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TAR Bari 3816/2002 |
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sul ricorso n. 2822/98
proposto da Perniola Maria
Francesca, rappresentata e difesa dagli avv.ti Annalisa
Agostinacchio e Salvatore Basso ed elettivamente domiciliata nello
studio degli stessi in Bari al C.so Mazzini n. 83; contro Comune
di Altamura, in persona del suo legale rappresentante, rappresentato e difeso
dall’avv. Loreto De Stefano ed elettivamente domiciliato presso lo
studio dell’avv. omerico Cea in Bari alla via A. Gimma, n. 180; Regione
Puglia,
in persona del suo legale rappresentante p.t., non costituita; per
l’annullamento nei limiti dell’interesse della ricorrente, degli
atti comunali e regionali di adozione ed approvazione del P.R.G. del
Comune di Altamura con riferimento alla deliberazione della G.R. Puglia
n. 1194 del 29/4/98 e le deliberazioni del Commissario ad acta di
adozione nn. 1/93, 1/94 e 1/97; nonché, il risarcimento del danno ai sensi del D. L.vo n. 80 del 1998; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune
di Altamura; Relatore designato il magistrato Giuseppe Rotondo; Uditi
all’udienza del 24 aprile 2002 l’avv. Ritenuto
in fatto e considerato in diritto: FATTO Con atto notificato il 3 novembre 1998 e
depositato il successivo giorno 25, la ricorrente impugna gli atti in
epigrafe. Questi i motivi di ricorso: 1)
violazione e falsa
applicazione dell’art. 7, della L. n. 1150, del 1942 e dell’art. 14,
della legge R.P. n. 56, del 1980; nonché eccesso di potere sotto
molteplici profili e sviamento di potere; 2)
illegittimità dell’art. 30 delle N.T.A., nonché violazione e
falsa applicazione del D.M. n. 1444/68, della L. n. 1187 del 1968 e
dell’art. 42 della Costituzione. La ricorrente chiede l’accoglimento del
ricorso con la condanna del Comune al risarcimento del danno
conseguenziale. Si è costituito il Comune di Altamura
chiedendo il rigetto del ricorso. Con memoria depositata il 12 aprile 2002 la
ricorrente insiste per l’accoglimento del gravame. All’udienza del 24 aprile 2002 il ricorso
è stato trattenuto per la decisione. DIRITTO La questione portata all’esame del
Collegio involge la verifica di legittimità della determinazione
amministrativa con la quale il Comune di Altamura, nell’approvare il
progetto di adeguamento del P.R.G. alla legge n. 56 del 1980, ha
tipizzato l’area della ricorrente come F3 -
Parco Urbano. Sostiene l’interessata, che
illegittimamente l’Amministrazione comunale ha imposto il vincolo di
destinazione sull’intera area senza considerare che le finalità
pubbliche “risulteranno impossibili da realizzarsi per un’ineludibile
preesistente situazione di fatto” (presenza di un opificio
all’interno dell’area di proprietà della stessa ricorrente). Ed invero, le emissioni dei frantoi oleari
sono comprese tra le emissioni inquinanti industriali. La tipizzazione, inoltre, impedirebbe ogni
e qualsiasi sviluppo dell’attività di impresa esistente: pertanto, la
previsione è illegittima per difetto di motivazione in quanto ripropone
il vincolo di cui al vecchio P.R.G. senza una espressa e specifica
motivazione ancorata alla particolarità del sacrificio imposto. La ricorrente, inoltre, asserisce che il
vincolo siccome imposto ha natura sostanzialmente espropriativa ed è
soggetto, quindi, al limite temporale di efficacia quinquennale ed
all’obbligo di indennizzo. Infine, sostiene che è illegittima
l’imposizione al privato del convenzionamento con la P.A. per la
realizzazione degli interventi assentibili nella zona F3 di Piano. Osserva il Collegio che la destinazione a
parco pubblico, impressa dal piano regolatore su un’intera zona e non
su singoli beni determinati (come nel caso di specie), costituisce un
vincolo di zonizzazione, espressione di potestà conformativa e non
espropriativa, con la conseguenza che deve ritenersi per esso esclusa
l’applicazione del limite temporale di efficacia stabilito per i
vincoli a contenuto espropriativo dall'art. 2 L. 19 novembre 1968 n.
1187 (cfr. TAR Campania – NA- n. 132 del 19/1/98). Ed invero, secondo l’insegnamento della
Corte Costituzionale e l’orientamento della giurisprudenza
amministrativa che questa Sezione ritiene di condividere, ai vincoli
preordinati all’esproprio vanno equiparate solo quelle limitazioni
tali da svuotare il contenuto del diritto di proprietà, incidendo sul
godimento del bene tanto profondamente da renderlo inutilizzabile in
rapporto alla destinazione e alla natura del bene stesso o determinando
il venir meno (o una penetrante incisione) del suo valore di scambio;
mentre le altre limitazioni all'attività edilizia, che non sono
preordinate all'espropriazione e che consentono al titolare del bene di
utilizzarlo (anche in forma di convenzionamento con la P.A.), non
costituiscono altro che espressione del potere di pianificazione,
diretto alla zonizzazione del territorio comunale al fine di programmare
l’ordinato sviluppo delle aree abitate e di salvaguardare i valori
urbanistici ed ambientali esistenti. Ne consegue, per un verso, che la norma
impugnata dalla ricorrente non ha affatto introdotto un vincolo
preordinato all’esproprio o sostanzialmente espropriativo; per
l’altro, che la prescrizione del previo convenzionamento con la P.A.
per la realizzazione degli interventi in zona F3 – Parco Urbano- non
impedisce affatto l’iniziativa privata di cui al D.M. n. 1444/68, bensì,
ha il precipuo scopo di indirizzare l’attività medesima al
raggiungimento (anche e contestuale) delle finalità di interesse
collettivo sottese alla destinazione di zona. Va, pertanto, respinto il secondo motivo di
ricorso. Asserisce la ricorrente che la preesistenza
dell’opificio rende impossibile il perseguimento in concreto della
destinazione pubblica prevista dall’art. 30 delle N.T.A. di Piano.
L’impossibilità di raggiungere lo scopo risulta dalla circostanza che
le emissioni del frantoio oleario sono (rectius, sarebbero) inquinanti. In disparte ogni considerazione
sull’ammissibilità a far valere in giudizio un interesse fondato sul
riconoscimento di una propria (presunta) condotta illecita
(inquinamento), ciò che rileva è la circostanza che la presenza
dell’opificio non è, ex sé, – fatte salve, beninteso, le separate
valutazioni di carattere ambientale - di ostacolo (preesistenza di una
situazione di fatto) al raggiungimento delle finalità pubbliche, attesa
l’ampiezza dell’area interessata dalla zonizzazione (superficie
minima di intervento 30.000 mq.). Si duole, infine, la ricorrente che la
tipizzazione impedendo ogni e qualsiasi sviluppo dell’attività di
impresa, avrebbe dovuto recare una specifica motivazione. Sul punto giova rilevare che la
destinazione di zona a servizi Parco Urbano era presente già nel
precedente Piano regolatore (cfr. pag. 4 del ricorso). Essa, quindi, è
stata riproposta in sede di adeguamento dello Strumento alle norme
urbanistiche regionali (legge n. 56 del 1980). Ebbene, anche alla stregua delle
considerazioni sopra svolte in sede di esame del secondo motivo di
ricorso (l’inversione di trattazione s’è resa all’uopo
opportuna), osserva il Collegio che le scelte urbanistiche e, in
particolare, quelle attinenti alla destinazione di zona, in quanto
espressione di un ampio potere discrezionale, non necessitano – di
regola, salvo situazioni di affidamento ingenerate nel privato dalla
stessa amministrazione) - di motivazioni ulteriori rispetto a quelle che
si possono evincere dai criteri di ordine tecnico-urbanistico. In particolare, le scelte di programmazione
urbanistica operate dall'Amministrazione con cui si confermano
destinazioni preesistenti - di carattere eminentemente conformativo -
operate con precedenti atti amministrativi (come nel caso in esame) non
richiedono, a differenza di quelle a contenuto espropriativo e/o tali da
svuotare di contenuto il diritto di proprietà, una specifica
motivazione (cfr. TAR Lombardia – MI – n. 2115/98). Ne consegue che anche l’esaminato motivo
di gravame è infondato. In conclusione, deve essere disposta la
reiezione del ricorso. La mancata costituzione in giudizio della
Regione Puglia esime il Collegio dalla pronuncia sulle spese di lite nei
confronti dell’Amministrazione regionale. Le spese processuali relative al giudizio
instauratosi con il costituito Comune di Altamura, liquidate in
dispositivo, seguono la soccombenza.
Il
Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sede di Bari - Sezione
II, respinge il ricorso n. 2822/98
proposto da Perniola Maria
Francesca e meglio in epigrafe specificato. Condanna
Perniola Maria Francesca al pagamento, in favore del Comune di Altamura,
delle spese di giudizio che si liquidano in complessivi € 1.500,00
(euromillecinquecento/00). Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Bari nella Camera di
Consiglio del 24 aprile 2002, con l’intervento dei Magistrati: Michele
PERRELLI
Presidente Vito
MANGIALARDI
Componente Giuseppe
ROTONDO
Componente, Est. |