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Consiglio di Stato 4782/2001 |
R
E P
U B B
L I
C A I
T A
L I
A N A IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha
pronunciato la seguente DECISIONE sul
ricorso in appello n. 11022/2000,
proposto dalla Provincia autonoma di Trento in persona del presidente
della Giunta provinciale pro tempore rappresentato e difeso dall’avv.
Gioia Vaccari presso il cui studio domicilia in Roma via Monte delle
Gioie, n. 23; contro il
sig. Francesco Pilati, rappresentato difeso dagli avv.ti Marco Dalla
Fior e Paolo Stella Richter e domiciliato presso lo studio del secondo,
Roma via Mazzini n. 11. per l'annullamento della
sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento
27 dicembre 1999, n. 484. Visto il ricorso con i relativi allegati; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il Consigliere Cesare Lamberti alla
pubblica udienza del 24 aprile 2001; Uditi l’Avvocato Vaccari per la provincia autonoma
di Trento e l'Avvocato Stella Richter per i sigg.ri Pilati; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue. F A T T O Il
sig. Francesco Pilati espone di avere chiesto alla Provincia autonoma di
Trento nel marzo del 1986, unitamente ai sigg.ri Piccolini e Menapace la
concessione di derivazione dal rio corda per realizzare una centralina
di produzione di energia elettrica. Nel corso del sopralluogo il rappresentante della P.A.T. esprimeva la
propria contrarietà alla realizzazione della centralina e al rilascio
della concessione fino a che le fognature della frazione di Castello non
fossero stata convogliate al depuratore di Mezzana, il rappresentante
del servizio foreste, caccia e pesca prescriveva l’osservanza della
L.P. n. 60/78 circa l’obbligo di lasciare in alveo un terzo della
portata minima, mentre i rappresentanti dell’ENEL e dei comuni già
titolari di concessioni presentavano osservazioni per impedire il
pregiudizio delle loro attività. Nell’ottobre del 1998 i richiedenti
presentavano le loro controdeduzioni ed assumevano impegni per
consentire la diluizione degli scarichi fognari provenienti dalla
frazione Castello. Il servizio protezione ambiente continuava a
mantenere una posizione negativa sull’opera e ciò fino a che non si
fosse provveduto alla totale eliminazione degli scarichi della frazione
di Castello del rio Corda. Nel febbraio del 1991 l’ENEL rilasciava il
nullaosta per la realizzazione dell’opera e parimenti faceva
l’azienda servizi municipalizzati. In relazione alla nuova disciplina, gli interessati provvedevano alla
redazione del prescritto studio di impatto ambientale, dato che
l’impianto prevedeva una potenza superiore 220 kw. Da tale studio
emergeva la necessità di talune modifiche al progetto originario, in
particolare della modifica della posizione dell’opera e la riduzione
della portata media. Il progetto di massima della centrale idroelettrica
e lo studio d’impatto ambientale venivano depositati presso
l’ufficio V.I.A. il 27 agosto 1991. Dopo l’acquisizione dei pareri e l’istruttoria condotta
dall’ufficio di valutazione di impatto ambientale, il comitato
provinciale per l’ambiente con deliberazione 27 febbraio 1992 n. 6,
proponeva alla Giunta provinciale di esprimere parere negativo un ordine
alla compatibilità ambientale del progetto di massima. Con
deliberazione 6 aprile 1992 n. 4074, la Giunta provinciale faceva
proprie le indicazioni dell’organo consultivo rilevando il contrasto
dell’opera con la strumentazione urbanistica e conseguentemente
l’insistenza del requisito di cui all’art. 6 comma 4 lett. b) della
l.p. n. 28/88. Nel parere della commissione provinciale per l’ambiente, l’opera: -
era in contrasto con gli strumenti urbanistici; - aveva un impatto
negativo sull’ecosistema acquatico e paesaggistico; - pregiudicava il
recupero del mulino e della vecchia segheria in comune di Pellizzano; -
comprometteva l’ambiente idrico del rio Corda già appesantito dal
carico inquinante della frazione di Castello. Il provvedimento veniva impugnato innanzi alla Giunta provinciale
dall’interessato, che ne contestava le affermazioni negative e
chiedeva un riesame della situazione. Nella deliberazione 23 settembre
1992 n. 31/92, il comitato provinciale per l’ambiente proponeva di
respingere il ricorso alla giunta provinciale, che vi si adeguava con
deliberazione 28 settembre 1992, n. 13258. Tali provvedimenti sono stati impugnati tutti al tribunale regionale di
giustizia amministrativa di Trento, che li annullava con decisione n.
120/94, in seguito alla quale il Comitato provinciale per l’ambiente
si pronunciava nuovamente sull’opposizione proposta dal sig. Pilati e
la respingeva ulteriormente con deliberazione 1° luglio 1994 n. 8461
della Giunta provinciale. Avverso i provvedimenti veniva ulteriormente
adito il Tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento, che
li annullava con sentenza 14 dicembre 1995 n. 77/96. L’unità organizzativa della valutazione di impatto ambientale,
richiedeva a tal punto, uno studio e un ulteriore parere ai servizi
provinciali, che confermavano le loro precedenti determinazioni, portate
tutte a conoscenza del Comitato provinciale per l’ambiente, che, nelle
riunioni del 24 luglio e 1° agosto 1996, esprimeva parere negativo per
le stesse considerazioni del Comitato provinciale sulla tutela del
paesaggio e per un preteso squilibrio di tipo geologico che avrebbe
recato la centralina. Tali determinazioni sono state condivise dalla
delibera 12 settembre 1996 della Giunta provinciale, pubblicata sul B.U.
della Regione il 15 ottobre successivo. Avverso la delibera è stato nuovamente adito il Tribunale regionale di
giustizia amministrativa di Trento per: 1)
violazione dell’art. 33, l. n. 1034/71, dell’art. 7 l.p. n.
28/88 e dell’art. 9 del d.p.g.p. 2 novembre 1989 n. 1311. Carenza di
motivazione di presupposti. La Giunta non poteva disattendere la
circostanza secondo cui i pareri acquisiti nell’istruttoria erano in
massima parte positivi e doveva considerare che taluni pareri negativi
erano superati a seguito delle indicazioni fornite dal giudice
amministrativo o dei contatti con le amministrazioni locali. La P.A.T.
non poteva enucleare
dall’intero procedimento il solo parere negativo dell’organo
paesaggistico ed elevarlo a elemento paralizzante dell’iniziativa,
dato il carattere interdisciplinare della valutazione d’impatto
ambientale ex art. 6 L.P. n. 28/88 e art. 9 del regolamento di
attuazione della commissione paesaggistica, che non poteva assumere
rilevanza portante per il diniego della valutazione di impatto
ambientale; 2)
violazione della legge provinciale n. 28/88. Incompetenza e
difetto di motivazione. Il parere della Commissione per la tutela del
paesaggio circa la diminuzione dell’acqua che conseguirebbe
all’opera, non è motivato ed è apodittica l’affermazione circa la
determinazione di condizioni tali da compromettere talune specie ittiche
di organismi bentonici. Il parere esprime la volontà di non rilasciare
l’autorizzazione. 3)
Carenza ed insufficienza di motivazione. Il provvedimento di
diniego trascura i benefici sia ambientali e economici che potrebbero
derivare dall’iniziativa. L’Amministrazione
provinciale di Trento si è costituita innanzi al Tribunale regionale di
giustizia amministrativa, che, con la sentenza in epigrafe, accoglieva
il ricorso per violazione dell’art. 4 della legge provinciale 30
novembre 1992, n. 23, circa il difetto di motivazione del diniego in
relazione alle risultanze istruttorie Il parere paesaggistico non aveva
inoltre la valenza di paralizzare la concessione sulla quale gli organi
settoriali erano stati assenzienti. La decisione è stata impugnata dalla Provincia di Trento con due
distinte censure. Resiste il signor Pilati con memoria. D I R I T T O L'appello della Provincia autonoma di Trento è fondato. La legge provinciale 28.8.1988, n. 28 relativa alla valutazione di
impatto ambientale ed alle norme di tutela dell'ambiente, stabilisce che
la v.i.a. è finalizzata ad individuare, descrivere e valutare gli
effetti dei progetti sull'ambiente, siano essi diretti o indiretti, a
breve o a lungo termine, permanenti o temporanei, singoli o cumulativi,
con riguardo altresì alla possibilità di rischi o di incidenti. Nella
valutazione di impatto ambientale rientrano i progetti di costruzione di
centrali idroelettriche per una potenza superiore a 200 KW.
L'istruttoria sullo studio di impatto ambientale da predisporsi a
cura dell'interessato è svolta dal Servizio Protezione Ambientale (con
la trasformazione del servizio in Agenzia dalla Unità Organica a ciò
preposta), e si basa sui pareri che detta Unità ritenga di chiedere ai
servizi provinciali e alle amministrazioni interessate, ai fini della
decisione sulla v.i.a.. La Giunta Provinciale - acquisito il parere
motivato del Comitato Provinciale per l'Ambiente, formulato sulla base
dello studio di impatto ambientale, degli elementi acquisiti con la
partecipazione pubblica e con l'istruttoria - delibera nella materia. Il
parere suddetto è reso in relazione alle finalità generali della legge
ed in particolare alla tutela igienico-sanitaria, alla tutela dell'aria,
delle acque, delle foreste, dei suoli e di specifici elementi
geomorfologici, limnologici, floristici, faunistici, biologici,
architettonico-paesaggistici e storia antropici. Il progetto è valutato positivamente, quando risulti globalmente
compatibile con le finalità della legge, avuto riguardo, in via
prioritaria, alle esigenze di prevenzione e tutela igienico sanitarie,
di tutela dell'ambiente dagli inquinamenti, nonchè di salvaguardia
delle aree che presentano particolare fragilità dal lato geologico ed
idrogeologico. La Giunta Provinciale ha svolto la valutazione globale del progetto ai
fini della verifica della compatibilità della legge. Nè l'esistenza di
pareri di Servizi Tecnici circa la congruità del progetto ai fini
specifici rappresentati dai detti Servizi, pur con condizionamenti (v.
Servizio Geologico, Servizio di Sistemazione montana) e l'esistenza di
pareri quali quello del Servizio Foreste, positivo per l'aspetto
idrogeologico, negativo per le conseguenze all'ecosistema acquatico,
potevano comportare obbligatoriamente l'accoglimento della domanda, a
fronte del motivato parere radicalmente negativo della Commissione per
la tutela del paesaggio. La v.i.a., invero, esprime una valutazione globale del progetto che deve
tener conto dei prioritari interessi emersi in sede di istruttoria che
sarebbero vanificati dalla costruzione dell'opera, e in tale ambito di
interessi si inquadra il parere del Comitato Provinciale per l'Ambiente
prescritto dall'art. 6, 2° comma della legge. Nel parere di cui è causa, confermato dalla Giunta Provinciale,
sono esaustivamente esposte le ragioni in base alle quali, in
sede di valutazione globale, il Comitato Provinciale per l'Ambiente si
è manifestato contrario alla centrale. In particolare è stato
evidenziato che "Il progetto, nonostante sia compatibile con gli
strumenti di pianificazione, si pone in contrasto radicale con le
esigenze di tutela del paesaggio per le ragioni espresse nel parere
della Commissione per la Tutela paesaggistico-ambientale, allegato alla
… deliberazione come sua parte integrante e sostanziale. In
particolare, tale parere sottolinea l'importanza della zona interessata
dall'intervento, che forse più di ogni altra, in Trentino, mantiene
intatte le caratteristiche tipiche degli antichi insediamenti montani,
sorti e sviluppatisi in un rapporto di stretta interdipendenza con
l'ambiente Di notevole rilievo è soprattutto il nucleo abitato che si
estende dai masi di Claiano, sul fondovalle, fino al paese di Castello,
attraverso l'elemento di unione costituito dal versante roccioso, inciso
dal Rio-Corda. Viene quindi meglio argomentato il giudizio espresso
dalla medesima Commissione nella precedente deliberazione n. 382/91 in
data 3 dicembre 1991, resa durante il procedimento di valutazione del
progetto. In quella sede, l'opera era stata definitiva
"improponibile" in quanto era apparso evidente che qualsiasi
intervento di mitigazione (per esempio sul tracciato della condotta, che
se modificato ne avrebbe permesso un totale interramento evitando il più
precario ancoraggio alla
sponda rocciosa del Rio; o sull'edificio della centrale) non ne avrebbe
comunque potuto limitare l'impatto più significativo,consistente nella
sottrazione del corso d'acqua, con tutte le conseguenze negative a
carico delle opere che con esso hanno un rapporto simbiotico (i masi di
Claiano, e in particolare un mulino e una segheria di cui è previsto il
recupero), dell'economia agricola, che da sempre dipende dal suo
contributo per l'irrigazione dei campi, del patrimonio ittico e del
paesaggio in senso lato La valutazione della Commissione Provinciale per
la tutela paesaggistico-ambientale trova riscontro nel fatto che la zona
di cui si tratta è inclusa nel repertorio delle aree di tutela
ambientale di cui alla relazione aggiuntiva al p.u.p. del 1987,
all'interno del quale viene sottolineata in particolare l'importanza
paesaggistica dei nuclei di Claiano e di Castello, "che formano un
insieme monumentale di notevole valore". D'altro canto, la relazione stessa, nel paragrafo relativo alle rive di
fiumi e torrenti, auspica che vengano evitate opere di copertura,
intubazione, interramento degli alvei e derivazione di acque e
l'ostruzione mediante dighe o altri tipi di sbarramenti, se non
strettamente finalizzati alla regimazione dei fiumi e dei torrenti in
questione o al loro impiego per fini produttivi e potabili; più avanti,
descrivendo i "criteri per l'esercizio della tutela ambientale
negli ambiti considerati dalla normativa del p.u.p.", raccomanda
inoltre che le opere di presa vengano realizzate con tecniche e
materiali tali da creare la minima alterazione dello stato di fatto e il
massimo inserimento ambientale. Infine, la deliberazione della Giunta Provinciale n. 7480 dd. 30 giugno
1988, che ha stabilito i criteri di valutazione per l'esame delle
domande di concessione di derivazione idroelettrica, stabilisce che in
caso di domanda riguardante un'area a tutela ambientale si debba
esperire, al posto della ordinaria procedura di autorizzazione, la
procedura di valutazione dell'impatto ambientale, al fine di garantire
un'analisi particolarmente approfondita di tali richieste. Il progetto di cui si discute non rispetta tali indicazioni, poichè
prevede l'interramento della condotta forzata solo nel tratto terminale
del conoide, mentre lungo la forra che attualmente ospita il corso di
d'acqua essa dovrebbe essere necessariamente ancorata alla roccia,
rimanendo visibile all'esterno e creando quindi un impatto non
indifferente sull'ambiente circostante. Si è comunque già precisato che le censure relative alle modalità
costruttive dell'opera preposte in linea di massima nel progetto, non si
considerano superabili attraverso l'imposizione di adeguate prescrizioni
in fase di progettazione esecutiva, a norma dell'articolo 6, comma 5
della l.p. 28/1988 e in ottemperanza a quanto statuito dal giudice
amministrativo. Esse, infatti, appaiono secondarie rispetto al
definitivo pregiudizio che comunque venga costruita la condotta forzata,
qualunque sia il suo percorso, comunque venga mitigato l'impatto della
centrale a valle consisterà sempre nella sottrazione dell'elemento
vitale costituito dal corso d'acqua. Approfondendo dunque, nello specifico, gli aspetti attinenti alla qualità
delle acque (l.p. 28/1988), art. 1), si osserva che il Rio Corda
presenta, a causa delle peculiarità morfologiche del bacino sotteso,
condizioni di equilibrio biologico piuttosto precarie. La situazione appare tanto più fragile in quanto non è influenzata da
fonti di inquinamento esterne (salvo il carico inquinante proveniente
dal paese di Castello, che tuttavia secondo le analisi condotte in loco
dall'Ufficio del Medico Provinciale, depositate in fase istruttoria non
risulta costituire un fattore determinante di tale fragilità e che
attualmente viene completamente diluito); si è in presenza di un
ambiente idrico per sua natura estremamente semplificato, dove le
condizioni di vita risultano abbastanza difficili. La realizzazione di un'opera di presa che privi il corso d'acqua della
sua normale portata fino al punto della sua confluenza con il terreno
Noce determinerebbe la probabile rottura di questo già incerto
equilibrio, con l'innescarsi di una serie di eventi sfavorevoli che
andrebbero pesantemente ad influire sulle condizioni chimiche e
biologiche del corso d'acqua. Il rilascio previsto, estremamente esiguo (20/l.sec.) verrebbe a
costituire l'unica portata ammissibile per molti mesi all'anno. Un così
ingente depauperamento idrico determinerebbe la sottrazione di buona
parte dell'alveo bagnato con soppressione di habitat necessari allo
svolgersi delle condizioni vitali di specie ittiche ed organismi
bentonici. Considerando la peculiarità del torrente esaminato in
relazione all'endemicità della trota marmorata, è verosimile
ipotizzare una sua probabile scomparsa dal tratto sotteso, come risulta
anche dal ripetuto parere reso dal Servizio Foreste, caccia e pesca
prima e dal Servizio Faunistico. La variazione delle condizioni idrologiche penalizzerebbe inoltre le
comunità macrobentoniche banalizzando la presenza in specie. Ciò
influenzerebbe in modo negativo lo svolgersi dei processi autodepurativi
cui tali organismi sono naturalmente preposti con conseguente scadimento
della qualità chimico-fisica nonchè biologica dell'acqua. L'abbassamento del volume d'acqua fluente favorirebbe anche un
surriscaldamento degli strati superficiali con effetti di
deossigenazione diretta, con la possibile penalizzazione delle specie
ittiche più esigenti. Tutto ciò è aggravato dall'accentuata pendenza del tutto versante e
dal suo orientamento verso sud, fattori che favoriscono una notevole
esposizione all'irradiazione solare il rapido esaurimento della
copertura nevosa, che costituisce il fondamentale serbatoio di
alimentazione del rio, e che determinano una certa vulnerabilità del
suolo: infatti, quasi l'intero tracciato della condotta forzata verrebbe
realizzato su area classificata a rischio geologico. Per le assorbenti motivazioni di carattere ambientale sopra esposte, si
deve considerare ininfluente anche la disponibilità del proponente di
realizzare un sistema di collegamento fognario degli scarichi del paese
di Castello al depuratore di Mezzana, opera prevista esclusivamente in
funzione della costruzione della centralina che si propone di non
autorizzare. Per quanto riguarda la questione della mancata esplicitazione dei
parametri di sicurezza richiesti dai servizi competenti, valutata come
illegittima da parte delle sentenze del T.R.G.A. sopra citate, si deve
analogamente osservare che in questa sede tale esplicitazione appare non
pertinente. Infatti, essa avrebbe senso nel contesto di una valutazione
positiva con prescrizioni, mentre "cede" di fronte alle
assorbenti ragioni attinenti alla tutela del paesaggio in senso lato,
che determinano un giudizio negativo dell'opera. In merito alla valutazione strettamente economica della centralina
idroelettrica, se è vero che la sua realizzazione comporterà la
produzione di energia pulita oltre che la creazione di posti di lavoro,
è giusto precisare che salvo la fase di cantiere il funzionamento di
tale opera non richiede l'impegno di più di una persona, e non
necessariamente a tempo pieno. Inoltre, tale fonte energetica non appare strategica
rispetto all'attuale fabbisogno della Val di Sole e l'iniziativa in
questione si risolverebbe in sostanza in un'operazione veramente
vantaggiosa in termini di effetti positivi globali solo per il singolo
imprenditore. Il vantaggio economico derivante dalla realizzazione della centralina
non può pertanto essere considerato decisivo nel bilanciamento
complessivo dei fattori dal quale dipende l'approvazione del progetto,
il quale deve avere essenziale riguardo per sua natura alle
ripercussioni sull'ambiente stesso. Vanno perciò condivise le conclusioni dell’appellante che la delibera
oltre ad essere conforme all'art. 6, l.p. n. 28/88, non è affatto
carente di motivazione nè ispirata all’intento di paralizzare
l’attività del Pilati. Circa gli altri motivi di censura, ritiene il Collegio che correttamente
la Commissione afferma che l'opera è visibile (pur
se realizzata fuori terra solo in parte) e pertanto nociva al
paesaggio così come altrettanto legittimamente adduce che l'opera che
determinerebbe la diminuzione della portata del Rio Corda con
conseguente danno all'habitat esistente, senza che possa attribuirsi
rilievo alle ragioni del ricorrente circa l'esiguità del quantitativo e
del rilievo naturale della fauna e delle essenze arboree che sarebbero
soppresse o definitivamente compromesse. Le considerazioni svolte dalla Provincia risultano
poi ineccepibili, sia in ordine all’esiguità nel numero degli
occupati (1 persona) sia in ordine alla irrilevanza dell’opera per le
popolazioni locali. Per i suesposti motivi ed assorbite ogni altra
censura va accolto l’appello della Provincia e va conclusivamente
riformata la sentenza di primo grado. Le spese del presente grado possono, tuttavia, compensarsi, per giusti
motivi. P. Q. M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta,
definitivamente pronunciando sul ricorso in premesse, accoglie
l'appello, riformando l'impugnata decisione. Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita
dall'amministrazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 24 aprile
2001 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - Sezione Quarta -
con l'intervento dei seguenti Magistrati: Lucio Venturini
Presidente Costantino Salvatore
Consigliere Marcello Borioni
Consigliere Cesare Lamberti
Consigliere estensore Giuseppe Carinci
Consigliere |