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Sentenza 248 del 24 luglio 2009 |
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REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo italiano LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:
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nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 1, 2,
lettere c) e d), e 3, lettere h), i) e j), della legge della Regione
Puglia 7 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni in materia di incidenti
rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), promosso dal
Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 17
luglio 2008, depositato in cancelleria il 23 luglio 2008 ed iscritto al
n. 36 del registro ricorsi 2008. Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia; udito nell’udienza pubblica del 7 luglio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Tesauro; uditi l’avvocato dello Stato Sergio Fiorentino per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Leonilde Francesconi e Maria Liberti per la Regione Puglia. Ritenuto in fatto 1.– Con ricorso notificato il 17 luglio 2008, depositato il successivo 23 luglio, il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto questione di legittimità costituzionale, in via principale, dell’articolo 2, commi 1, 2, lettere c) e d), e 3, lettere h), i) e j), della legge della Regione Puglia 7 maggio 2008, n. 6, recante «Disposizioni in materia di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose», in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. In particolare, il Presidente del Consiglio dei ministri censura il citato art. 2, comma 1, nella parte in cui attribuisce alla Regione l’esercizio di funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, sostenendo che esso invaderebbe la competenza legislativa statale in materia di tutela dell’ambiente, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., ponendosi in contrasto, peraltro, con quanto stabilito dall’art. 16 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), con il quale è stata trasposta nell’ordinamento nazionale la direttiva 9 dicembre 1996, n. 96/82/CE (Direttiva del Consiglio sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose). La violazione di tale competenza esclusiva risulterebbe ancor più evidente con riferimento all’articolo 2, comma 2, lettere c) e d) e 3, lettera i), della legge regionale impugnata. Tali disposizioni, infatti, attribuendo alla Regione il compito di individuare e di emanare linee guida in materia di ispezioni e controlli nelle aziende a rischio di incidente rilevante, nonché di provvedere all’individuazione e alla perimetrazione delle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi, si porrebbero in evidente contrasto con le lettere b) e c) del citato art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999, contenenti norme volte ad assicurare livelli minimi ed uniformi di salvaguardia della popolazione e dell’ambiente e che espressamente avrebbero affidato dette funzioni ad organi dello Stato. Analoghe considerazioni, ad avviso del ricorrente, andrebbero svolte con riguardo all’art. 2, comma 3, lettere h) e j), che attribuiscono alla Regione la funzione di provvedere alla individuazione degli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose e all’adozione degli indirizzi atti a consentire la localizzazione più adeguata dei nuovi stabilimenti. Tale assetto normativo sarebbe, infatti, in contrasto con l’articolo 14, comma 1, del d.lgs. n. 334 del 1999, il quale – intervenendo nella materia della tutela dell’ambiente di competenza legislativa esclusiva statale – riconosce i medesimi poteri in capo allo Stato. 2.– Nel giudizio si è costituita la Regione Puglia, chiedendo che la Corte dichiari infondate le questioni sollevate, riservando ad un successivo atto la precisazione di ulteriori argomentazioni. Nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza pubblica, la Regione ha dedotto che la legge regionale n. 6 del 2008, proponendosi di disciplinare le competenze di tutti i soggetti interessati sul territorio regionale alla prevenzione dei rischi industriali derivanti dagli incidenti rilevanti, si inquadra appieno nel contesto normativo delineato dalle direttive comunitarie e dagli interventi del legislatore statale. Essa sarebbe in linea con quanto stabilito, in specie, dall’art. 3-quinquies del decreto legislativo, 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), come modificato dal d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, il quale delimita l’ambito di competenza dello Stato, delle Regioni e degli enti locali nella prospettiva di garantire interventi non confliggenti. Con riferimento, in particolare, all’art. 2, comma 1, la Regione precisa che le funzioni di indirizzo e coordinamento che la norma impugnata le attribuisce sarebbero proprio quelle di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 334 del 1999, conferite alle Regioni ex art. 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). In attuazione di detta norma, ai fini della realizzazione di tale conferimento, la Regione Puglia, con la legge in esame, ha provveduto sia ad istituire l’Agenzia regionale protezione ambiente (ARPA), che a porre le disposizioni in materia di incidenti rilevanti, ma non ha ancora provveduto a stipulare l’accordo di programma con lo Stato, prescritto dal citato art. 72 per il completamento della procedura di conferimento, cosicché, nell’attuale fase transitoria, la normativa impugnata non sarebbe, peraltro, neppure operante. Con la predetta norma, comunque, la Regione si sarebbe limitata a disciplinare l’esercizio della funzione amministrativa, in linea con quanto statuito dall’art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999. In relazione all’art. 2, comma 2, lettera d), impugnato nella parte in cui dispone che «la Giunta regionale provvede all’individuazione nonché alla perimetrazione delle aree a elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi, sulla base dei criteri definiti dall’art. 13, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 334 del 1999», la Regione rileva che l’art. 13 del d.lgs. n. 334 del 1999, rubricato «aree ad elevata concentrazione di stabilimenti», mantiene in capo allo Stato la competenza in materia di individuazione delle aree ad elevata concentrazione, sino a che non sia data attuazione a quanto previsto dall’art. 72 del d.lgs. n. 112 del 1998 e, in particolare, alla stipula dell’accordo di programma tra Stato e Regione ivi prescritto (come espressamente affermato dall’art. 20 della legge regionale n. 6 del 2008). Pertanto – prosegue la Regione – le competenze esercitate dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Regione interessata ed il Comitato, sono state conferite alle Regioni, che dovranno esercitarle alla stregua dei criteri e regole fissate nella disciplina regionale, allorché verrà stipulato l’accordo di programma tra Stato e Regione. In riferimento all’art. 2, comma 2, lettera c), inoltre, la Regione precisa che anch’esso rinvia al d.lgs. n. 334 del 1999 nella parte in cui quest’ultimo stabilisce una serie di misure dirette al controllo, di cui agli artt. 21 e 25, comma 1, del citato decreto, finalizzate ad accertare «l’adeguatezza della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti posta in essere dal gestore e dei relativi sistemi di gestione della sicurezza», il cui rispetto costituisce, pertanto, un vincolo espresso per la medesima Regione. Nello stesso senso dovrebbe concludersi con riguardo all’art. 2, comma 3, lettera i). Quanto, poi, all’art. 2, comma 3, lettera h), la norma si limiterebbe a disporre che la Regione, unitamente a tutte le autorità competenti ed in un’ottica di coordinamento e di sussidiarietà e, comunque, nelle more dell’attuazione del citato art. 72, comma 3, del d.lgs. n. 112 del 1998, individui gli stabilimenti per i quali la probabilità o la possibilità o le conseguenze di un incidente rilevante possano essere maggiori a causa del luogo, della vicinanza degli stabilimenti stessi e dell’inventario delle sostanze pericolose presenti in essi, così come previsto dall’art. 12 dello stesso d.lgs. n. 334 del 1999. Da ultimo, il citato art. 2, comma 3, lettera j), si limiterebbe a stabilire che la Regione provveda «all’adozione degli indirizzi atti a consentire la localizzazione più adeguata dei nuovi stabilimenti», nel rispetto dei criteri di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici del 9 maggio 2001 (Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante), nonché dei requisiti minimi di sicurezza fissati nell’ambito della pianificazione dell’uso del territorio nei comuni ove sono presenti stabilimenti pericolosi, soggetti agli obblighi di cui agli artt. 6, 7 e 8 del d.lgs. n. 334 del 1999. Considerato in diritto 1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri dubita della legittimità costituzionale dell’articolo 2, commi 1, 2, lettere c) e d), e 3, lettere h), i) e j), della legge della Regione Puglia 7 maggio 2008, n. 6, recante «Disposizioni in materia di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose», in quanto tali disposizioni lederebbero la competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, della Costituzione). In specie, il ricorrente impugna dette norme, nella parte in cui attribuiscono alla Regione l’esercizio di funzioni di indirizzo e coordinamento, in materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, in particolare, mediante il riconoscimento in capo alla stessa del compito di individuare ed emanare linee guida in materia di ispezioni e controlli nelle aziende a rischio di incidente rilevante, di provvedere all’individuazione ed alla perimetrazione delle aree ad elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi ed alla individuazione degli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose, nonché di provvedere all’adozione degli indirizzi atti a consentire la localizzazione più adeguata dei nuovi stabilimenti. Tali disposizioni violerebbero la competenza legislativa esclusiva statale a determinare, sull’intero territorio nazionale, gli standard omogenei di tutela dell’ambiente, ponendosi in contrasto, in particolare, con l’art. 16 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), che, recependo la direttiva 9 dicembre 1996, n. 96/82/CE (Direttiva del Consiglio sul controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), ha attribuito ad organi statali proprio le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose. 2.– La questione non è fondata. 2.1.– La disciplina relativa alla prevenzione dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose trova la sua base giuridica, dapprima, nella direttiva comunitaria 24 giugno 1982, n. 82/501/CEE (Direttiva del Consiglio sui rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali), attuata con il decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n. 175 (Attuazione della direttiva CEE n. 82/501, relativa ai rischi di incidenti rilevanti connessi con determinate attività industriali, ai sensi della legge 16 aprile 1987, n. 183), e quindi nella direttiva 96/82/CE, cui ha dato attuazione il d.lgs. n. 334 del 1999. La disciplina comunitaria impone che, in questa materia, sia assicurato «un elevato livello di tutela» secondo i principî «della precauzione e dell’azione preventiva», nonché «della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente». Si tratta di un articolato sistema di controlli, nel cui ambito sono imposti agli Stati membri incisivi obblighi di vigilanza. Il d.lgs n. 334 del 1999, che ha recepito detta direttiva, si inserisce nel quadro normativo comunitario e nazionale, che, ai fini della tutela dell’ambiente, persegue una politica preventiva contro i rischi di incidenti rilevanti, disponendo misure di sicurezza durante i vari stadi dell’attività (progettazione, produzione, gestione), nella fase anteriore e posteriore ad ogni singolo processo produttivo, attribuendo alle Regioni la disciplina delle competenze amministrative relative agli incidenti rilevanti, con il compito di individuare le autorità titolari delle funzioni stesse, competenti ad emanare i provvedimenti discendenti dall’istruttoria tecnica e di stabilire le modalità per l’adozione di questi ultimi (art. 18), in linea con l’art. 72 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Questo già disponeva il conferimento delle richiamate competenze amministrative in favore delle Regioni, pur subordinandolo all’adozione delle specifiche normative, di cui al comma 2, volte a «garantire la sicurezza del territorio e della popolazione», all’attivazione dell’Agenzia regionale protezione ambiente (ARPA), ed infine alla stipula di un accordo di programma tra Stato e Regione per la verifica dei presupposti per lo svolgimento delle funzioni. Come questa Corte ha già avuto occasione di affermare (sentenze n. 407 del 2002, n. 135 del 2005 e n. 32 del 2006), dalle norme comunitarie e statali, che disciplinano il settore, emerge che esse ineriscono del pari alla tutela della salute umana, al governo del territorio, nonché alla materia della protezione civile, riconducibili a sfere di competenza regionale concorrente comprese fra quelle elencate nell’art. 117, terzo comma, Cost., come novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione). Nell’ambito di tali competenze concorrenti risultano, pertanto, legittimi gli interventi posti in essere dalla Regione stessa, nel rispetto dei principi della legislazione statale in materia (sentenza n. 214 del 2005). In tema di pericoli di incidenti rilevanti, il d.lgs. n. 334 del 1999 – ed in specie l’art. 18, che rinvia all’art. 72 del d.lgs. n. 112 del 1998 – può essere considerato come disciplina generale in materia, risultando in linea anche con il riparto costituzionale delle competenze conseguente alla riforma del titolo V (sentenze n. 214 del 2005, n. 32 del 2006). Le norme in esame vanno, quindi, scrutinate con riguardo ai principi posti dal citato decreto. 2.2.– La Regione Puglia, con la legge n. 6 del 2008, ha inteso (art.1) disciplinare, in applicazione dell’articolo 18, comma 1, del d.l.gs. n. 334 del 1999, le competenze amministrative in materia di attività a rischio di incidenti rilevanti connessi a determinate sostanze pericolose, secondo quanto previsto dall’articolo 72 del d.lgs. n. 112 del 1998. Le disposizioni impugnate riguardano specificamente le attribuzioni regionali; la loro finalità è quella di «garantire un’omogenea applicazione delle norme della presente legge», mediante l’esercizio delle «funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di pericoli di incidente rilevante connessi con determinate sostanze pericolose» (art. 2, comma 1). Tale affermazione di principio va, tuttavia, interpretata alla luce del comma 2 del medesimo articolo 2, il quale dispone, fra l’altro, che, «per le finalità di cui al comma 1 […] la Giunta regionale emana le linee strategiche e programmatiche e le linee guida in materia di ispezioni e controlli nelle aziende a rischio di incidente rilevante che insistono sull’intero territorio regionale» (comma 2, lettera c), e «provvede all’individuazione nonché alla perimetrazione delle aree a elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi, sulla base dei criteri definiti dall’articolo 13, comma 2, lettera a), del d.lgs. n. 334 del 1999» (comma 2, lettera d). Il complesso di dette disposizioni rende palese che l’art. 2, comma 1, della legge regionale n. 6 del 2008 non invade la competenza statale esclusiva prevista dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., e non contrasta con i principi stabiliti dall’art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999, ma si limita a dare applicazione a quanto alla Regione demanda la stessa normativa statale, sia pure in attesa della stipulazione dell’accordo di programma con lo Stato, prescritta per il completamento della procedura di conferimento delle competenze amministrative alle Regioni di cui all’art. 72 del d.lgs. n. 112 del 1998, compatibile con il riparto di competenze delineato dalle norme costituzionali a seguito della riforma del titolo V della parte seconda. L’attribuzione alla Giunta regionale della competenza ad emanare le linee strategiche programmatiche e le linee guida in tema di ispezioni e controlli nelle aziende a rischio di incidente rilevante che insistono sull’intero territorio regionale (comma 2, lettera c, del citato art. 2) è, infatti, finalizzata a consentire un’attuazione omogenea sul predetto territorio, in linea con i criteri uniformi di massima delineati a livello nazionale ai sensi dell’art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999, delle misure di controllo – sopralluoghi e verifiche ispettive – previste dall’art. 25 del citato decreto, (peraltro già affidate da quest’ultimo alle Regioni), dirette ad accertare «l’adeguatezza della politica di prevenzione degli incidenti rilevanti posta in essere dal gestore e dei relativi sistemi di gestione della sicurezza». Non può quindi ritenersi che la fissazione di linee strategiche e programmatiche, nonchè di linee guida in materia di controlli regionali, sia lesiva della competenza statale invocata, in quanto si tratta esclusivamente di garantire l’omogenea applicazione nel territorio regionale della disciplina, nel rispetto degli standard fissati dal legislatore statale, che costituiscono ad un tempo i principi fondamentali della materia. Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riguardo al compito assegnato alla Giunta regionale di provvedere «all’individuazione nonché alla perimetrazione delle aree a elevata concentrazione di stabilimenti pericolosi» (art. 2, comma 2, lettera d), della legge regionale n. 6 del 2008). Detta previsione deve ritenersi attuativa, in ambito regionale, dei criteri stabiliti, in base all’art. 16 del d.lgs. n. 334 del 1999, ai fini del rispetto di quanto prescritto sul punto dall’art. 13, comma 2, lettera a), del citato decreto, anch’esso espressamente richiamato sia dall’art. 16 del medesimo decreto che dalla norma regionale impugnata. La norma regionale assoggetta, infatti, gli interventi della Giunta regionale al rispetto dei criteri fissati dall’art. 13, comma 2, lettera a), del citato decreto e, dunque, al rispetto delle competenze attribuite al Ministero dell’ambiente, peraltro d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano. Parimenti, l’art. 2, comma 3, lettera h), della legge regionale n. 6 del 2008 assoggetta l’individuazione degli stabilimenti in cui il pericolo o le conseguenze di incidente possono essere maggiori rispetto ai criteri indicati dall’art. 12 del d.lgs. n. 334 del 1999, specificati nel d.m. 9 maggio 2001 (Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante); e dunque, in armonia con i livelli della legislazione statale, con conseguente insussistenza della violazione denunciata dal ricorrente. Sono, pertanto, infondate le censure concernenti l’art. 2, comma 3, lettera i), della legge regionale n. 6 del 2008, in tema di definizione del programma regionale dei controlli e dell’organizzazione delle verifiche ispettive, poiché esso stabilisce espressamente che detto programma deve essere redatto «ai sensi dell’articolo 25 del d.lgs. n. 334 del 1999», il quale contiene principi fondamentali della materia. La questione concernente la previsione, nella legge regionale impugnata, dell’adozione degli indirizzi per la localizzazione dei nuovi stabilimenti (art. 2, comma 3, lettera j), è infondata, per la considerazione che la disposizione si colloca nell’ambito delimitato dalla normativa statale e, quindi, dagli specifici requisiti adottati con il d.m. 9 maggio 2001, nonché dei requisiti minimi di sicurezza fissati nell’ambito della pianificazione dell’uso del territorio nei comuni ove sono presenti stabilimenti pericolosi, soggetti agli obblighi di cui agli artt. 6, 7 e 8 del d.lgs. n. 334 del 1999. Si tratta, pertanto, di attività finalizzata ad assicurare il coordinamento delle norme in materia di pianificazione urbanistica, territoriale e di tutela dell’ambiente a partire dalle valutazioni tecniche discendenti dall’istruttoria effettuata sugli impianti a rischio di incidente rilevante. In conclusione, l’attribuzione alla Regione di funzioni di indirizzo e coordinamento, in materia di pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose, operata dalle norme regionali impugnate, non solo non viola la potestà legislativa dello Stato, ma costituisce applicazione di quanto alla Regione demanda la stessa legge statale, sia pure in attesa dell’accordo di programma previsto dalla medesima (sentenze n. 32 del 2006 e n. 214 del 2005). per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1, 2, lettere c) e d), e 3, lettere h), i), j), della legge della Regione Puglia 7 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni in materia di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), promossa, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 luglio 2009. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Giuseppe TESAURO, Redattore Roberto MILANA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 24 luglio 2009. |