"La Corte di Cassazione ha affermato la
inedificabilità assoluta per dieci anni dei terreni devastati da incendi"
Il Tribunale del riesame della Spezia, con ordinanza del 19.12.2002,
rigettava la richiesta di riesame proposta da T. E., G. W., C. C., C. C. e
D. G.i, avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip del
Tribunale della Spezia il 22.11.2002.
Il provvedimento era stato disposto nei confronti delle persone indicate,
in quanto indagate per i reati di cui all'articolo 323 Cp ed articolo 10
comma 1 e 4 legge 353/00 , con riferimento al rilascio di una concessione
edilizia in violazione di norme di legge, in particolare, al divieto di
realizzare, per il termine di dieci anni, edifici, strutture ed
infrastrutture finalizzate agli insediamenti civili nei soprassuoli delle
zone boscate percorse dal fuoco.
Il sequestro ha avuto per oggetto le opere edilizie realizzate in una,
zona boscata di Levanto, località Vallesanta/Ponte delle streghe, già
percorsa dal fuoco in occasione di un incendio del 24-27.7.1999.
Hanno proposto ricorso C. C. e C. C. sostenendo l'illegittimità del
provvedimento impugnato per non aver i giudici di merito verificato
l'applicabilità nel caso di specie della norma contenuta nell'articolo 10
della legge 353/00, ed in particolare per non aver verificato se la zona
sottoposta a sequestro, costituiva prima dell'incendio un bosco, secondo
la definizione contenuta nelle leggi vigenti, ed inoltre per non aver
tenuto conto del fatto che non essendo stato effettuato dal comune il
censimento, tramite apposito catasto, dei soprassuoli già percorsi dal
fuoco nell'ultimo quinquennio, secondo quanto disposto dall'articolo 10
comma 2 della legge citata, non poteva ritenersi vigente il regime di
inedificabilità. Con il secondo motivo hanno sostenuto che doveva
considerarsi applicabile, non già la legge nazionale, che costituisce una
legge quadro, ma quella regionale già vigente che stabilisce che per i
terreni percorsi da incendio, per il periodo di quindici anni non è
possibile attribuire un regime normativo che consenta un maggiore
sfruttamento edificatorio rispetto a quello vigente al momento
dell'incendio.
Le censure sono infondate.
È opportuno premettere che a norma dell'articolo 325 Cpp in materia di
misure cautelari reali, il ricorso per Cassazione è ammesso soltanto per
violazione di legge e non anche per omessa o contraddittoria motivazione
nell'esposizione dei motivi della decisione. Inoltre, la verifica delle
condizioni di legittimità della misura cautelare, da parte del Tribunale
del riesame e successivamente della Corte di cassazione, non può tradursi
in anticipata decisione della questione di merito concernente la
responsabilità delle persone sottoposte ad indagine, in ordine al reato
oggetto di investigazione, ma deve limitarsi al controllo di compatibilità
fra la fattispecie concreta e quella legale, rimanendo preclusa ogni
valutazione riguardo alla sussistenza degli indizi di colpevolezza ed alla
gravità degli stessi (v. Cassazione Sezioni unite, 7/2000).
Nel caso in esame l'entrata in vigore della legge 353/00, ha profondamente
modificato il regime dei luoghi adibiti a bosco, stabilendo, in caso di
incendio, la assoluta inedificabilità per dieci anni sui terreni che hanno
subito la distruzione delle fiamme. Si tratta di una norma eccezionale,
voluta dal legislatore per prevenire l'attività di piromani, spinti alla
distruzione dei boschi, per sfruttare nuovi terreni a fini edilizi. Essa
per la sua peculiare caratteristica di eccezionalità prevale sulle norme
preesistenti nazionali e regionali, e produce delle conseguenze immediate
anche sui terreni già colpiti da incendio. Al fine di rendere possibile in
concreto l'applicazione del nuovo regime ai boschi già distrutti,
all'articolo 10 comma 2 è stata prevista la ricognizione dei terreni
boschivi già incendiati, nei cinque anni antecedenti all'entrata in vigore
della legge, con la costituzione di un apposito catasto. È una norma che
tende a rendere applicabile il divieto, a tutti i terreni boschivi
distrutti da incendi, ed a tal fine, inserisce un preciso dovere di
ricognizione, per gli amministratori pubblici che abbiano nel loro
territorio soprassuoli, che possano essere oggetto del divieto. La mancata
attuazione della ricognizione e della stesura dell'apposito catasto, non
può essere confusa con la mancata realizzazione di una condizione
sospensiva dell'efficacia della legge, poiché non è pensabile, senza
contraddire con la lettera ed il fine della nuova norma, che la sua
attuazione, sia affidata alla solerzia di qualche funzionario.
Appare quindi evidente la vigenza e l'immediata operatività del divieto di
edificazione.
Le argomentazioni relative alla definizione, della nozione di bosco, ed
alla possibilità di applicarla in concreto al territorio oggetto
dell'insediamento edilizio, costituisce una valutazione di fatto che potrà
essere oggetto delle fasi di merito del procedimento penale, ma che non
può essere proposta in questa sede di legittimità.
Deve infine, osservarsi che essendo stata rilasciata la concessione
edilizia il 31.7.2002, l'ipotesi, che tale atto sia stato posto in essere
con abuso di poteri consistenti nella violazione del divieto di
edificazione precedentemente stabilito dall'articolo 10 della citata legge
353/00, appare del tutto compatibile con la situazione di fatto
rappresentata nell'ordinanza. Ed il sequestro ha la funzione di evitare
che la libera disponibilità dei beni, determini la prosecuzione
dell'attività di edificazione, con aggravamento dell'attuale stato dei
luoghi.
Ciò è sufficiente per considerare il sequestro preventivo legittimamente
disposto. Sarà, successivamente il giudice del merito ad affrontare le
altre questioni proposte dalle parti in fatto, ed ad evidenziare le
eventuali responsabilità penali in ordine al reato contestato.
Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna dei ricorrenti
in solido al pagamento delle spese del procedimento.
La Corte Suprema di Cassazione, sezione quinta penale, rigetta il ricorso
e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del
procedimento.
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