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Sentenza 70 del 28 marzo 2008 |
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REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo italiano LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:
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nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 32, comma 36, del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici),
convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326,
promosso con ordinanza del 16 maggio 2007, dal Tribunale di Frosinone,
sezione distaccata di Alatri, nel procedimento penale a carico di
Pigliacelli Paolo ed altri iscritta al n. 666 del registro ordinanze
2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39 prima
serie speciale, dell’anno 2007. Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nella camera di consiglio del 13 febbraio 2008 il Giudice relatore Ugo De Siervo. Ritenuto in fatto 1. – Il Tribunale di Frosinone, sezione distaccata di Alatri, con ordinanza del 16 maggio 2007, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 36, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, per violazione degli artt. 3, 97 e 111 della Costituzione. Il rimettente censura la disposizione citata nella parte in cui prevede che l’estinzione dei reati edilizi ai sensi dell’art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), si produce con il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta effettuato il pagamento dell’oblazione. La questione è sollevata dal Tribunale nel corso di un procedimento penale in cui si procede per i reati di cui agli artt. 110 codice penale, 20, lettera b), della legge n. 47 del 1985, 81, cod. pen., 17, 18 e 20 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), 81, secondo comma, e 349, secondo comma, cod. pen. Il rimettente riferisce che il processo è stato sospeso a seguito della presentazione da parte degli imputati della domanda di condono ai sensi dell’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 e che, nell’udienza del 16 maggio 2007, il difensore ha depositato la prova dell’avvenuto pagamento dell’ultima rata dell’oblazione, nonché l’attestazione di congruità del pagamento rilasciata dal competente organo comunale, chiedendo che il processo sia definito con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato per oblazione. Il Tribunale rileva come, ai sensi dell’art. 32, comma 36, del citato decreto-legge, gli effetti estintivi del reato – previsti dall’art. 38, comma 2, della legge n. 47 del 1985, richiamato dalla disposizione in parola – siano subordinati alla ricorrenza di tre presupposti: la presentazione della domanda di definizione dell’illecito edilizio, l’integrale pagamento dell’oblazione e il decorso di 36 mesi da tale pagamento. Per effetto della citata disposizione, dunque, non sarebbe possibile per il giudice definire il giudizio a quo, non essendo ancora decorso l’intero arco temporale previsto dalla norma. Secondo il rimettente, norma cardine del cosiddetto condono edilizio, sia nel sistema della legge n. 47 del 1985, sia in quello di cui al decreto-legge n. 269 del 2003, sarebbe l’art. 38, comma 2, della legge n. 47 del 1985 il quale prevede la necessità, ai fini della estinzione dei reati, dell’integrale pagamento dell’oblazione. Al riguardo, la Corte di cassazione avrebbe chiarito che il regime dell’oblazione per i reati edilizi non si discosterebbe da quello ordinario di cui agli artt. 162 e 162-bis del codice penale, per cui spetta al giudice e all’amministrazione accertare sia il diritto all’oblazione, sia la congruità e la tempestività del pagamento. Tuttavia, può accadere – come nel caso di specie – che vi sia stata l’attestazione di congruità della somma pagata, ma non siano ancora trascorsi i 36 mesi previsti dalla legge per il perfezionarsi dell’effetto estintivo. Il rimettente ricorda come la Corte di cassazione sia intervenuta più volte «al fine di scongiurare il rischio che l’inerzia dell’amministrazione ricadesse sull’imputato», con riferimento al condono previsto dalla legge n. 47 del 1985, affermando che il decorso di 24 mesi dalla presentazione della domanda di condono equivale ad un accoglimento tacito della stessa con conseguente effetto estintivo del reato. Si è precisato, inoltre, che il diritto del Comune a richiedere le eventuali maggiori somme rispetto a quelle pagate – diritto che può essere esercitato «per un anno ancora dopo i ventiquattro mesi sufficienti per intendersi condonato l’abuso» – deve essere tenuto distinto rispetto all’estinzione del reato. Il legislatore del 2003 – ad avviso del rimettente – avrebbe trasformato il decorso del periodo di 36 mesi dal pagamento dell’oblazione da arco temporale in cui permane il diritto dell’amministrazione di chiedere le eventuali somme a conguaglio, in elemento costitutivo della fattispecie estintiva. In realtà, ad avviso del Tribunale, dall’evoluzione giurisprudenziale emergerebbe che l’effetto estintivo del reato, che attiene al piano penale, dovrebbe ritenersi compiuto con il pagamento dell’oblazione, mentre l’interesse relativo al conguaglio delle somme (sia da parte della PA che del privato) atterrebbe ad un profilo diverso, sia amministrativo (in quanto concernente il controllo in materia urbanistica), sia civilistico (relativo a eventuali arricchimenti ingiustificati). Allorché l’amministrazione comunale abbia riscontrato la congruità del pagamento effettuato dal privato, residuerebbero solo «ipotesi marginali di errore, rimediabili sul piano amministrativo». Per tali ragioni, la disposizione censurata violerebbe l’art. 3 Cost., essendo irragionevole. Essa contrasterebbe altresì con il principio della ragionevole durata del procedimento sancito dall’art. 111 Cost. dal momento che, una volta che sia stata ritenuta congrua l’oblazione pagata, l’ulteriore decorso del tempo sarebbe «ultroneo ai fini di accertamento penale». Inoltre, il protrarsi dell’attesa della definizione del procedimento sarebbe aggravata dalla circostanza che di frequente, come avvenuto nel caso di specie, l’opera abusiva, normalmente destinata ad uso abitativo, sarebbe sottoposta a sequestro, di tal che la pendenza del processo determinerebbe il perdurare della indisponibilità del bene. Infine, sarebbe violato l’art. 97 Cost. a causa dell’aggravamento del lavoro giudiziario che la disposizione censurata determinerebbe, imponendo lunghi periodi di sospensione e di rinvio dei procedimenti con conseguente sovraccarico del ruolo. 2. – È intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato che ha chiesto che la questione sia dichiarata infondata. La difesa erariale richiama innanzitutto la dicotomia evidenziata dalla giurisprudenza costituzionale tra effetti amministrativi ed effetti penali del condono ed i relativi presupposti. Osserva quindi come la previsione del decorso del termine di 36 mesi dall’avvenuto pagamento dell’oblazione non sarebbe irragionevole dal momento che il pagamento dell’oblazione costituirebbe solo una fase del procedimento estintivo, il quale si concluderebbe con una formale dichiarazione «dell’autorità preposta, previo esperimento d’apposito procedimento amministrativo». Il coinvolgimento di interessi di natura penale renderebbe irrilevante l’eventuale inerzia delle autorità amministrative «preposte al procedimento di oblazione», ovvero l’attesa della decisione in relazione al perdurare del sequestro. Considerato in diritto 1. – Il Tribunale di Frosinone, sezione distaccata di Alatri, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 32, comma 36, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, in riferimento agli artt. 3, 97 e 111 della Costituzione, nella parte in cui prevede che gli effetti di cui all’art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 – cioè l’estinzione dei reati ivi previsti – si producono con il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il pagamento dell’oblazione. 2. – L’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003, nel prevedere e disciplinare la sanatoria straordinaria degli illeciti edilizi (cosiddetto condono edilizio), al comma 36, stabilisce che «la presentazione nei termini della domanda di definizione dell’illecito edilizio, l’oblazione interamente corrisposta nonché il decorso di trentasei mesi dalla data da cui risulta il suddetto pagamento, producono gli effetti di cui all’articolo 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47», determinano, cioè, l’estinzione dei cosiddetti reati edilizi. La norma prosegue stabilendo che «trascorso il suddetto periodo di trentasei mesi si prescrive il diritto al conguaglio o al rimborso spettante». Ad avviso del rimettente, la disposizione in esame, nell’imporre ai fini della declaratoria di estinzione del reato il necessario decorso di un arco temporale, violerebbe l’art. 3 Cost. dal momento che esso, finalizzato a tutelare l’interesse dell’amministrazione al corretto pagamento dell’oblazione (e alla riscossione delle differenze omesse dal privato), sarebbe stato irragionevolmente elevato ad elemento costitutivo della fattispecie estintiva del reato. Sarebbe, inoltre, violato l’art. 111 della Costituzione, in quanto, allorché l’amministrazione, con accertamento operato prima che siano trascorsi trentasei mesi dal pagamento, abbia ritenuto congrua l’oblazione versata, il necessario decorso dell’ulteriore lasso temporale sarebbe «ultroneo ai fini di accertamento penale», pregiudicando l’interesse del cittadino ad una rapida definizione del procedimento penale. La disposizione censurata, infine, determinerebbe un aggravamento del lavoro giudiziario, imponendo lunghi periodi di sospensione dei procedimenti e il rinvio della decisione in attesa del decorso del termine triennale, con conseguente sovraccarico del ruolo degli uffici giudiziari, in contrasto con l’art. 97 Cost. 3. – La questione è fondata nei termini di seguito specificati. La disciplina del condono edilizio dettata dall’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 opera su due piani distinti: sul piano penale, al ricorrere dei presupposti di legge, determina l’estinzione dei reati edilizi; su quello amministrativo comporta il conseguimento della concessione in sanatoria (e l’estinzione dell’illecito amministrativo). Ai fini della estinzione dei reati, l’art. 32, comma 36, richiede il concorso di tre elementi: la presentazione della domanda di definizione dell’illecito nei termini (compresi tra l’11 novembre 2004 e il 10 dicembre 2004, ai sensi del comma 32); il pagamento integrale dell’oblazione (come determinata nell’Allegato 1, e nei termini ivi indicati: comma 38); infine, il decorso di 36 mesi da tale pagamento. Entro il medesimo termine, inoltre, si prescrive il diritto al conguaglio delle somme da parte dell’amministrazione ovvero il diritto al rimborso spettante al privato. Il rimettente assume che attraverso l’introduzione di questo requisito temporale il legislatore del 2003 avrebbe irragionevolmente trasformato una previsione che nel sistema del condono previsto dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), era posta a tutela di un interesse dell’amministrazione (quello cioè di effettuare il conguaglio delle somme dovute) in “elemento costitutivo della fattispecie estintiva” del reato. In realtà, occorre considerare che, ai fini dell’estinzione del reato, ai sensi dell’art. 32, comma 36, del decreto-legge n. 269 del 2003, requisito essenziale è l’integralità dell’oblazione corrisposta dall’imputato. È dunque necessario che il giudice accerti che il versamento effettuato corrisponda a quello realmente dovuto, in relazione alla tipologia dell’abuso commesso. A tal fine, secondo la giurisprudenza di legittimità, il giudice si avvale degli accertamenti compiuti dall’autorità comunale, la quale è il soggetto formalmente preposto alla determinazione definitiva dell’importo dell’oblazione, ai sensi dell’art. 35, comma 14, della legge n. 47 del 1985. La previsione di un termine a decorrere dal pagamento dell’oblazione, quale presupposto dell’estinzione del reato, assume significato proprio ove la si colleghi alle attività che l’amministrazione comunale deve svolgere per verificare la congruità della somma pagata. Infatti, essa è innanzitutto volta a consentire che, affinché si possa determinare l’estinzione del reato, l’amministrazione accerti che l’oblazione versata sia quella dovuta in base alla legge, onde evitare elusioni della disposizione. Al tempo stesso, tale previsione pone un limite temporale per effettuare i controlli e gli accertamenti (anche di fatto) necessari, in modo da evitare che il ritardo o l’inerzia dell’amministrazione possano procrastinare indefinitamente l’estinzione del reato. A tal fine l’art. 32, comma 36, stabilisce che il decorso del termine ivi previsto, unitamente al verificarsi degli altri presupposti, determini comunque l’effetto estintivo. Non può ritenersi, come fa il rimettente, che l’esigenza di tutela del privato rispetto all’inerzia dell’amministrazione sia assicurata dalla previsione secondo la quale il decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda di condono senza che intervenga un provvedimento negativo, equivarrebbe all’accoglimento tacito della stessa e al conseguimento, ad un tempo, della concessione in sanatoria e dell’effetto estintivo del reato. Tale interpretazione è stata elaborata dalla giurisprudenza in relazione al condono di cui alla legge n. 47 del 1985 la quale, ai fini dell’estinzione del reato, richiedeva la tempestiva presentazione della domanda di sanatoria e l’integrale pagamento dell’oblazione come determinata dall’amministrazione comunale. Non era, tuttavia, posto alcun temine entro il quale l’amministrazione dovesse effettuare gli accertamenti necessari a valutare la congruità dell’oblazione versata. Diversa è invece la disciplina dettata dall’art. 32 del decreto-legge n. 269 del 2003. Anch’esso, al comma 37, prevede il formarsi del silenzio assenso sull’istanza di concessione in sanatoria ove l’autorità comunale non si pronunci entro 24 mesi (salvo che, secondo quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 196 del 2004, la legge regionale non disciplini «diversamente gli effetti del prolungato silenzio del comune»). In relazione alla fattispecie estintiva del reato è introdotto, appunto, quale ulteriore requisito rispetto alla domanda tempestiva e al pagamento integrale dell’oblazione, anche il decorso di trentasei mesi da tale pagamento. Attraverso la previsione di tale termine, il legislatore sembra aver voluto tenere (ulteriormente) distinti ed autonomi gli effetti penali della sanatoria straordinaria rispetto a quelli amministrativi. Infatti, mentre ai sensi dell’art. 32, comma 37, il titolo abilitativo in sanatoria può essere conseguito anche tacitamente per effetto del silenzio serbato dall’autorità comunale sull’istanza di condono per 24 mesi, ai fini della estinzione del reato è necessario e sufficiente (oltre alla presentazione della domanda nei termini e al pagamento integrale dell’oblazione) il decorso di 36 mesi dal pagamento. Pertanto, nessuna rilevanza assume il silenzio-assenso eventualmente verificatosi in relazione all’istanza concernente il rilascio della concessione in sanatoria. La previsione di un termine ai fini del perfezionamento della fattispecie estintiva del reato, dunque, risulta non irragionevole proprio sia in quanto connessa con l’esigenza di garantire che essa si produca solo con l’effettivo pagamento dell’oblazione realmente dovuta, sia in quanto volta a fissare un termine congruo all’amministrazione per operare i necessari accertamenti, senza tuttavia sacrificare completamente l’interesse del privato ad addivenire alla definizione del procedimento penale. Tuttavia, per come è formulato, l’art. 32, comma 36, rende necessario comunque attendere il decorso di 36 mesi dal pagamento dell’oblazione, senza consentire al giudice di tener conto degli accertamenti effettuati dall’amministrazione anteriormente alla scadenza del suddetto termine. In altre parole, la disposizione censurata esclude che possa essere dichiarato estinto il reato prima dei trentasei mesi, pur quando il comune abbia accertato che l’oblazione versata corrisponde a quella effettivamente dovuta, ove tale accertamento sia avvenuto prima del decorso del suddetto termine. Tale previsione risulta manifestamente irragionevole dal momento che, allorché l’autorità comunale abbia verificato la congruità dell’oblazione versata, il decorso di un tempo ulteriore non assolve più ad alcuna funzione ed è pertanto privo di ogni ragionevole giustificazione. Conseguentemente, l’art. 32, comma 36, deve ritenersi illegittimo nella parte in cui non prevede che il reato si estingua anche allorché, anteriormente al decorso di 36 mesi dal pagamento dell’oblazione, sia intervenuta l’attestazione di congruità da parte dell’autorità comunale dell’oblazione corrisposta. Restano assorbite le ulteriori censure. PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 36, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e la correzione dell’andamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n. 326, nella parte in cui non prevede che gli effetti di cui all’art. 38, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie), si producono anche allorché, anteriormente al decorso dei 36 mesi dal pagamento dell’oblazione, sia intervenuta l’attestazione di congruità da parte dell’autorità comunale dell’oblazione corrisposta. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 marzo 2008. F.to: Franco BILE, Presidente Ugo DE SIERVO, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 28 marzo 2008. |