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TAR Bari 3814/2002 |
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sul
ricorso n. 1748/98 proposto
da Diomede Nicola,
rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Gallo ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dello stesso in Bari alla via Argiro, n.
117; contro Comune di
Altamura, in persona del
suo legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv. Luca
Alberto Clarizio, ed elettivamente domiciliato presso il di lui studio
in Bari, P.za Garibaldi n. 27; Regione
Puglia, in persona del suo
legale rappresentante p.t., non costituita; per
l’annullamento -della
deliberazione della G.R. Puglia n. 1194 del 29 aprile 1998; -delle
deliberazioni del Commissario ad acta n. 1/93, n. 1/94 e n. 1/97, nei
limiti dell’interesse del ricorrente, nella parte in cui è stata
variata l’originaria destinazione urbanistica dell’area su cui
preesiste un immobile di proprietà del ricorrente in via Matera n. 2/D,
da zona B1) a zona S2A) – Servizi di Quartiere -. Visto
il ricorso con i relativi allegati; Visti
gli atti tutti della causa; Relatore
designato il magistrato Giuseppe Rotondo; Uditi all’udienza
del 24 aprile 2002 gli avv.ti Giuseppe Gallo e Luca Alberto Clarizio; Ritenuto in fatto e
considerato in diritto: FATTO Con atto notificato il 21 – 22 luglio 1998
e depositato il successivo giorno 28, il ricorrente impugna gli
epigrafati atti. Deduce i seguenti motivi di ricorso: 1)
violazione falsa applicazione dell’art. 14, della legge R. P.
n. 56, del 1980 con riferimento agli artt. 4 e 7 della legge n. 1150 del
1942; 2)
eccesso di potere sotto vari profili; 3)
violazione e falsa applicazione dell’art. 6, del D.M. n. 1444
del 1968; 4)
violazione e falsa applicazione dell’art. 2, della legge n.
1187 del 1968 con riferimento all’art. 4, della legge n. 10del 1977; 5)
sviamento di potere. Con memoria depositata l’11 aprile 2002 il ricorrente
insiste per l’accoglimento del ricorso. Si è costituito, in data 17 aprile 2002, il Comune di
Altamura chiedendo la reiezione del gravame in quanto inammissibile ed
infondato. All’udienza del 24 aprile 2002 il ricorso è trattenuto
per la decisione. DIRITTO La questione involge lo scrutinio di legittimità delle
previsioni urbanistiche di P.R.G. del Comune di Altamura limitatamente
all’inclusione dell’area del ricorrente nella zona S2A – Servizi
di quartiere-. Lamenta l’interessato che la prefata zona S2A) è stata
individuata sulla sola area su cui insiste l’immobile del ricorrente,
che ricomprende un intero isolato (nel vecchio Piano contemplata come
B1), e non su altre aree limitrofe, che hanno conservato le originarie
destinazioni. Di qui i dedotti vizi di difetto di motivazione ed eccesso
di potere. Asserisce, altresì, l’avvenuta violazione della
legislazione urbanistica in quanto la preesistenza dell’immobile
sull’area in questione, oltre a rendere impossibile la realizzazione
delle finalità pubbliche, costituisce un limite all’esercizio del
potere amministrativo di imprimere una diversa e particolare
destinazione al bene. Sostiene, quindi, che con la censurata zonizzazione
l’Amministrazione intimata solo fittizziamente ha rispettato gli
standard imposti dalla legge per i servizi pubblici. L’ineludibile preesistenza di una situazione di fatto
(suolo già per intero edificato) renderebbe, peraltro, illogica e
contraddittoria la disposizione dell’art. 45, delle N.T.A. nella parte
in cui prescrive che “qualora, dopo l’approvazione del P.R.G.,
dovesse decadere per qualsiasi motivo il vincolo a servizio le aree
devono essere sottoposte al regime previsto dall’art. 4, della L. n.
10/77”. Preliminarmente, osserva il Collegio, occorre rilevare che
l’immobile in questione (ricadente sul suolo con destinazione
di piano S2A –servizi –) è attualmente utilizzato come sede
di Istituto Bancario. In limine, va poi osservato che il vincolo imposto sul
suolo del ricorrente non ha natura e contenuto espropriativo, bensì,
carattere eminentemente conformativo. Ed invero, deve escludersi che la destinazione delle aree a
“servizi di quartiere” (quale risulta essere quella impressa sul
suolo dei ricorrenti) possa configurare un vincolo preordinato
all’esproprio (e dunque di durata quinquennale, come invece prospetta
il ricorrente – cfr. pag. 9 del ricorso); infatti, non sussistendo
alcun impedimento a che alle necessità collettive ivi perseguite
(localizzazione di attrezzature di interesse comune, amministrativo,
commerciale, ecc…) si provveda mediante soluzioni diverse da quelle
proprietarie, il vincolo può ricomprendersi tra quelli che, secondo la
decisione della Corte Cost. n. 179 del 1999, importano una destinazione
realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata: ciò
significa, per un verso, che la destinazione di Piano come S2A) comporta
l’attribuzione al suolo di una vocazione edificatoria, sia pure
specifica, la cui realizzazione è attuabile anche da privati; per
l’altro, che il vincolo in questione è a tempo indeterminato. Le considerazioni che ne seguono inducono ad un riscontro
positivo di sostanziale rispondenza tra la destinazione di zona impressa
al suolo (servizi di
quartiere: attività amministrative e commerciali) e la preesistente
situazione fattuale (utilizzazione della medesima area per il
perseguimento di finalità di interesse generale: nella specie, servizi
bancari - con riguardo specifico all’attività commerciale di
intermediazione del credito-). Sicché, correttamente
l’Amministrazione, (stabilizzando una situazione preesistente con
l’imposizione sull’immobile del ricorrente della destinazione
pubblica) ha ritenuto di rispettare gli standard imposti dalla legge per
i servizi pubblici. Deve concludersi, pertanto, per l’infondatezza sia della
prospettata violazione delle leggi n. 1187/68 e n. 10/77 che degli
asseriti profili di eccesso di potere e sviamento. In particolare, per quanto concerne i rilievi inerenti il
supposto difetto di motivazione occorre considerare che le scelte
urbanistiche rientranti nelle categorie elencate nell'art. 7, L. 17
agosto 1942, n. 1150, costituiscono materia riservata alla competenza
esclusiva dell'Amministrazione comunale; in particolare, rientra
nell'ampia discrezionalità amministrativa dell’Ente la suddivisione
in zone, con la conseguenza che non costituisce limite all'esercizio di
tale potere la decisione di variare una precedente e difforme
destinazione urbanistica. La natura di atto generale ed in parte normativo del piano
regolatore, comporta, infatti, che le scelte urbanistiche di carattere
generale non devono, di massima, essere sorrette da altra motivazione
oltre quella che è dato evincere dall'esame dei criteri di ordine
tecnico seguiti per la redazione del piano. Quanto alla funzione, il provvedimento in parte qua
impugnato è diretto al reperimento delle aree da destinare agli
standard di cui all'art. 41 quinquies, comma 8 della L. 17 agosto 1942
n. 1150, come modificato dall'art. 17 della L. 6 agosto 1967 n. 765, ed
al D.M. 2 aprile 1968. Si tratta, quindi, di un atto dovuto (IV Sez. 2
marzo 1985 n. 71), funzionalizzato alla realizzazione dei rapporti di
legge tra spazi destinati agli insediamenti, residenziali e produttivi,
e spazi pubblici o destinati alle attività collettive, a verde pubblico
o a parcheggi, in vista dell'attuazione dei quali, del resto, possono
essere senz’altro apportate al piano modifiche rispetto alle
previsioni contenute in precedenti Strumenti (art. 10 comma 3 lett. d),
L. 17 agosto 1942, n. 1150, sub art. 3, L. 6 agosto 1967, n. 765). Ordunque, trattandosi di adeguamento degli standard, non è
nemmeno invocabile l'obbligo del Piano di motivare sulle ragioni che
determinano la scelta di localizzare gli interventi in un’area
piuttosto che in altra: si tratta, infatti, di dare attuazione, mediante
destinazione specifica di una certa area, ad un rapporto stabilito per
atto normativo che garantisce una superficie minima per spazi pubblici o
attività collettive in ragione di ogni abitante insediato o da
insediare. La giurisprudenza, invero, ha segnalato che in determinate
evenienze anche lo strumento urbanistico generale richiede una
motivazione specifica di certe scelte: la relativa fattispecie non è
però assimilabile a quella (in esame) dei proprietari delle aree
soggette a vincoli urbanistici – specie, poi, se di tipo conformativo
- (Cfr .C.d.s. n. 24 del 1999). L’obbligo della motivazione specifica
degli strumenti urbanistici generali, infatti, è stato individuato in
ipotesi nelle quali vi è un affidamento qualificato del privato. Tale non è il caso dell'interesse correlato ad una
precedente previsione urbanistica rispetto alla quale l’intervenuta
modifica consenta un utilizzo dell’area in modo più proficuo e, per
giunta, coerente con la sua stessa, preesistente utilizzazione (C.d.s.,
IV Sez., 25 febbraio 1988 n. 99); in tali evenienze, infatti, vale il
principio generale della non necessità di motivazione ulteriore
rispetto a quelle che si possono evincere dai criteri di ordine tecnico
urbanistico seguiti per la redazione del progetto di strumento (cfr.
C.d.s., IV Sez., 25 febbraio 1988, n. 99). Ne consegue che una motivazione specifica in ordine alla
zonizzazione e localizzazione di interventi volti al perseguimento di
finalità di interesse generale occorre solo nell'ipotesi di variante
avente finalità specifica e oggetto circoscritti, e quando la nuova
disciplina venga a travolgere aspettative legittime qualificate da
speciali atti dell'Amministrazione, come nel caso di preesistenza di una
lottizzazione convenzionata (cfr, TAR Campania –NA- n. 648/00).
Siffatta circostanza, come evidenziato, non ricorre nel caso in esame. Le considerazioni che precedono inducono alla reiezione del
ricorso. La mancata costituzione della Regione Puglia esime il
Collegio dalla pronuncia sulle spese di lite nei confronti
dell’Amministrazione intimata. Le spese processuali relative al giudizio instauratosi tra
il ricorrente ed il Comune di Altamura, liquidate in dispositivo,
seguono la soccombenza.
Il Tribunale
Amministrativo Regionale per la Puglia - Sede di Bari - Sezione
II, respinge il ricorso n. 1748/98
proposto da Diomede Nicola e
meglio in epigrafe specificato. Condanna
Diomede Nicola al pagamento
delle spese processuali in favore del Comune di Altamura
che si liquidano in complessivi € 1000,00
(euromille/00). Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Bari nella Camera di Consiglio del 24
aprile 2002, con l’intervento dei Magistrati: Michele
PERRELLI
Presidente Vito
MANGIALARDI
Componente Giuseppe
ROTONDO
Componente, Est.
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