti di pianificazione (come nel caso in esame), non richiedono, a differenza di quelle a contenuto espropriativo e/o tali da svuotare del tutto di contenuto il diritto di proprietà, una specifica motivazione che non sia quella che si può evincere dai criteri stessi di ordine tecnico-urbanistico che hanno ispirato la formazione del Piano.

Le considerazioni che precedono inducono, dunque, alla reiezione del ricorso.

La mancata costituzione in giudizio della Regione Puglia esime il Collegio dalla pronuncia sulle spese di lite nei confronti dell’Amministrazione regionale.

Le spese di lite relative al giudizio istauratosi tra i ricorrenti ed  il Comune di Altamura, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sede di Bari - Sezione II, respinge il ricorso n. 1220/99 proposto da Pignatelli Giacomo e Notario Concetta, meglio in epigrafe specificato.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Altamura che si liquidano in complessivi € 1.000,00 (euromille/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 24 aprile 2002, con l’intervento dei Magistrati:

Michele           PERRELLI                  Presidente

Vito                 MANGIALARDI        Componente

Giuseppe         ROTONDO                Componente, Est.